Verifica le date inserite: la data di inizio deve precedere quella di fine
Federico Castelli Gattinara
Leggi i suoi articoliRoma. Inaugura questo pomeriggio e rimarrà allestita fino al 7 maggio a Palazzo Corsini la mostra «Daniele da Volterra. I dipinti d’Elci», a cura di Barbara Agosti e Vittoria Romani, che presenta due capolavori romani dell’artista toscano, amico, ammiratore e seguace di Michelangelo. Di cui si ricorda anzitutto, a torto, il nomignolo di Braghettone, per via delle ridipitture, a dire il vero il minimo indispensabile, con cui dovette rivestire le troppe nudità del Giudizio Universale subito la morte del maestro (1565), per volere di papa Pio IV Medici e a seguito delle deliberazioni del Concilio di Trento. In realtà Daniele Ricciarelli, pittore e scultore, ha lasciato a Roma una serie importante di opere, ancora visibili tra l’altro nelle chiese di Trinità dei Monti, San Pietro in Montorio, nella Sala Regia in Vaticano (di cui realizzò gli stupendi stucchi) e altrove.
La tela con Elia nel deserto e la tavola con la Madonna con il Bambino, san Giovannino e santa Barbara sono due magnifici esempi della sua produzione romana, diversi tra loro ma complementari. Da secoli nella collezione Pannocchieschi d’Elci, quindi difficilmente visibili, «illustrano a un eccezionale livello qualitativo, per usare le parole di Flaminia Gennari Sartori, direttrice delle Gallerie Nazionali d’Arte Antica, uno snodo cruciale della cultura figurativa moderna: l’impatto del Giudizio e degli ultimi affreschi del Buonarroti per la Cappella Paolina, con la loro drammatica monumentalità e i loro travolgenti rovelli formali, su un artista come Daniele da Volterra, maturato accanto a Perin del Vaga e dunque profondamente influenzato da Raffaello». La tela con Elia nel deserto risale agli esordi del pittore a Roma, a fianco di Perino. L’iconografia scelta è insolita, non raffigura l’angelo che quasi sempre accompagna e consola il profeta mentre dà particolare risalto al tema eucaristico del pane e dell’acqua, raffigurati in tutta evidenza in primo piano. Nella tavola della Madonna d’Elci il dialogo con Michelangelo e il suo Giudizio è evidente nella potenza degli scorci, negli incastri di figure, con la santa Barbara che irrompe di taglio a sinistra della Vergine, nella stereometria dei corpi. Accuratissima nella preparazione grafica, è databile poco dopo la stupenda (quanto rovinata) Deposizione dalla Croce affrescata nella Cappella Orsini di Trinità dei Monti, quindi attorno al 1548. I dipinti, entrambe molto ben conservati, sono esposti accanto alle loro riflettografie retroilluminate.
Splendido e con ottime riproduzioni il catalogo, edito da Hirmer Verlag di Monaco di Baviera.

Daniele da Volterra, Elia nel deserto, olio su tela, cm 81x115. Foto: Andrea Lensini, Siena

Daniele da Volterra, Madonna con il Bambino, santa Barbara e san Giovannino, olio su tavola, cm 131,6x100. Foto: Andrea Lensini, Siena

Daniele da Volterra, Elia nel deserto, riflettografia

Daniele da Volterra, Madonna con il Bambino, santa Barbara e san Giovannino, riflettografia
Altri articoli dell'autore
Tra Foro Romano e Palatino sono stati ritrovati i resti di una lussuosa dimora con una sala per banchetti a forma di grotta e uno straordinario mosaico impreziosito con conchiglie, vetri e tessere blu egizio
Si inizia con l’enigmatico scultore ateniese. Altre due monografiche saranno dedicate a Prassitele e a Skopas
Stéphane Verger nel chiostro di Michelangelo ha fatto eseguire interventi su sette teste di animali antiche (quattro di età adrianea e tre rinascimentali) e ne ha commissionata un’ottava a Elisabetta Benassi
Lo scavo condotto dalla Soprintendenza speciale di Roma ha riportato alla luce strutture in laterizio e un sontuoso apparato decorativo riconducibili a una committenza di altissimo rango, quasi sicuramente imperiale