Reggio Emilia inaugura la stagione natalizia con due mostre: «On Borders | Sui Confini», a Palazzo dei Musei fino al 23 marzo 2025, e «Encantadas», nel Palazzo da Mosto fino al 2 marzo 2025.
La prima, organizzata dall’associazione culturale Linea di Confine per la fotografia contemporanea e a cura di Ilaria Campioli, William Guerrieri e Monica Leoni racconta le indagini visive compiute negli anni 1990-2022, perlustrando il territorio in mutamento. Le opere fotografiche sono oltre 260, più quattro video, che provengono proprio dalla collezione di Linea di Confine, attualmente in deposito nella Fototeca della Biblioteca Panizzi di Reggio Emilia. L’associazione ha rappresentato a livello europeo una delle esperienze di indagine territoriale più significative e durevoli nel settore della committenza pubblica. La mostra, promossa dal Comune di Reggio Emilia, Musei Civici, Biblioteca Panizzi, è la prima esposizione in Italia della collezione di Linea di Confine, aggiornata con le opere prodotte fino al 2022. Fra i fotografi presenti: Guido Guidi, Olivo Barbieri, Walter Niedermayr, Paola De Pietri. Le opere esposte sono prodotte da 36 autori.
«Encantadas» di Davide Benati, a cura di Walter Guadagnini, ripercorre invece la produzione cinquantennale dell’artista grazie a una selezione di opere storiche e numerosi inediti. Per Benati, si tratta di un importante ritorno dopo le mostre ai Musei Civici (1992) e a Palazzo Magnani (2003). Riguardo alla selezione delle opere, tutte di grande formato su carta nepalese, l’artista rivela che «molte sono state dipinte nel mio nuovo studio in città, altre arrivano da prestiti di collezioni pubbliche e private, anche loro mai esposte o esposte tanto tempo fa». Nel saggio critico che accompagna la mostra (promossa dalla Fondazione Palazzo Magnani) Walter Guadagnini plaude all’utilizzo dell’acquerello «come tecnica pittorica privilegiata», sottolineando la capacità di Benati di individuare «immagini appartenenti a una memoria insieme personale e collettiva, restituite e rivisitate però come frammenti quasi irriconoscibili, ai limiti dell’astrazione».