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Gastone Novelli, «Costrução», 1953. Rome, Archivio Gastone Novelli

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Gastone Novelli, «Costrução», 1953. Rome, Archivio Gastone Novelli

Gastone Novelli torna a San Paolo

Al Museu de Arte Contemporânea da Universidade de São Paulo gli anni trascorsi in un Brasile culturalmente molto fertile che segnarono il suo esordio nell’arte. Nel centenario della nascita anche una mostra a Ca’ Pesaro e una monografia

L’1 agosto 1925 nasceva a Vienna Gastone Novelli. Per celebrare questo anniversario lo scorso 2 agosto presso il Museu de Arte Contemporânea da Universidade de São Paulo ha aperto la mostra «L’arte deve vivere al sole. Gastone Novelli in Brasile» (fino al 12 ottobre), a cura di Ana Gonçalves Magalhães Marco Rinaldi organizzata con il contributo dell’Istituto Italiano di Cultura San Paolo e dell’Archivio Gastone Novelli.

La mostra riunisce, per la prima volta oltreoceano, 29 opere realizzate da Novelli durante il periodo vissuto in Brasile, dal 1948 al 1954. Si tratta di una rassegna pressoché completa della produzione pittorica e grafica di quel periodo che ha segnato i suoi esordi nell’arte e nelle riflessioni sul linguaggio. 

Il titolo prende in prestito una frase del manifesto del gruppo brasiliano Oda (Oficina de Arte), cui Novelli si avvicina nel 1952, che promuoveva il coinvolgimento degli artisti nella quotidianità della gente comune, la necessità di una diffusione di manufatti artistici nella vita di tutti i giorni. Non a caso in quegli anni trascorsi nel Paese sudamericano, Novelli sarà attivo su più fronti, dalla ceramica al design, dagli allestimenti alla decorazione. 

Novelli è arrivato in Brasile a 23 anni: era nato nel 1925 a Vienna. Durante la Seconda guerra mondiale aveva partecipato alla Resistenza, era stato arrestato, torturato, condannato a morte (pena poi commutata in carcere a vita) e liberato all’ingresso delle truppe alleate a Roma il 4 giugno 1944. Dopo il soggiorno in Brasile, fondamentale per la sua carriera artistica, nel 1955 Novelli si stabilisce a Roma e si inserisce rapidamente nell’ambiente artistico della città grazie all’amicizia con Emilio Villa. Nel 1957 compie diversi viaggi a Parigi, dove incontra Tristan Tzara, André Masson, Man Ray e Hans Arp. Lo stesso anno fonda con Achille Perilli la rivista «L’Esperienza Moderna» e la Galleria La Salita di Roma gli dedica una personale.

A partire dagli anni Sessanta frequenta Samuel Beckett, Georges Bataille, Pierre Klossowski, René de Solier e avvia una stretta amicizia con Claude Simon, che in uno dei suoi ultimi libri, Le Jardin des Plantes (1997), racconta la profonda consonanza intellettuale e creativa che lo legava all’artista. Con alcuni di loro Novelli avvia vere e proprie collaborazioni: con Beckett prepara un progetto editoriale per illustrare L’image, rimasto poi incompiuto; nel 1962 realizza il libro unico per Histoire de l’œil di Bataille, mentre nel 1965 commenta con le tavole del libro Das Bad der Diana il mito di Diana e Atteone, analizzato da Klossowski.

Inizia a collaborare con gli scrittori della Neoavanguardia italiana, con i quali condivide la medesima tensione verso la sperimentazione linguistica. Nel 1964 fonda con Perilli, Alfredo Giuliani e Giorgio Manganelli la rivista «Grammatica». Vince il Premio Gollin alla Biennale di Venezia dove è invitato con una sala personale.

Nel 1966 pubblica il libro Viaggio in Grecia, vera e propria summa di anni di riflessioni sul linguaggio e di peregrinazioni in universi segnici, che vanno dalla psicologia del profondo, al mito, fino al definitivo approdo all’antropologia e allo strutturalismo di Claude Lévi-Strauss. Nel 1968 viene di nuovo invitato alla Biennale veneziana con una sala personale, ma per protesta contro l’intervento della polizia all’interno dei Giardini si rifiuta di esporre le sue opere rovesciandole contro le pareti. In ottobre è a Milano, dove inizia l’insegnamento all’Accademia di Belle Arti di Brera. Muore il 22 dicembre per un collasso postoperatorio.

