L’atelier di Matteo Rattini a Palazzo Carminati

Foto: Giacomo Bianco

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L’atelier di Matteo Rattini a Palazzo Carminati

Foto: Giacomo Bianco

Destini incrociati alla Fondazione Bevilacqua La Masa

Negli spazi di Palazzetto Tito a Venezia la mostra conclusiva del programma di residenze d’artista dell’istituzione

Tra gli appuntamenti espositivi dell’estate a Venezia si aggiunge «Campo magnetico», la mostra conclusiva dell’annuale programma di residenze d’artista della Fondazione Bevilacqua La Masa, allestita nelle sale di Palazzetto Tito dal 19 luglio all’8 settembre.

Il sistema degli atelier, nato nel 1898 per volontà della contessa Felicita Bevilacqua La Masa (data che lo rende il più antico d’Europa), è destinato a ospitare talentuosi giovani artisti, oggi accolti negli spazi storici di Palazzo Carminati a San Stae e nel chiostro dei SS. Cosma e Damiano alla Giudecca.

In seguito all’assegnazione degli studi per concorso, durante i mesi di permanenza presso i locali della Fondazione i vincitori sono chiamati a lavorare con un curatore, anch’esso selezionato tramite bando. Per quest’ultima edizione, tale ruolo è stato assunto da Cristina Beltrami, a cui si deve peraltro la scelta del titolo della mostra che, come afferma la stessa Beltrami, «nasce dall’osservazione di un dato oggettivo: la collettiva tiene insieme degli artisti di diversa provenienza, accomunati dalla giovane età e da un legame più o meno stretto e continuativo con il territorio, ma selezionati da una giuria quanto mai eterogenea, la cui scelta finale ne è stata naturale conseguenza. Il “campo magnetico”, dunque, non è da intendersi come un tema predeterminato, ma come una situazione di fatto per questi artisti che per undici mesi hanno condiviso spazi, una città, incontri, viaggi, un curatore, esperienze, generando un polo attrattivo. La definizione scientifica di campo magnetico spiega infatti che esso si crea dall’interazione elettromagnetica di singole scariche elettriche che, insieme, creano un campo energetico d’attrazione: più alta è la corrente, più intenso è il campo di forza».

I quindici artisti selezionati dunque (Nadezda Golysheva, Alexander Koch, Giuseppe Lo Cascio, Enrico Loquercio, Rebecca Michelini, Carlo Negro, Eric Pasino, Chiara Peruch, Matteo Rattini, Giovanni Sambo, Matilde Sambo, Elsa Scagliarini, Pierluigi Scandiuzzi, Stefano Stoppa e Jacopo Zambello) non sono solo singole entità portatrici di energia, ma si ritrovano in un’esposizione quanto mai condivisa. «Campo magnetico» è una mostra di destini incrociati: essa non appare costruita per giustapposizioni, bensì come un insieme, in cui le opere, come direbbe Aby Warburg, si pongono in un rapporto di «buon vicinato». Il percorso, perciò, non testimonia solamente una rassegna di differenti pratiche artistiche, ma un reale dialogo tra pittura, scultura, installazioni, fotografia e video.

Se da un lato questa edizione di residenze, in cui figurano tutti questi diversi mezzi espressivi, ha condotto la maggior parte degli artisti ad affermare e approfondire il proprio consueto campo di ricerca, dall’altro, ha permesso ad alcuni, come Matteo Rattini ed Elsa Scagliarini, che forse non a caso sono anche i più giovani del gruppo, di esplorare nuove sperimentazioni tecniche, accantonando il filone concettuale e il video con i quali erano stati selezionati in principio. Le opere esposte rappresentano quindi la testimonianza di un’evoluzione inevitabile, per alcuni marcata da una conferma, per altri da una virata radicale, ma che, in entrambi i casi, ha configurato cammini di grande e lodevole coraggio.

Con un’attenta e intelligente visione curatoriale costruita attraverso occasioni di condivisione con gli artisti e un fitto calendario di incontri con galleristi, curatori, collezionisti e professionisti del mondo dell’arte, Cristina Beltrami ha lavorato all’interno della Fondazione Bevilacqua La Masa come un’alchimista. «Alchimia», termine che è andato molto di moda nella critica artistica degli anni Ottanta, si addice quanto mai a quest’esperienza, intesa come uno sviluppo legato alla pratica di laboratorio, di perfezionamento, di incastri calcolati e vicina a quel «processo che», come appunta Maurizio Calvesi, «nel caos indistinto della psiche, chiarifica e mette a fuoco i contrasti o conflitti che vi si annidano […] per poi comporli in un nuovo equilibrio».

Quel nuovo equilibrio nato dal «caos» dei primi incontri e trasformatosi, non senza necessari e fruttuosi conflitti, in una collaborazione più consapevole, ha portato all’allestimento di questa ulteriore e inedita mostra collettiva negli spazi storici di Palazzetto Tito.

Marianna Rossi, 17 luglio 2024 | © Riproduzione riservata

Destini incrociati alla Fondazione Bevilacqua La Masa | Marianna Rossi

Destini incrociati alla Fondazione Bevilacqua La Masa | Marianna Rossi