Verifica le date inserite: la data di inizio deve precedere quella di fine
Chiara Massimello
Leggi i suoi articoliFino a settembre, nello spazio Guido Costa Projects, a Torino, sarà aperta la mostra di Cristiano Berti, «Eredi Boggiano». Una grande installazione, in parte anche fotografica, a cui l’artista ha lavorato per quasi dieci anni, occupa interamente lo spazio della galleria.
L’esposizione, accompagnata dal video «Pero está por ahi, ¿no?» (2020) e un saggio storico Eredi Boggiano (Quodlibet, Macerata 2022), documenta un minuzioso progetto archivistico e artistico realizzato da Cristiano Berti. Punto di partenza, la storia del savonese Antonio Boggiano, giunto a Cuba nel 1796 e insediatosi a Trinidad, dove fu attivo nel commercio transatlantico e come mercante di schiavi e latifondista agrario. La ricerca dell’artista parte proprio dalle storie delle persone che lavoravano per lui, a cui Boggiano dette il proprio cognome, come un marchio di proprietà.
È una storia dei tempi della schiavitù che arriva fino ai nostri giorni. Dalle ricerche, emerge che tutti i cittadini cubani che ancora oggi portano questo cognome (e sono tanti) discendono da donne e uomini che furono capaci di riacquistare la propria libertà. Poco prima di morire, infatti, Antonio Boggiano cedette le sue proprietà e l’intera sua manodopera, che divenne finalmente libera, assumendo il suo cognome.
Nella mostra Cristiano Berti presenta per la prima volta uno dei due alberi genealogici dei Boggiano. Questo, che traccia circa 300 discendenti, presenta al proprio apice i nomi di uomini e donne nati in Africa. Tre diversi stipiti sono collegati attraverso i matrimoni che coinvolsero la seconda generazione, quella dei Boggiano nati a Cuba (ossia creoli, secondo gli usi linguistici dell’epoca). Due di queste discendenze giungono fino ai nostri giorni, e l’ultima nascita registrata è del 2023. Solo una porzione del lavoro era già stata presentata in precedenza alla Biennale di Casablanca (2018) e alla Biennale dell’Avana (2024).
Berti (1967), artista visuale interdisciplinare, ricercatore e docente di comunicazione multimediale, lavora sui temi della migrazione e della discriminazione, dello sfruttamento sessuale e della criminalità. In questa mostra ha la capacità di rendere fortemente d’impatto un lavoro archivistico e fotografico che nasce come una ricerca, ma finisce per avere un impatto estetico che ben si inserisce nello spazio della galleria di Guido Costa.