Curata da Patricia Marroquin Norby (Purépecha) e Sylvia Yount e realizzata in collaborazione con la Mary Sully Foundation e il Minneapolis Institute of Art, dal 18 luglio al 12 gennaio 2025 la mostra «Mary Sully: Native Modern» presenta al Metropolitan Museum of Art non solo le nuove acquisizioni legate a questa artista ancora poco nota al grande pubblico, ma anche numerosi prestiti provenienti dalla fondazione che ne porta il nome.
Venticinque opere raramente esposte, tra cui le «personality prints», oltre a materiali di archivio legati alla vita privata e familiare dell’artista o alla cultura dei nativi Dakota, offrono un’innovativa e complessa lente di indagine con cui riconsiderare l’arte e la vita statunitensi dei primi decenni del XX secolo. «Siamo entusiasti di presentare “Mary Sully: Native Modern” come tratto peculiare delle celebrazioni per il centenario dell’American Wing del Metropolitan (l’ala del museo inaugurata nel 1924 per esporre le arti indigene dal XVII all’inizio del XIX secolo, Ndr), afferma Yount. Nato da intrecci assolutamente speciali tra cultura nativa ed euroamericana, il lavoro di Sully è di estrema rilevanza per l’American Wing, in cui trovano sempre più ampio spazio elementi diversi, con una concentrazione sempre maggiore di opere di donne e artisti di colore».
Pur essendo nata nella riserva di Standing Rock nel sud Dakota con un carattere introverso e solitario, Mary Sully (il cui vero nome era Susan Mabel Deloria, 1896-1963) apparteneva a un’importante famiglia che vantava il celebre ritrattista ottocentesco Thomas Sully, l’ufficiale Alfred Sully (che sterminò centinaia di Nativi Dakota) ed Ella Cara Deloria, nota antropologa sorella dell’artista. Quest’ultima scelse come pseudonimo il nome della madre, figlia di Alfred Sully e di una nativa Dakota. In gran parte autodidatta, Sully realizzò complessi disegni su carta a matita, grafite e inchiostro dai vivaci colori, che disposti in trittici verticali nel caso delle personality prints (originariamente circa 130, eseguite tra gli anni Venti e Quaranta) rievocano in modo astratto o metaforico il carattere dei personaggi cui sono dedicati, tra cui la celebre poetessa e scrittrice Gertrude Stein.