«Autoritratto rosso», di Gino Galli (particolare)

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«Autoritratto rosso», di Gino Galli (particolare)

La qualità e l’originalità di Gino Galli

Al Museo Laboratorio di Arte Contemporanea dell’Università di Roma «La Sapienza» l’antologica di un eccellente artista, ora quasi completamente dimenticato

È davvero raro che al giorno d’oggi si avverino contemporaneamente queste tre condizioni: un artista d’eccellenza, una figura quasi completamente dimenticata, una vita avventurosa ai limiti del thriller. È il caso di Gino Galli, pittore già pupillo e assistente di Giacomo Balla, per un decennio al centro del movimento futurista alla pari con i suoi maggiori esponenti, che all’improvviso scompare dalla scena artistica e cade nell’oblio.

Almeno fino a oggi, perché il paziente e rigoroso lavoro di individuazione e studio della sua opera (ma tantissimo c’è ancora da fare per ricostruirne il catalogo) da parte di Edoardo Sassi e Giulia Tulino ha portato alla sua riscoperta, con un’antologica da loro curata aperta fino al 6 maggio al Museo Laboratorio di Arte Contemporanea dell’Università di Roma «La Sapienza»: uno spazio che pur senza fascino è ottimamente diretto da Ilaria Schiaffini, docente di storia dell’arte contemporanea della stessa università, con mostre originali e di notevole livello.

Gino Galli si rivela un artista sorprendente, per la qualità della materia pittorica e per l’originalità della sua proposta, dagli esordi divisionisti che molto guardavano a Balla, alla stagione futurista, al ritorno all’ordine, come tanti, negli anni Venti del secolo scorso. Classe 1893, conosce il suo maestro tramite la madre, amica della suocera di Balla: la frequentazione con casa Balla è intima e precoce, risale almeno al 1910, quando Galli ha diciassette anni, come attesta una fotografia che lo ritrae insieme al maestro.

Nel 1914 espone all’«Esposizione libera Futurista Internazionale» alla galleria di Giuseppe Sprovieri, fucina romana di mostre, spettacoli e letture di poesie d’avanguardia sotto la direzione artistica di Luciano Folgore, a cui seguono, dopo aver preso parte alla Grande Guerra, anni di intensa attività nel gruppo futurista. Oltre alle mostre collettive, alla partecipazione, direzione e fondazione di varie testate, Galli nel 1919 inaugura la sua prima personale, a cui fa seguito una seconda alla fine dell’anno successivo, entrambe alla Casa d’Arte Bragaglia.

Protagonista di primo piano del Futurismo, nel 1922 rompe con Giuseppe Bottai a cui era molto vicino, e che nel 1936 diventerà ministro dell’Educazione nazionale. Poi, a partire dall’anno successivo, di fatto sparisce dalla ribalta, continua a dipingere (e lo farà per il resto della sua vita), ma non espone più in nessuna occasione pubblica, a parte dieci anni dopo nella «I Mostra Nazionale d’Arte Futurista». Di lui, misteriosamente, si perdono le tracce. Si possono avanzare varie ipotesi a riguardo, ma non c’è nulla di certo.

Di carattere chiuso e introspettivo, omosessuale, appassionato di occultismo, Galli fa probabile uso di morfina, per alleviare un’esistenza tormentata, funestata anche da problemi di salute. Diventa persino confidente dell’Ovra, la polizia politica segreta fascista, ed è in contatto con la rete spionistica di Bice Pupeschi, la Mata Hari nostrana amante del capo della polizia fascista, della quale in mostra c’è l’unico ritratto esistente, a pastello.

La mostra espone una quarantina di oli, qualche tempera, due pastelli e più di dieci disegni a matita e a china, oltre a foto, giornali e documenti vari, quasi tutto materiale inedito, da collezioni private, a parte un paesaggio del 1942 della Galleria Nazionale d’arte Moderna e Contemporanea e due oli futuristi del 1914 e 1916 della Fondazione Brescia Musei.

La qualità della sua pittura, fin dagli esordi, è davvero notevole: dai primi ritratti divisionisti, bellissimo quello della madre del 1910 molto vicino a Balla, alla sua personale via al Futurismo, tra dinamismo, astrazione e figura, al ritorno all’ordine nel clima del Realismo magico, con altri interessanti ritratti e nature morte, ai quadri erotici: i due in mostra, un uomo e una donna in atti di autoerotismo, sono eccezionali per formato e scabrosità del tema trattato senza veli (la tavola a olio del giovane è stata ritrovata da Sassi nascosta in una cantina, dietro un armadio, coperta da un pannello inchiodato sopra).

Fino ai tardi paesaggi con ruderi dai toni caldi e alle ultime opere, tra cui una «Madonna con Bambino» e una «Pianta e tende rosse e verdi», entrambe del 1941, di altissima qualità. Galli muore il 28 ottobre del 1944 a Firenze, neanche a dirlo in circostanze oscure, e viene dimenticato al punto che non sarà scontato per Sassi rintracciarne la tomba al Verano, di cui aveva solo vaghi riferimenti (viene guidato, come in un film, dalla musichetta proveniente da una cartolina sonora, caduta a terra proprio davanti alla tomba dell’artista).

Riunire per la prima volta in assoluto tante opere e documenti di Galli, averne con rigore ritessuto per quanto possibile la storia, aver provato a sciogliere gli enigmi della sua fragile ma creativamente potente personalità, rendono l’appassionata e rigorosa ricerca di Sassi e Tulino un tassello inedito e finora mancante della storia artistica del nostro primo Novecento. Catalogo De Luca Editori d’Arte.

«Autoritratto rosso», di Gino Galli (particolare)

Federico Castelli Gattinara, 24 marzo 2023 | © Riproduzione riservata

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