Dal 23 gennaio al 3 maggio, negli spazi di via Stradella 1 e 4 a Milano, la quinta mostra presso la Galleria Raffaella Cortese di Silvia Bächli (Baden, 1956), «Lines are telling stories», mette in relazione una selezione di opere create a partire dal 2006 con due serie più recenti, «Untitled» (2011) e «Spine 2» (2023), e le gouache su carta del ciclo «Farbfeld» (2022). Fedele alla sua poetica minimale, l’artista svizzera, che dalla fine degli anni Settanta ha incentrato la sua ricerca sullo sviluppo del disegno, continua l’indagine sul gesto, il colore e le sue molteplici varianti, la loro interazione e il loro rapporto sulla superficie, articolando un linguaggio di linee essenziali e composizioni astratte. Nello stesso periodo (dal 21 gennaio al 18 maggio), complice il fatto di aver approfondito negli ultimi anni il lavoro di Morandi, in particolare la relazione tra spazio e oggetti, l’autrice presenta proprio nel Museo bolognese intitolato al maestro un altro progetto espositivo. Si tratta di cinque lavori tratti dalla serie «Farbfeld», con campiture verticali e orizzontali, in dialogo con la palette unica e riconoscibile delle nature morte del periodo tardo del pittore.
A Barbara Bloom (Los Angeles, 1951), artista multimediale che si esprime utilizzando la fotografia, l’installazione, i filmati e la letteratura, è invece dedicato lo spazio di via Stradella 7. «Accord», la sua quarta personale in galleria, raccoglie un corpus di opere inedite realizzate appositamente per l’occasione, che riflettono sul concetto di «accordo» inteso come momento di convergenza per raggiungere un fine comune. L’esposizione si sviluppa attorno a immagini di luoghi storici in cui si sono stipulati patti, alleanze e tregue, ma anche momenti di elevazione culturale e collaborazioni simboliche. Si parte dal più antico trattato di pace documentato, siglato nel 1250 a.C. tra Egizi e Ittiti, per arrivare al Trattato di Versailles del 1919, che pose ufficialmente fine alla Prima guerra mondiale, e alle negoziazioni del 1993 che abolirono la politica di segregazione razziale istituita dal governo di etnia bianca del Sudafrica nel secondo dopoguerra. Fatti storici e immaginazione si mescolano nella pratica di Bloom che ipotizza, riuniti intorno a un tavolo da gioco, personaggi iconici e diversi tra loro come Gesù, Émile Zola, Nefertiti e la cantautrice britannica Amy Winehouse. Impegnati in un dialogo visionario, i protagonisti di questa estrosa narrazione sfidano i confini tra realtà e fantasia, suggerendo come l’accordo e l’armonia rimangano aspirazioni universali, anche nei contesti più improbabili.