Ritratto Tayou

Foto di Lorenzo Fiaschi

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Ritratto Tayou

Foto di Lorenzo Fiaschi

Pascale Marthine Tayou nell’oasi del Wwf

Prosegue con una mostra dell’artista camerunense il progetto Oca sull’Appennino pistoiese

Prosegue a un anno dal suo inizio il progetto Oca (Oasy Contemporary Art and Architecture) nell’oasi Dynamo del Wwf sull’Appennino pistoiese, nel comune di San Marcello Piteglio: un luogo al quale si accede solo attraversando a piedi il bosco, un tempo riserva di caccia della famiglia Orlando che, agli inizi del ’900, aveva fondato lo stabilimento della Smi, la Società Metallurgica Italiana. Recuperata nel 2006, la riserva, in cui vivono varietà di animali selvatici e specie di piante rare, accoglie ora una struttura di ecoturismo, cui si aggiungeranno, secondo il progetto di Emanuele Montibeller, opere d’arte e d’architettura. Un grande spazio espositivo, ex stalla, è già dal 2023 adibito a mostre: la prima era stata dedicata a Massimo Vitali, mentre quest’anno è la volta di Pascale Marthine Tayou con «Love Letter» (fino al 3 novembre) a cura di Marco Bazzini ed Emanuele Montibeller (catalogo Metilene edizioni con testi dei due curatori), grazie alla collaborazione con la Galleria Continua

Attivo tra Gand e Yaoundé, in Cameroun, Tayou, che ha scelto fin dagli anni Novanta due nomi femminili per sottolineare l’identità non statica, è artista di fama internazionale, sin dalla sua partecipazione Documenta 11 a Kassel (2002) e poi alle Biennali di Venezia (2005 e 2009). I lavori più iconici di Tayou (che ama definirsi «produttore» più che artista), realizzati in diverse forme e luoghi, sono le grandi sculture-installazioni con sacchetti di plastica colorata: proprio all’ingresso ci accoglie maestosa «Plastic Bags» (2001-24), in cui l’artista camerunese svolge, pur con effetti poetici, una meditazione sui danni dell’inquinamento del pianeta. Altro tema ricorrente, sempre svolto con materiali di riciclo, è quello dell’ibridazione dei materiali artigianali con altri propri invece della società dei consumi, come nelle serie delle «Poupée Pascale» o dei «Bantu Towels» con figure umane, piante e animali  che  sono installati nel grande spazio dell’ex stalla insieme ai «Chalk fresco», creati dall’unione di tanti gessetti colorati (con un effetto quasi da arazzo ma che al tempo stesso rimanda al tema della educazione), e alle «Colorful Stones» (2019), richiamando sempre le origini dell’artista, i suoi viaggi a contatto con altre culture e gli effetti della globalizzazione da cui nessuno è esente.

Due opere al neon sono state realizzate per la mostra: «Love from Dynamo» (2024) fa riferimento non solo al paesaggio che accoglie la mostra ma anche all’atto d’amore di chi nella vita «serve i valori umani», com’è la missione della «Dynamo Camp», centro che accoglie bambini malati oncologici con cui Oca condivide il confine. È in corso di realizzazione il percorso ad anello costellato di installazioni ambientali, pensato da Montibeller quale cammino esperienziale nella natura. L’estate prossima ci sarà il «Dynamo Pavillion» dell’architetto giapponese Kengo Kuma; seguirà «Il cerchio della partenza e dell’arrivo» a firma dell’architetto Michele De Lucchi e della poetessa Mariangela Gualtieri, poi l’installazione dell’architetto cileno Alejandro Aravena, l’«Omaggio a Jeorge Bergoglio» di Matteo Thun e «Oberton» di Stefano Boeri. Nei mesi successivi arriveranno le installazioni degli artisti Diana Scherer, Edoardo Tresoldi, Davide Quayola e fuse*.

Laura Lombardi, 08 luglio 2024 | © Riproduzione riservata

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Pascale Marthine Tayou nell’oasi del Wwf | Laura Lombardi

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