La protagonista della terza mostra del nuovo spazio milanese di Cadogan Gallery è Kim Bartelt, il cui lavoro è presentato qui per la prima volta. La personale, intitolata «Break Easy», dal 17 maggio fino al 30 giugno, comprende una serie di dipinti creati per quest’occasione, segnati dalla speciale attitudine dell’artista tedesca a sondare e la fragilità e l’instabilità del mondo, da lei evocate attraverso la sovrapposizione di strati sottili di carte traslucide, dai colori tenui, applicate sulla tela grezza la cui trama, priva com’è dell’imprimitura, affiora con evidenza.
Se questa allude all’interiorità, le stratificazioni di carte simboleggiano quelle difese più o meno precarie che gli artisti talora alzano intorno a sé e che, seguendo una suggestione del noto scrittore e poeta Ocean Vuong, vanno abbattute proprio attraverso l’arte, per evadere dalla dimensione della soggettività e raggiungere una dimensione collettiva, anzi universale.
Con i dipinti, sono in mostra alcune sculture, anch’esse segnate dalla dicotomia tra fragilità e (solo apparente) forza e durevolezza: i loro volumi geometrici, infatti, che paiono fatti con blocchi di marmo o di pietra, sono in realtà assemblati con cartoni.
Vulnerabili anche le sculture, quindi, com’è suggerito anche dai colori delicati, armoniosi e «silenziosi» con cui sono dipinte. E dunque portatrici di un messaggio volutamente ambiguo e contradditorio.
Berlinese di nascita, l’artista ha studiato storia dell’arte a Parigi prima di trasferirsi a New York, dove ha seguito il corso di Fine Art della Parsons School of Design. E qui ha iniziato a raccogliere le carte, che presto sono entrate nei suoi lavori pittorici, cui solo in seguito si sono aggiunte le sculture.