Francis Bacon, «Head VI», 1949. Arts Council Collection, Southbank Centre, London. © The Estate of Francis Bacon. All rights reserved, DACS/Artimage 2021. Photo: Prudence Cuming Associates Ltd

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Francis Bacon, «Head VI», 1949. Arts Council Collection, Southbank Centre, London. © The Estate of Francis Bacon. All rights reserved, DACS/Artimage 2021. Photo: Prudence Cuming Associates Ltd

Per Francis Bacon la natura dell’uomo è bestiale

Alla Royal Academy i 45 dipinti disposti in ordine cronologico fanno riflettere sulla relazione tra umanità e mondo animale

«Homo hominis lupus», scriveva Thomas Hobbes oltre quattro secoli fa. Un’espressione volta a descrivere la natura egoistica, profondamente animale dell’uomo, la cui esistenza è unicamente regolata dall’istinto di autoconservazione. Francis Bacon, il pittore irlandese noto per le sue figure distorte, spezzate, disarticolate, ne era assolutamente convinto: bestiale è la natura dell’essere umano e la civiltà non è altro che una farsa, un’impalcatura posticcia sotto cui ribollono impulsi brutali.

«Francis Bacon: Man and Beast», l’attesa mostra alla Royal Academy of Arts (dal 29 gennaio al 17 aprile; a cura di Michael Peppiatt, Sarah Lea e Anna Testar), riflette sulla relazione tra umanità e mondo animale nel lavoro di uno degli artisti più amati dal pubblico internazionale. 45 i dipinti esposti e disposti secondo un ordinamento cronologico, a partire dalle prime opere degli anni Trenta ai lavori ultimi, precedenti la morte dell’artista.

Il motivo del volto e della testa ha fornito a Bacon uno strumento fondamentale per l’esplorazione del rapporto uomo-animale: lo si nota nelle serie di sei «Heads» che realizzò in occasione della sua prima personale nel 1949, incorniciate dentro strutture a forma di cubo e le cui bocche ritorte e ringhiose nascono dallo studio di fotografie di scimpanzé.

Un anno dopo, in «Fragment of a Crucifixion», il pittore sostituirà la figura umana sulla croce con una testa di cane e una creatura simile a un gufo, inchiodando preda e predatore al medesimo asse: qui, la violenza di una pratica barbarica e prettamente umana quale la crocifissione si confonde con l’istinto a uccidere di una belva.

L’osservazione diretta e indiretta del mondo animale ispirerà ulteriormente la produzione dell’artista: dai viaggi in Sudafrica all’interesse nei confronti della fotografia naturalista, sino alle sequenze fotografiche di Muybridge, in grado di scomporre il movimento (umano e animale) in fotogrammi indipendenti, che Bacon studierà accanitamente.

Cuore della mostra, e manifestazione più diretta dell’incontro uomo-animale nell’opera dell’artista, è il trio della corrida, esposto qui per la prima volta nella sua interezza: dipinti alti due metri, viscerali, in cui il confine tra carne e pelle, violenza ed erotismo si fa labile e indistinto.

Completa il percorso di visita l’ultimo lavoro mai realizzato da Bacon: lo studio di un toro da collezione privata (1991), la cui silhouette emerge da un fondale astratto, metafisico, pronta ad attaccare.

Francis Bacon, «Head VI», 1949. Arts Council Collection, Southbank Centre, London. © The Estate of Francis Bacon. All rights reserved, DACS/Artimage 2021. Photo: Prudence Cuming Associates Ltd

Federico Florian, 25 gennaio 2022 | © Riproduzione riservata

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