«In the beginning, The creations of the stars» (2024) di Maria Magdalena Campos Pons

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«In the beginning, The creations of the stars» (2024) di Maria Magdalena Campos Pons

Campos Pons: «Sono nera, cubana, donna, cinese»

Nella Galleria San Fedele i lavori su carta dell’artista che realizzerà anche un grande affresco con il racconto della storia della creazione

Emozionanti per l’energia spirituale che emanano, per la luce che li imbeve, per i colori vividi che costruiscono le loro forme primarie, i lavori su carta di Maria Magdalena Campos Pons (Cuba, 1958; vive e lavora a Nashville, Tennessee) presentati fino al 23 novembre dalla Galeria San Fedele di Milano compongono una mostra di assoluta qualità. Ma il loro messaggio è ulteriormente potenziato quando si scopre che quelle carte sono, anche, le prime idee per il grande affresco che l’artista cubana realizzerà per il «Museo San Fedele. Itinerari di arte e fede», avviluppandone un’intera sala, pareti e soffitto, con il racconto della storia della creazione vista attraverso i suoi occhi. E anche meglio si può intuire la loro forza emozionale nel video, ipnotico, da lei realizzato con Kamaal Lalak (cui si deve anche la musica), che risucchia l’osservatore nei suoi colori.

Evangelico («In the Beginning») il titolo collettivo di questi lavori a tecnica mista su carta, che tutto sono, però, fuorché opere «confessionali». Parlano infatti, come dice l’autrice stessa, «di fusione di idee, di fusione di etnie, di fusione di tradizioni...», frutto come sono delle molte anime e delle molte culture che s’intrecciano dentro di lei. Che si definisce così: «Sono nera, cubana, donna, cinese. Sono questo arazzo di tutto questo, e le risposte a questo possono essere molto complicate e possono includere anche angoscia e dolore». Nella mostra, intitolata anch’essa «In the Beginning», curata da Francesca Pasini e Andrea Dall’Asta, direttore della storica Galleria San Fedele, e sostenuta dalla Galleria Giampaolo Abbondio (Milano e Todi) confluiscono tutte le componenti di quella spiritualità che sin dagli anni Novanta ha condotto l’artista a esplorare le sue radici ancestrali cinesi e yoruba, e la tradizione della Santería, il credo sincretista praticato un tempo dagli schiavi africani a Cuba e tuttora dai membri della sua famiglia.

Religione «al femminile», quella della Santería, più che congeniale, dunque, all’attitudine e al pensiero di Maria Magdalena Campos Pons, che sin dalla fine degli anni Ottanta ha coltivato il pensiero femminista in una Cuba in cui quel movimento non esisteva («il mio lavoro a Cuba riguardava le questioni della sessualità, del posto delle donne nella società e della rappresentazione delle donne nella storia dell’arte») e i cui princìpi erano diffusi solo attraverso l’arte del movimento «Nuova Arte Cubana», dissidente rispetto alla politica repressiva del governo. Con quei lavori Pons avrebbe conquistato la scena internazionale e avrebbe esposto, nel tempo, in tutti i massimi musei americani, dal MoMA al Whitney Museum, al Guggenheim di New York, al Museum of Fine Arts di Boston (e presto sarà al J. Paul Getty Museum). Dopo il tempo dell’impegno, per non dimenticare la schiavitù cui i suoi antenati furono sottoposti, all’inizio degli anni Duemila Pons è tornata a introdurre nel suo lavoro l’astrazione degli inizi, ibridandola poi, come nelle opere esposte a Milano, con una figurazione essenziale e primaria, su cui ognuno può proiettare i propri vissuti, diventandone parte.

«In the beginning, And earth was created» (2024) di Maria Magdalena Campos Pons

Ada Masoero, 18 ottobre 2024 | © Riproduzione riservata

Campos Pons: «Sono nera, cubana, donna, cinese» | Ada Masoero

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