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Antonio Scordia, «Delfino», 1973

Photo: Paolo Scordia. Courtesy Archivio Antonio Scordia

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Antonio Scordia, «Delfino», 1973

Photo: Paolo Scordia. Courtesy Archivio Antonio Scordia

Ai Musei di Villa Torlonia la riscoperta di Antonio Scordia

Nel Casino dei Principi riuniti 110 dipinti e disegni di uno dei grandi protagonisti dell’arte astratta italiana della seconda metà del ’900

Guglielmo Gigliotti

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La mostra «Antonio Scordia. La realtà che diventa visione», aperta fino al 29 marzo 2026 al Casino dei Principi dei Musei di Villa Torlonia a Roma, squarcia il velo di oblio che si è esteso su uno dei grandi protagonisti dell’arte astratta italiana della seconda metà del ’900, morto settantenne a Roma nel 1988. Curata da Giovanna Caterina De Feo, promossa da Roma Capitale e prodotta dalla Galleria Mucciaccia, la mostra presenta, con 110 opere tra dipinti e disegni, l’intero percorso artistico dell’artista amico di Rothko, Rauschenberg e Mirò, sulla cui opera scrissero, tra i tanti, Palma Bucarelli, Lionello Venturi, Giulio Carlo Argan, Maurizio Calvesi, Nello Ponente, e non ultimo Giuseppe Appella, autore di un testo nel catalogo della mostra, in cui afferma, riguardo alla rimozione di questo  artista: «La storia della pittura italiana, si sa, è piena di macerie: ma come dice Kiefer, l’arte sopravvive alle sue rovine. E così fa quella di Scordia». 

Dopo l’adesione al corposo tonalismo della Scuola Romana (fu vicino a Mafai, e sposò un’amica delle figlie) e al neocubismo postbellico, Scordia presenta, nel corso degli anni Cinquanta, in mostre presso le gallerie L’Attico di Bruno Sargentini e La Tartaruga di Plinio De Martiis, quegli esiti astratto-concreti che lo fecero inserire da Lionello Venturi, nel 1958, nel libro Pittori italiani d’oggi. Gli altri erano tutti amici e compagni di strada, tra cui Afro, Vedova, Turcato, Scialoja, Birolli, Pirandello e Santomaso. Nella sala personale alla Biennale di Venezia del 1964 espone i primi risultati di una pittura a grandi e solenni campiture cromatiche, su cui sintonizzerà tutta la sua successiva produzione. A Venezia, le altre sale personali sono di Accardi, Novelli, Rotella, Crippa, Cagli, Colla e Pomodoro. Ma tra essi, Antonio Scordia è l’unico che mercato e storiografia hanno lasciato fuori. La mostra a Villa Torlonia è stata dichiaratamente concepita da curatrice, promotori e organizzatori come atto di giustizia. «L’occasione di questa mostra, scrive in catalogo Federica Pirani, direttrice del patrimonio artistico delle Ville storiche della sovrintendenza capitolina, consente di riscoprire un artista a lungo dimenticato dalla critica». Dimenticato senza motivo. Nella pittura di Scordia vibra la grande tradizione moderna dell’arte europea e americana, da Matisse a Gorky. Una pittura di ampio respiro, in cui vasti piani di fulgido colore sembrano galleggiare in una dimensione fuori dal tempo, e quindi sempre attuale.

Antonio Scordia nello studio di via degli Orti della Farnesina, 1963

Guglielmo Gigliotti, 28 novembre 2025 | © Riproduzione riservata

Ai Musei di Villa Torlonia la riscoperta di Antonio Scordia | Guglielmo Gigliotti

Ai Musei di Villa Torlonia la riscoperta di Antonio Scordia | Guglielmo Gigliotti