Novelli ha esposto nei più importanti musei e istituzioni italiani e internazionali. Oggi le sue opere sono conservate al MoMA di New York, alla National Gallery di Washington, al Masp di San Paolo, al British Museum di Londra, alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, al Museo del Novecento di Milano e alla Peggy Guggenheim Collection di Venezia.

Gastone Novelli, «Composizione 6», 1953. Roma, Archivio Gastone Novelli

Il Brasile vissuto da Novelli, quello degli anni Cinquanta, è un fertile terreno di transiti e presenze italiane e internazionali, che producono un grande fermento e animano la scena culturale e artistica. Figura di rilievo innanzitutto è quella di Pietro Maria Bardi (in Brasile dal 1946), direttore della rivista «Habitat» e fondatore e direttore del Museo d’Arte di San Paolo, progettato dalla moglie Lina Bo; ma già precedentemente molti architetti italiani di matrice razionalista lavorano stabilmente o temporaneamente nel Paese: da Rino Levi, ex allievo di Marcello Piacentini, in Brasile già dagli anni Trenta, a Daniele Calabi (attivo a San Paolo dal 1939 al 1948), Giancarlo Palanti (trasferitosi nel 1946 e cofondatore insieme a Lina Bo dello Studio Palma), Gio Ponti, Pier Luigi Nervi, lo studio Bbpr, fino a Franco Albini e Franca Helg. Fondamentale era stato il passaggio di Le Corbusier, cui il Museo d’Arte di San Paolo dedica una mostra nel 1950. Anche Max Bill frequenta il Brasile fra il 1950 e il 1953. Ma sicuramente un ruolo decisivo per la diffusione di un linguaggio internazionale dell’arte contemporanea e dell’Astrattismo in particolare è svolto, a partire dal 1951, dalle Biennali di San Paolo: la prima vede la partecipazione di Alberto Magnelli, mentre la seconda nel 1953 ospita una retrospettiva di Paul Klee.

È in questo clima che vengono a formarsi il primo linguaggio astrattista e le prime formulazioni della poetica di Gastone Novelli. I primi quadri del 1948-50 sono ritratti, paesaggi e nature morte composti da una pennellata corposa e ruvidamente, quanto genericamente, espressionista, come le rocce, i faraglioni, le case e gli interni capresi del 1949, mentre l’anno successivo protagonista diviene l’esotico ambiente brasiliano. Nel 1951 gli stessi generi vengono trasposti in un linguaggio postcubista, in cui a volte i faraglioni e le composizioni di bottiglie assumono ambiguamente la valenza di paesaggi e nature morte allo stesso tempo, mentre la sintassi cubista si sposta gradualmente da un’aggregazione spigolosa di forme plastiche a un sintetismo che ricorda le composizioni puriste di Le Corbusier. La contemporanea produzione ceramica di Novelli invece si ispira a un primitivismo formale che prende spunto dalla creatività indigena.

Nel 1951 si registra una svolta in direzione astratta, anche se in alcune opere permangono residui architettonici che hanno il sapore di quinte scenografiche. Più vicine a soluzioni formali tratte da Magnelli sono invece altre composizioni dello stesso anno. Con le opere del 1953 si assiste a un graduale allineamento da parte di Novelli al gusto compositivo del concretismo brasiliano, come quello di Ivan Serpa; aggregazioni di volumi e piani in trasparenza, realizzate attraverso ampie campiture di colore, tenderanno poco dopo a infittirsi lungo assi orizzontali o verticali in griglie cromatiche giustapposte, per poi conquistare un equilibrio formale affidato ad ampie superfici. Alla fine dell’anno, tuttavia, si manifesta la svolta verso un’astrazione lirica di matrice kleeiana che si protrarrà anche l’anno successivo, oltre che l’interesse per la geometria come sviluppo del concetto di quarta dimensione.

