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Allora, chi ha inventato la natura morta?

Allora, chi ha inventato la natura morta?

Francesca Romana Morelli

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Dal 16 novembre al 19 febbraio alla Galleria Borghese si apre una mostra curata dalla direttrice Anna Coliva e da Davide Dotti, specialista di pittura barocca, e incentrata sull’invenzione della natura morta a Roma tra il declinare del Cinquecento e il 1630. In altre parole, quando il poco più che ventenne Caravaggio entrato nella bottega del Cavalier d’Arpino (forse già nel 1593), oltre a dover dipingere «fiori e frutti», riporta Bellori, esegue «Bacchino malato» e «Ragazzo con canestra di frutta», avviando quel genere di pittura naturalistica che, nel primo trentennio del Seicento, sarà praticato a Roma con esiti ben diversi rispetto al resto dell’Europa.

Si tratta di un’annosa disputa critica legata a problemi attributivi, che coinvolge studiosi del calibro di Roberto Longhi, Giulio Carlo Argan e Federico Zeri. Nelle collezioni della Galleria Borghese si trovano opere capitali per tale questione, possedendo il museo quadri entrati nel 1607 nelle raccolte del cardinal Scipione Borghese in seguito alla confisca della preziosa quadreria del Cavalier D’Arpino, tra cui i due celebri dipinti del giovane Merisi sopra menzionati e due nature morte inizialmente attribuite da Federico Zeri (1976) allo stesso pittore, poi assegnate dalla critica al Maestro di Hartford. L’accesa controversia servì tuttavia a individuare questo pittore, il più importante di nature morte a Roma a cavallo dei due secoli che, unicamente sulla base di analogie stilistiche e compositive con alcuni quadri di Caravaggio, si ritiene vedesse i suoi dipinti nella bottega dell’arpinate.

Il Maestro di Hartford ebbe un ruolo determinante nella diffusione del nuovo genere iconografico. «Soprattutto i fiamminghi praticavano la natura morta come genere per dimostrare una strabiliante perizia tecnica nell’esercizio di mimesi delle cose naturali, spiega Anna Coliva. Nel complesso clima intellettuale romano, Caravaggio raccoglie nella sua pittura quella pulsione verso l’osservazione della realtà, e nel fissarla con spietata lucidità fa in modo che diventi essa stessa “la verità”. Con l’invenzione della natura morta, il pittore è l’inventore del realismo, trascinandovi dentro tutte le valenze simboliche del divenire della materia, fino al compiersi della morte». La mostra raggruppa 40 dipinti con prestiti da musei e collezionisti privati dall’Europa e dagli Stati Uniti.

Innanzitutto sono messe a confronto le opere di Caravaggio e del Maestro di Hartford, in alcuni casi per la prima volta. È esposta la «Canestra di frutta» della Pinacoteca Ambrosiana di Milano che, dipinta a Roma tra il 1597-98, sancisce la nascita del nuovo genere. «Per la prima volta le umili “cose di natura” sono le protagoniste della rappresentazione pittorica, prosegue la Coliva. Per il Merisi non c’è differenza con la pittura alta di storia. Sosteneva che gli occorreva tanto lavoro sia per realizzare un quadro di fiori come di figure». Del Maestro di Hartford sono presenti, oltre alle sue nature morte della Borghese, l’importante tela del Wadsworth Atheneum  Museum of Art (Usa), che ha la canestra in bilico sul bordo del tavolo come nella «Cena in Emmaus» di Caravaggio alla National Gallery di Londra, e la straordinaria «Allegoria della Primavera» ultimata da Carlo Saraceni.

La mostra documenta inoltre come nel secondo decennio del Seicento la natura morta d’ispirazione caraveggesca fosse ricercata dal collezionismo, per cui si formò un mercato dedicato che si riforniva da artisti di talento. Per ragioni diverse questi sono tuttora privi d’identità, come il Maestro del vasetto e il Maestro delle mele rosa dei Monti Sibillini, il Pensionante del Saraceni e il Maestro della Fiasca di Forlì, del quale sarà presentata in anteprima la seconda versione della «Fiasca con fiori» nella Pinacoteca Civica di Forlì, che colpisce per l’imponenza e la chiarezza del soggetto.
 

Francesca Romana Morelli, 15 novembre 2016 | © Riproduzione riservata

Allora, chi ha inventato la natura morta? | Francesca Romana Morelli

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