Una veduta della mostra «Humpty | Dumpty», Parigi, Palais de Tokyo, 2022. Foto Timo Ohler

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Una veduta della mostra «Humpty | Dumpty», Parigi, Palais de Tokyo, 2022. Foto Timo Ohler

Cyprien Gaillard, maestro del tempo

«Humpty | Dumpty», una mostra in due capitoli nel Palais de Tokyo e nelle Lafayette Anticipations, segna il ritorno dell’artista a Parigi

Bambino prodigio dell’arte contemporanea, le cui folgoranti performance hanno stupito il mondo dell’arte una quindicina di anni fa (il suo video «Desniansky Raion» del 2007 è entrato molto presto a far parte delle collezioni del MoMA di New York e nel 2015 l’ipnotico «Nightlife» è stato presentato alla Biennale di Lione prima di essere esposto, oggi, alla Fondazione Luma Arles), dopo un lungo esilio a Berlino Cyprien Gaillard torna virtuosamente in scena in due luoghi emblematici della Ville Lumière.

La mostra «Humpty Dumpty» in due capitoli, uno al Palais de Tokyo e l’altro a Lafayette Anticipations (fino all’8 gennaio), dimostra la sua immutata capacità di creare immagini potenti, che risuonano straordinariamente con i nostri tempi difficili e le loro contraddizioni. Nel corso degli anni, l’artista sembra essere maturato. A 42 anni, l’energia fragorosa della sua giovinezza insolente lascia il posto a una riflessione sul tempo e sulle sue tracce, che abbraccia tanto i segni dell’usura di una capitale che sta restaurando tutti i suoi monumenti (in un momento in cui Parigi fa il bilancio della sua entropia in vista dei Giochi Olimpici), quanto la memoria di esseri scomparsi o gli effetti inattesi del cambiamento climatico.

Nell’assegnargli il Premio Marcel Duchamp nel 2010, la giuria aveva dichiarato di aver «particolarmente apprezzato i saggi cinematografici con le loro immagini fortemente costruite. Il modo in cui l’artista attinge al passato modernista o si immerge nel lavoro delle grandi figure della Land art per immaginare sequenze ammalianti e misteriose mostra una reale coerenza. Rappresentando le rovine moderne attraverso tutti i tipi di media, Cyprien Gaillard mette in discussione le grandi narrazioni, come un archeologo del mondo contemporaneo». Questa nozione di archeologia del mondo contemporaneo rimane un filo conduttore del suo lavoro. La doppia mostra scava un solco infestato dal rapporto tra corpo, architettura e ambiente, memoria individuale e collettiva dei luoghi. Cyprien Gaillard osserva il disordine del mondo, tra crollo e ricostruzione.
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Guardare la città
Il percorso inizia al Palais de Tokyo, dove un corpus di opere raramente esposte a Parigi, che spaziano dal 2007 a oggi, è presentato in un confronto con artisti ospiti. L’installazione «Love Locks» è composta da «lucchetti rimossi dai ponti parigini dall’amministrazione cittadina perché minacciavano di far crollare i ponti a cui erano appesi, come la Passerelle des Arts, i cui cancelli appesantiti sono crollati nel 2014, commenta Rebecca Lamarche-Vadel, curatrice della mostra. Ciò che viene messo in evidenza è il paradosso tra queste “prove d’amore” lasciate dalle coppie nel paesaggio urbano e il danno creato dal loro accumulo nel tempo, questo “straripamento d’amore” che finisce per distruggere. È anche una sorta di ready-made, pieno di ironia: fare del lucchetto, che incarna la reclusione, un’espressione d’amore. È tutta la questione del peso di questo momento, in senso sia letterale sia figurato, dato che la città di Parigi ha ereditato queste masse di lucchetti che sono rifiuti difficili da rimuovere dalle strade pubbliche e che da allora sono stati conservati in magazzini. Cyprien Gaillard li ha trasformati in un’opera d’arte: l’amore eterno si trova alla fine arrugginito. L’idea era di iniziare la mostra con questa valutazione dell’amore».

Dopo questo preambolo, il video «The Lake Arches» (2007) mostra due amici che si immergono in uno specchio d’acqua (meno profondo del previsto), sullo sfondo delle case popolari costruite da Ricardo Bofill. A fianco, «Oreste e Pilade» (1924) di Giorgio de Chirico. La sala successiva, con la sua disposizione rigida e il suo minimalismo monastico, riporta indietro nel tempo. Due gargouilles medievali provenienti dalla Cattedrale di Reims, in cui il piombo fuso si è solidificato durante i bombardamenti tedeschi, sono diventati oggetti surrealisti e dialogano con alte lastre di fragilissimi fossili. Marmi che sono tante radiografie del tempo geologico, pietre curiose e preziose al tempo stesso, rimandano alla lettura di Roger Caillois. Il passato, fossilizzato nel presente, in strati sedimentati.
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Più avanti è proiettato il film «Ocean II Ocean», presentato alla Biennale di Venezia nel 2019: una gigantesca nave utilizza una gru per gettare nell’oceano le carcasse delle carrozze dei treni americani per ripopolare i fondali, creando così nuovi spazi corallini. L’allegoria evidenzia il paradosso di un progetto controverso, in cui l’uso dei rifiuti industriali per lo sviluppo sostenibile (i relitti dei treni fungono da nuovo habitat per la vita marina) può alla fine portare a un disastro ecologico. La strada per l’inferno è lastricata di buone intenzioni. Il film mostra anche le pareti della metropolitana di Mosca incrostate di ammoniti, la memoria di un oceano scomparso inscritta nella pietra. Più avanti, Cyprien Gaillard rende omaggio a Robert Smithson e mostra una serie di disegni giovanili allucinati del creatore di «Spiral Jetty», dal fermento interiore alla pace ritrovata del gigante americano nelle sue monumentali opere di Land art in situ.

