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Layiwola Mohammed, ministro della Cultura della Nigeria, e Annalena Baerbock, ministro degli Esteri tedesco, firmano un accordo di intenti per la restituzione dei Bronzi del Benin © Adam Berry/AFP via Getty Ima

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Layiwola Mohammed, ministro della Cultura della Nigeria, e Annalena Baerbock, ministro degli Esteri tedesco, firmano un accordo di intenti per la restituzione dei Bronzi del Benin © Adam Berry/AFP via Getty Ima

La restituzione dei Bronzi del Benin vista dalla Nigeria

Gli antefatti e le politiche culturali africane che accompagnano le restituzioni postcoloniali ricostruiscono una narrazione molto più complessa dell’espiazione occidentale raccontata dai media europei e americani

Phillip Ihenacho

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Le operazioni di restituzione dei beni artistici espropriati all’Africa durante il colonialismo sono state finora raccontate esclusivamente dal punto di vista del «benevolo» Occidente, dalle virtuose organizzazioni europee e nordamericane protagoniste e promotrici di restituzioni «gratuite» degli oggetti saccheggiati.

Una decolonizzazione coperta dai media occidentali con numerose e seguitissime passerelle fotografiche e lunghe interviste ai curatori (occidentali) corredate in appendice da poche parole di gratitudine di rappresentanti nigeriani. Poche le volte in cui i media hanno puntato invece l’obiettivo sulla controparte nigeriana, rilevando perlatro sempre principalmente caos e inadeguatezze: non fa loro specie che l’Occidente abbia impiegato più di cento anni per avviare politiche di restituzione, ma trovano imperdonabile che la Nigeria non risolva istantaneamente complesse questioni interne e storiche.

Bisogna anzitutto considerare che gli oggetti in questione sono stati prelevati da un regno che oggi fa parte di uno Stato allora inesistente. Sono state prontamente istituite agenzie governative e adottate norme relative ai manufatti culturali di importanza nazionale, ma ci sono equilibri e sovrapposizioni di responsabilità tra organismi federali, statali e comunitari molto più sfumati di quanto la stampa occidentale riferisca.

Per lo sviluppo dell’Edo Museum of West African Art (EMOWAA) a Edo, in Nigeria, è fondamentale comunicare la restituzione dei bronzi di Benin dal punto di vista africano: i nigeriani sono certamente grati all’Occidente per le restituzioni, in particolare per il notevole coraggio dimostrato dal Governo tedesco, ma la nostra perdita va ben al di là della dimensione materiale dei manufatti artistici. Nel 1897, quando gli inglesi rasero al suolo Benin City, portarono via migliaia di bronzi dal significato religioso, storico e culturale, accelerando così la perdita di una lunga tradizione di sostegno all’arte e alla cultura.

Nell’antichità il Palazzo Reale del Benin era un grande centro di mecenatismo: le risorse del sovrano sostenevano più di 40 corporazioni artigianali e professionali. I bronzi del Benin erano una diretta conseguenza di questo sostegno ad artigiani e artisti. L’indebolimento dei regni tradizionali e anni di politiche governative non attente a questi aspetti hanno determinato un tragico sottoinvestimento nelle arti e nella cultura, privando giovani artisti, artigiani, curatori, archeologi e storici dell’arte di forme di sostegno e opportunità di carriera. Oggi la Nigeria soffre dunque di un profondo deficit (in parte autoinflitto) di istituzioni e programmi a sostegno dell’arti, dell’artigianato e della creatività.

Con l’istituzione del nostro museo abbiamo iniziato ad affrontare questa perdita di infrastrutture culturali in Africa occidentale; lavoriamo in collaborazione con i legittimi proprietari di opere d’arte e manufatti e non andiamo a caccia di oggetti da appuntare al nostro museo. Possiamo studiare, conservare ed esporre manufatti dell’Africa occidentale, compresi i bronzi del Benin, ma solo con il permesso dei proprietari e delle autorità. La Nigeria, e l’Africa occidentale in generale, sono benedette dall’abbondanza di storia culturale e manufatti e anche dalla presenza di una vivace comunità artistica contemporanea che necessita di infrastrutture per la ricerca, l’esposizione, l’apprendimento e lo scambio: lo sviluppo di queste infrastrutture è la nostra priorità.

Nella Nigeria di oggi, circa il 70% della popolazione (composta da più di 215 milioni di persone) ha meno di 30 anni, vogliamo dunque creare infrastrutture e programmi che promuovano e ispirino i giovani creativi e i professionisti della cultura, e offrire loro opportunità di carriera. Gli oggetti restituiti affidatici saranno accolti come parte di un centro molto più ampio, esposti in dialogo con opere d’arte contemporanea e moderna. Il nostro complesso museale è e vuole essere modellato sulle esigenze e le opportunità dell’Africa occidentale di oggi, e non sulle nozioni romantiche dell’Occidente.

Per l’Africa è un momento cruciale: nonostante la necessità di infrastrutture e sostegni, la nostra musica, letteratura, arte, architettura e cinema iniziano a entrare in contatto con il pubblico globale, mentre al contempo molte istituzioni occidentali cercano una forma di espiazione per il proprio passato coloniale.

Dobbiamo fare in modo che il termine «restituzione» sia plasmato da noi, che non riguardi solo i manufatti e il vittimismo, ma la creazione di opportunità, reti e competenze per il presente e per il futuro, rendendo i giovani creativi africani competitivi su scala globale. Dobbiamo mobilitare risorse nazionali e internazionali per ricollegare le grandi tradizioni artistiche del passato ai talenti emergenti e creare punti di scambio paritari con il resto del mondo a beneficio di entrambe le parti.

Phillip Ihenacho è il direttore dell’Edo Museum of West African Art (EMOWAA)
 

Un’immagine della fiera d'arte contemporanea Art X Lagos, lanciata nel 2016 per fornire una piattaforma agli artisti dell’Africa © Emmanuel Arewa/AFP via Getty Images

Henriette Reker (a destra), sindaco di Colonia, consegna simbolicamente una chiave di bronzo del Regno del Benin ad Abba Isa Tijani, direttore generale della Commissione nazionale per i musei e i monumenti © Oliver Berg/picture alliance via Getty Images

Phillip Ihenacho, 05 giugno 2023 | © Riproduzione riservata

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