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Una veduta della mostra «Vita Dulcis. Paura e desiderio nell’impero romano» (2023), Roma, Palazzo delle Esposizioni. Foto Daniele Molajoli

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Una veduta della mostra «Vita Dulcis. Paura e desiderio nell’impero romano» (2023), Roma, Palazzo delle Esposizioni. Foto Daniele Molajoli

Con Francesco Vezzoli l’arte antica torna viva, sexy e appassionante

Tra strizzate d’occhio a de Chirico e Fellini, nel Palazzo delle Esposizioni i marmi romani sono alterati attraverso un filtro camp e pop. La sala più riuscita è quella dedicata al piacere omoerotico e alla vicenda di Antinoo e Adriano

Federico Florian

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Nelle mani di Francesco Vezzoli l’arte antica non solo diventa pop: è specchio delle passioni più viscerali della società contemporanea. Riprova di tale affermazione è il nuovo progetto che l’artista bresciano di stanza a Milano, classe 1971, presenta, in qualità di curatore (con Stéphane Verger) oltre che artista, nel Palazzo delle Esposizioni fino al 27 agosto. «Vita Dulcis. Paura e desiderio nell’impero romano», titolo della mostra, è un’allusione in chiave latina al celeberrimo capolavoro di Federico Fellini: dichiarazione a priori del ruolo fondamentale del cinema e della sua storia nella coreografia di questa esposizione.

Fa da prologo al progetto espositivo la rotonda centrale del palazzo, con sei sculture luminose, originariamente prodotte da Vezzoli nel 2012 in occasione del «24H Museum» al Palais d’Iéna di Parigi. Le imponenti figure femminili riproducono corpi di marmi antichi (come la Menade danzante o la Venere de’ Medici) con il volto di star del cinema (Jeanne Moreau e Anita Ekberg, fra le altre) e in cui l’artista incorpora un elemento a lui particolarmente familiare: gli occhi della madre, sostituiti a quelli delle dive tramite un intervento di collage.

Da qui è possibile accedere a sette sale tematiche, battezzate da nomi latini, in cui sculture e reperti archeologici dal Museo Nazionale Romano (alcuni dei quali mai esposti prima) entrano in un cortocircuito spaziotemporale con opere recenti dell’artista e clip cinematografici. Il tutto all’interno di ambienti teatrali e metafisici che strizzano l’occhio ai set dei dipinti di de Chirico (un’ispirazione ricorrente per Vezzoli), e in cui drammatici tendaggi rossi, sofisticati plinti geometrici e cerchi in Led simili ad aureole plasmano atmosfere più che mere ambientazioni, grazie all’occhio immaginifico di Filippo Bisagni e Luca Bigazzi (il direttore della fotografia de «La grande bellezza»), entrambi responsabili dell’allestimento.
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Vezzoli, in questa mostra, non si limita semplicemente a presentare i marmi e le sculture antiche. Semmai li manipola, li altera applicandovi un filtro camp e pop, come fossero arredi scenici di un neocolossal sull’antica Roma, in cui noi visitatori assumiamo il ruolo di comparse. Se, nella sala dedicata alla guerra, la testa di un generale romano del I secolo è fasciata da un moderno casco da ciclista in bronzo, in quella dedicata alla figura femminile (Dux Femina Facti) troviamo un’enorme replica in bronzo della Venere di Willendorf, su cui si innesta una testa romana del III secolo d.C. Un’opera, quest’ultima, dal titolo illuminante: «Portrait of Kim Kardashian (Ante Litteram)» (2018).

Tra le sale più riuscite, quella dedicata al piacere omoerotico e alla vicenda di Antinoo e Adriano: oltre all’iconico Antinoo di Palazzo Altemps (II secolo d.C.) si staglia una schiera di sei busti truccati alla David Bowie, tutti riproducenti il volto del giovane greco («Portrait of Antinous as a Rock Star», 2023). Sullo sfondo, i languidi fotogrammi del «Sebastiane» di Derek Jarman, in cui un gruppo di soldati romani si abbandona a una sensuale intimità.

Il fil rouge del cinema continua a dispiegarsi nelle sale successive. Se il «Satyricon» di Fellini è il fulcro del capitolo dedicato a Petronio e alla satira (Ridentem Dicere), il celebre film di Vezzoli «Trailer for a Remake of Gore Vidal’s Caligula» (2005) rappresenta l’epilogo ideale della mostra. Concepita come il promo di un film inesistente, il remake pornografico del «Caligola» di Gore Vidal, la pellicola fa da contrappunto a un’ampia selezione di frammenti di sculture antiche, molti dei quali rimaneggiati dall’artista. Fra questi, un piede votivo in argilla ritoccato con dello smalto per le unghie e, soprattutto, la scultura in tufo di un pene del I-II secolo d.C., che Vezzoli correda con un cock ring in pelle. L’arte antica, nelle mani dell’artista, torna a essere quello che forse è sempre stata: viva, sexy, appassionante.

Una veduta della mostra «Vita Dulcis. Paura e desiderio nell’impero romano» (2023), Roma, Palazzo delle Esposizioni. Foto Daniele Molajoli

Federico Florian, 26 aprile 2023 | © Riproduzione riservata

Con Francesco Vezzoli l’arte antica torna viva, sexy e appassionante | Federico Florian

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