Il pezzo forte della mostra è il video «Formation» (2022), che percorre l’intera lunghezza della rotonda del Palais de Tokyo e attira lo sguardo tanto quanto immerge lo spettatore nell’immagine. «Guardare la città è una costante per Cyprien Gaillard, spiega Rebecca Lamarche-Vadel. Quando viveva a New York, ha iniziato a osservare gli uccelli. Quando era a Düsseldorf per una mostra, ogni giorno guardava dalla finestra del suo albergo gli sciami di pappagallini dal collo ad anello che svolazzavano tra i negozi e gli edifici di lusso della Königsallee, nel centro della città. Il video solleva la questione dei problemi ecologici legati alla presenza di uccelli esotici, considerati indesiderabili, che si stabiliscono nelle città europee per diventare autoctoni. L’espressione di questo disordine ispira questa riflessione: quale sarebbe uno stato originario della città, essa stessa un ambiente costruito, in costante metamorfosi? Come possiamo giudicare ciò che è considerato invasivo prima che venga integrato in un ecosistema? Dov’è l’addomesticato, dov’è il selvaggio nel nostro rapporto con i vivi? Di fronte a questo spettacolare video si trova una scultura di Käthe Kollwitz, “Mutter mit zwei Kindern” del 1932-36».
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Tornare indietro nel tempo
Il secondo capitolo della mostra prosegue presso Lafayette Anticipations, dove l’artista ha occupato i piani dell’edificio di Rem Koolhaas. Racchiudendo la struttura con griglie metalliche che ricordano la proliferazione delle impalcature nel paesaggio urbano e dietro le quali è proiettato il video «Frise 1» (2022), Cyprien Gaillard ha aperto le botole dei piani mobili per posizionare gli schermi. Sul pavimento è collocato un criptico «Palais de la découverte vitrifié».

«Cyprien Gaillard è un artista “da esterno”. Cerca sempre all’esterno la sua ispirazione interiore, continua la curatrice. Il suo interesse per la conservazione di monumenti e cose va di pari passo con l’idea che molto spesso ciò avviene a scapito della conservazione della vita umana. Questo pezzo è stato realizzato con l’amianto proveniente dai lavori di restauro in corso al Palais de la Découverte. Rifiuti tossici di amianto, fusi ad altissime temperature, hanno generato questo blocco di Cofalit, un materiale sintetico che, attraverso questo processo di metamorfosi, è diventato un monolite nero, esso stesso una sorta di ossidiana, trasformato da materia prima in un nuovo minerale del nostro tempo. È un omaggio al Palais de la Découverte, che conserva collezioni mineralogiche, in una formula tautologica».

Al centro dell’installazione, sospeso, c’è il suo «Frankenstein», come lo definisce Rebecca Lamarche-Vadel: «Le Défenseur du temps», incarnazione di un monumento pubblico trascurato, al quale l’artista ha voluto «dare nuova vita. Un giorno da bambino, quando passava per il Quartier de l’Horloge di Parigi per andare al Centre Pompidou, Cyprien Gaillard trovò questo automa molto più affascinante ed enigmatico. Ci andò con un caro amico, tragicamente scomparso dieci anni fa, al quale è dedicata questa mostra, in cui si mescolano la memoria di un’opera, di un’architettura e di un’amicizia. L’opera è l’atto del restauro: ridare vita a questo automa, “Le Défenseur du temps”, creato da Jacques Monestier, che brandiva la sua spada per affrontare le creature ogni ora tra il 1979 e il 2003, anno in cui è stato chiuso per mancanza di fondi per la manutenzione. Con questa rinascita, riprendono i movimenti di questa battaglia contro il tempo». Le lancette dell’orologio stanno ora girando in senso opposto, accelerando, per recuperare i vent’anni durante i quali l’automa è rimasto fermo...

Una veduta della mostra «Humpty | Dumpty», Parigi, Palais de Tokyo, 2022. Foto Timo Ohler

Una veduta della mostra «Humpty | Dumpty», Parigi, Palais de Tokyo, 2022. Foto Timo Ohler

Una veduta della mostra «Humpty | Dumpty», Parigi, Palais de Tokyo, 2022. Foto Timo Ohler

Stéphane Renault, 24 novembre 2022 | © Riproduzione riservata

Cyprien Gaillard, maestro del tempo | Stéphane Renault

Cyprien Gaillard, maestro del tempo | Stéphane Renault