Le fonti di queste trasformazioni pittoriche sono di volta in volta rintracciabili proprio nell’intensa attività espositiva del Museo d’Arte di San Paolo e nell’atmosfera internazionale del Brasile di quegli anni, con le mostre dedicate a Magnelli, Le Corbusier e Klee e l’assimilazione della declinazione brasiliana e «calda» del concretismo di Bill. Parallelamente alla maturazione di un proprio linguaggio, Novelli si indirizza anche verso una funzione sociale e comunicativa dell’arte, tradotta in termini di arte applicata attraverso la produzione di ceramiche e la realizzazione di allestimenti e di mosaici e che coincide con il clima del paese in quegli anni. In questo senso va inquadrata la sua attività didattica al Museo d’Arte di San Paolo, occasione di messa a punto teorica dei primi germi di una riflessione sul linguaggio dell’arte, che si tradurrà in una serie di appunti.

Esito di questi suoi interessi è appunto l’adesione, fra il 1952 e il 1954, al movimento Oda (Oficina de Arte), di cui fanno parte alcuni artisti di varia provenienza geografica come Aldo Bonadei, Lothar Charoux, Bruno Giorgi, Odetto Guersoni, Frans Krajcberg e Bassano Vaccarini. L’ideologia sociale di questo movimento, già chiaramente riassunta dal titolo del manifesto («L’arte non è un privilegio»), auspica il coinvolgimento degli artisti in ampi settori che vanno dall’architettura all’arredo urbano, dall’illustrazione, al teatro e al cinema, per realizzare un’arte che vada incontro al popolo e alle masse e che non si limiti allo spazio del museo.

Invitato a partecipare nella sezione degli artisti brasiliani alle prime due edizioni della Biennale di San Paolo nel 1951 e nel 1953, Novelli vi presenta unicamente dei dipinti. Le sculture in filo di ferro (realizzate per gli stand dell’Esposizione del VI Centenario di San Paolo nel 1951), le ceramiche (ispirate alla cultura indigena) e i gioielli (esposti alla Galeria Ambiente e alla Galeria Tenreiro nel 1952) sono certamente da ascrivere alla sua intensa attività nel campo degli allestimenti e del design. Il fermento progettuale e politico di un Brasile, che aspira alla modernità, rappresenta una premessa importante per la molteplicità di interessi che Novelli svilupperà in seguito, in una ricerca intellettuale, prima che artistica, che Novelli affronterà attraverso una drammatica dialettica, in cui la «necessità di vedere le cose come primordi in movimento» conduce a studiare “il mondo della geometria e della natura soltanto per poterlo meglio abbandonare” e dove «l’esperienza del passato supera la sensazione del presente».

Queste osservazioni, ancora ispirate alla Gestalt, sono i primi germi di una riflessione sul linguaggio dell’arte in particolare, ma anche sul processo creativo in generale inteso come poïesís, i cui esiti saranno pienamente valutabili nelle opere degli anni Sessanta. È da questo momento infatti che Novelli, memore anche della lezione di Klee, matura una poetica in cui scrittura e immagine, linguaggio e materia pittorica, si amalgamano indissolubilmente in un atto comunicativo unico e totale.

Anche l’Italia celebrerà il centenario della nascita dell’artista con la mostra «Gastone Novelli» in programma a Venezia (Ca’ Pesaro-Galleria Internazionale d’Arte Moderna, dal 25 ottobre al 22 febbraio), che offrirà una ricognizione completa del suo percorso di ricerca attraverso la raccolta di circa 60 opere tra le più significative presenti nelle collezioni pubbliche e private italiane. Il percorso comprenderà tutte le diverse fasi della ricerca di Novelli, dalle primissime prove gestuali e segniche degli anni de «L’Esperienza Moderna» fino alla maturazione all’inizio degli anni Sessanta della sua personale poetica, in cui si fondono scrittura e immagini, per giungere ai lavori della fine del decennio, momento in cui la parola e l’azione dell’artista tornano a essere investiti di un più esplicito significato etico e politico. A Ca’ Pesaro saranno esposte per la prima volta insieme le opere con cui Novelli scelse di presentarsi nelle due importanti edizioni della Biennale di Venezia del 1964 e del 1968.

Un’ultima iniziativa riguarda la pubblicazione del volume Novelli A-Z, a cura di Paola Bonani, per i tipi di Electa, in uscita a ottobre.

Gastone Novelli, «Costruzione», 1954. Roma, Archivio Gastone Novelli

Barbara Antonetto, 06 agosto 2025 | © Riproduzione riservata

Gastone Novelli torna a San Paolo | Barbara Antonetto

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