Frutto di una simile accoppiata (il gallerista Carlo Orsi e lo storico dell’arte Mauro Natale), non stupisce che la mostra «Solo una questione di luce. L’Italia e il fascino delle Fiandre tra Quattro e Cinquecento» (dal 27 novembre al 31 gennaio 2025 alla Galleria Carlo Orsi), riunisca opere rare e, come di consueto, di altissima qualità. Accompagnate, poi, da un catalogo per il quale, dopo l’introduzione solo in apparenza divagante di Gian Enzo Sperone, sono stati chiamati a scrivere le schede (lunghi saggi, in realtà, sulle opere e sui loro autori) i più aggiornati studiosi di ognuno dei cinque artisti presenti: come ci confida Carlo Orsi, «credo sia un dovere per un gallerista restituire ciò che si è ricevuto, producendo cultura».
Fra gli studiosi, il curatore della mostra, Mauro Natale, si è riservato la squisita «Presentazione di Gesù al Tempio» di Donato de’ Bardi (documentato a Pavia, Genova e Savona dal 1402 al 1450-51), dove il Tempio è una chiesa genovese, con i tipici conci di pietra bianchi e neri. Fu intorno a questa tavola che, 50 anni fa, Federico Zeri restituì da par suo la personalità artistica del pittore pavese («Comes Papiensis» si definiva, ed era un nobile decaduto) che a Genova, come aveva già rilevato Roberto Longhi nel 1942, conobbe il lavoro dei maestri fiamminghi e seppe far proprie le loro finezze esecutive.
A Frédéric Elsig si deve invece lo studio di due tavole con «San Paolo» e «San Pietro», scoperte di recente e parte in origine di uno stesso polittico, opera di Zanetto Bugatto (documentato dal 1457-76), che fu forse allevo di Donato de’ Bardi e come lui innamorato dei «nordici», poi pittore di corte degli Sforza, ed è oggi identificato da molti studiosi con il «Maestro della Madonna Cagnola». Non su tutte e due, però, c’è concordanza di opinioni, perché se il bellissimo «San Paolo» sarebbe opera di Zanetto, per il «San Pietro» sono stati avanzati i nomi di Bonifacio Bembo e di Stefano de’ Fedeli.
A Lorenzo F. Colombo si deve lo studio della magnifica tavola dell’«Ascensione di Cristo» di Ambrogio da Fossano, detto il Bergognone (1453 ca-1523), una «Résurrection ascentionelle» che, secondo un uso diffuso nel Nord Italia, ibrida i due eventi della Resurrezione e dell’Ascensione. La tavola, non più vista dal 1998, è intrisa di luce e di recente è stata ricondotta all’ordine superiore di un grande polittico su due registri eseguito nel secondo decennio del Cinquecento da Bergognone per la chiesa dei Santi Stefano e Domenico a Bergamo, in quella che fu probabilmente una delle sue ultime grandi commissioni pubbliche.
Di un artista dell’Italia centrale, Antonio da Viterbo (operoso nel Lazio nel terzo quarto del XV sec.) sono invece «I quattro dottori della Chiesa», qui riuniti (come è raro che accada) in un’unica tavola appartenuta a un polittico perduto. A studiarli è Marco Minardi, che ipotizza per questa tavola sontuosa e lucente una committenza romana.
Da ultimo, una novità per la galleria Carlo Orsi: tre preziose «iniziali» di pagine miniate, opera del Maestro del Salomone Wildenstein (probabilmente Protasio Crivelli, attivo in Lombardia tra tardo ’400 e primo ’500), raffiguranti l’«Adorazione dei Magi», «Sant’Orsola e le Vergini compagne» e «Cristo giudice», raffinatissime e risplendenti d’oro, indagate in catalogo da Pier Luigi Mulas. Filo conduttore della mostra, dunque, i bagliori luminosi e lo sguardo oltremontano di questi antichi maestri che meritano di ritrovare quell’attenzione che negli ultimi anni si era in parte perduta.