Circolo ha ospitato il 5 novembre il talk di approfondimento sulla mostra in corso «Sensitive Skins». Protagonisti il curatore Antonio Grulli, il fondatore della galleria di Zurigo Mai 36, Victor Gisler, che ha collaborato alla realizzazione del progetto espositivo e gli artisti Jacopo Benassi (La Spezia, 1970) e Giulia Cenci (Cortona, 1988). La collettiva mette insieme opere di qualità museale di John Baldessari (National City, 1931- Los Angeles, 2020), Peter Hujar (New Jersey, 1934-New York, 1987), Sofu Teshigahara (Tokyo, 1900-1979) e Paul Thek (New York, 1933-1988) con altre di artisti più giovani come, per esempio, Isabel Nuño de Buen (Mexico City, 1985). Nel dialogo di mutua reciprocità che si instaura tra i lavori in mostra, è l’idea di una membrana sensibile, sia essa la pellicola fotografica o la pelle dell’artista, «che bruciando sacrifica la propria vita per riuscire ad abbracciare l’eternità» spiega Grulli, a fare da connettore tra linguaggi diversi, che pure trovano qui una ricomposizione armonica. Un sottile gioco di rimandi e influenze che emerge anche dalle parole di Cenci, la quale non fa mistero di aver subito la fascinazione di Thek, una delle voci più influenti del dopoguerra, qui con l’opera «Earth Flint» (1980). Dell’autrice invece, al centro della sala principale, è esposto il box doccia «dry salvages (water)» (2022), con dentro la scultura di una testa umana e un corredo di elementi diversi, assemblati in maniera disturbante, che si apre a molteplici significati: lo spazio privato che diventa pubblico, il ritratto del singolo che si fa corale nella memoria dei corpi che dentro quella doccia hanno sostato, il valore dell’acqua come espressione di vita ma anche nell’accezione negativa di controllo sociale.
Dal canto suo, Benassi ricollega il suo discorso fotografico al lavoro di Robert Mapplethorpe (New York, 1946-Boston,1989), di cui è presente l’opera «Dennis Speight» (1983) e a quello del tedesco Thomas Ruff (Zell am Harmersbach, 1958), di cui si può ammirare l’erotismo sensuale di «nudes po15» (2006). La ricerca dell’eclettico autore spezzino problematizza a tal punto l’immagine da occultarla, sicché nelle due scatole appese alla parete, «Boy» e «Adrian» entrambe del 2024, la foto non si dichiara più nemmeno a sé stessa e bisogna andarla a cercare dietro strati di vetro, dentro strutture scultoree di legno tenute insieme da cinghie. «Ho iniziato a mostrare, raccontare e vendere ciò che mi piaceva nell’arte nel 1988 a Lucerna, dando alla galleria il nome abbreviato della strada su cui si affacciava (Maihofstrasse 36) - chiosa Gisler, che quest’anno festeggia il 36mo anno di attività di Mai 36. Speravo di fare la differenza, di diventare una meta per gli amanti dell’arte, ma non avrei mai potuto immaginare una carriera così longeva. Non è sempre stato facile e il mondo dell’arte è cambiato radicalmente, trasformandosi nell’industria che è oggi. Ma fare quello che faccio significa ancora mescolare curiosità, fiducia, professionalità ed entusiasmo e vivere la mia passione». Fondato dalla collezionista e mecenate Nicole Saikalis Bay e dal marito Matteo Bay, Circolo ambisce ad essere un progetto di ampio respiro internazionale, un luogo di incontro e di relazione, ma anche un sostegno per le gallerie straniere, che non sono presenti in Italia. Lo spazio in Via della Spiga 48 (dove la mostra è visibile sino al 6 dicembre) è il punto di riferimento per le attività della neonata Saikalis Bay Foundation ETS, che si propone di creare connessioni tra amanti dell’arte e professionisti, offrendo nuove prospettive sull’arte contemporanea promuovendo dialoghi nazionali e internazionali con istituzioni, artisti e gallerie.