Portare a casa, portare sulle proprie spalle una storia, avere un interesse, conquistare una terra, sopportare una ferita, il caldo equatoriale, supportare la resistenza, una biblioteca di documenti secretati, una rottura, Te Pō (gli inizi), il cambiamento, tenere la nota di una canzone, continuare a parlare la lingua dell’anima, portare alla luce nuove forme, abbracciare la corrente di un fiume, supportare la sorellanza e la connessione, accogliere i raggi del mattino senza paura: l’elenco delle sfumature dell’atto del «portare» costituisce lo statement curatoriale che introduce la 16ma edizione della Biennale di Sharjah, dal titolo, appunto, «to carry», che si svolgerà dal 6 febbraio al 15 giugno a Sharjah City, con diversi progetti diffusi anche in altre località dell’Emirato di Sharjah, come Al Hamriyah, Al Dhaid, Kalba, Al Madam.
Sono premesse poetiche ma che poggiano su fondamenta estremamente pratiche, se si pensa alla stessa storia e posizione della Biennale, nata nel 1993, in un Emirato su cui si affacciano culture differenti, cerniera fra mari storicamente solcati da popoli in movimento, sia per commercio, sia per migrazione. La stessa molteplicità si ritrova anche nel team curatoriale, composto da un gruppo intergenerazionale di cinque donne: Alia Swastika, curatrice di base a Jakarta, fondatrice e direttrice della Biennale di Jogja; Amal Khalaf, artista e curatrice, attualmente Director of Programmes al Cubitt e Projects Curator alle Serpentine Galleries di Londra; Megan Tamati-Quennell, curatrice specializzata in arte contemporanea Māori; Natasha Ginwala, attualmente Associate Curator al Gropius Bau di Berlino e direttrice artistica del Colomboscope (Sri Lanka); Zeynep Öz, curatrice e scrittrice, fra gli altri progetti ha curato il Padiglione turco della 58ma Biennale di Venezia.
Attraverso residenze, workshop, scritture collettive, esperienze sonore e pubblicazioni, l’intento è creare una riflessione critica sul presente che trascenda e mescoli geografie, storie, linguaggi.
A fare questo 140 artisti, in una mostra che presenta ben 80 nuove opere commissionate appositamente per la Biennale, come nel caso delle tre presenze italiane, Rossella Biscotti (1978), Adelita Husni-Bey (1985) e Raffaela Naldi Rossano (1990), cui si affiancano i lavori di molti artisti locali e di nomi internazionali, tra i quali Arthur Jafa, Cécile B. Evans, Driant Zeneli, Lorna Simpson, Mónica de Miranda, Richard Bell e Wael Shawky.