Pittore, disegnatore, incisore, fotografo e scenografo, David Hockney (Bradford, Regno Unito, 1937) non ha mai smesso di sperimentare e di reinventarsi: da maestro di tutte le tecniche accademiche, oggi è un pioniere delle nuove tecnologie.
La Fondation Louis Vuitton accoglie, dal 9 aprile al primo settembre, 400 opere realizzate dal 1955 a oggi in un allestimento studiato appositamente dall’artista britannico e il suo assistente Jonathan Wilkinson, in collaborazione con il suo partner e responsabile dello studio, Jean-Pierre Gonçalves de Lima. La mostra si focalizza sugli ultimi 25 anni della sua carriera, senza però tralasciare le produzioni precedenti più rilevanti per offrire allo spettatore un quadro completo sui sette decenni di attività.
Come preambolo, al piano terra è esposta una collezione di opere risalenti al periodo tra anni Cinquanta e Settanta: dai primi lavori a Bradford («Ritratto di mio padre», 1955), poi a Londra, fino al lavoro in California. La piscina, tema emblematico, compare in «A Bigger Splash» (1967) e «Portrait of An Artist (Pool with Two Figures)» (1972). La serie dei doppi ritratti è rappresentata da due grandi dipinti: «Mr. and Mrs. Clark and Percy» (1970-71) e «Christopher Isherwood and Don Bachardy» (1968). Dagli anni Ottanta e Novanta, la natura gioca un ruolo sempre più centrale nel lavoro di Hockney, come si può vedere in «A Bigger Grand Canyon» (1998), prima che l’artista torni in Europa per continuare la sua esplorazione di paesaggi familiari.
Il cuore di «David Hockney, 25» è invece dedicato a questo quarto di secolo segnato da un costante rinnovamento dei suoi soggetti e delle sue modalità espressive. Tornato nello Yorkshire, l’artista ha riscoperto i paesaggi della sua infanzia, grazie anche a viaggi in Normandia e a Londra, e ha continuato a dipingere ritratti di persone a lui care, in acrilico o su iPad.
Nella sala più monumentale della Fondazione, una creazione polifonica musicale e visiva, in collaborazione con 59 Studio, avvolge i visitatori: amante dell’opera, Hockney ha deciso di reinterpretare il suo lavoro per il palcoscenico degli anni Settanta per riproporlo a Parigi in una modalità immersiva.