«Signora in giallo» (1899), di Max Kurzweil (particolare). Vienna, Wien Museum. © Birgit e Peter Kainz, Wien Museum, 2023

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«Signora in giallo» (1899), di Max Kurzweil (particolare). Vienna, Wien Museum. © Birgit e Peter Kainz, Wien Museum, 2023

Secessione in tre atti con Klimt, Stuck e Liebermann

A fine Ottocento il vero rinnovamento avveniva a Monaco, Vienna e Berlino, e significava rinnovamento, separazione, volontà di mettere in atto un distacco formale ed espressivo da strutture e istituzioni ufficiali

Dal 23 giugno al 22 ottobre l’Alte Nationalgalerie ospita «Secessioni. Klimt, Stuck, Liebermann», che mette a confronto per la prima volta in un unico, grande, evento le tre Secessioni artistiche nate quasi contemporaneamente nelle tre metropoli di lingua tedesca di fine ’800: Monaco (1892), Vienna (1897) e Berlino (1899) coi loro grandi maestri. Nel mondo dell’arte dell’ultimo decennio del XIX secolo, all’alba del Modernismo, «secessione» significava anzitutto rinnovamento, separazione, volontà di mettere in atto un distacco formale ed espressivo da strutture e istituzioni ufficiali, come le accademie, dai loro circuiti espositivi e dai loro alfieri considerati ormai obsoleti.

Ma anche un rinnovamento comportamentale, nel contesto di un più ampio movimento di riforma dello stile di vita di artisti e comunità, lontano dalle rigide strutture sociali e dai canoni di convenienza del passato. I secessionisti, che erano spesso già stati affiliati ai movimenti artistici del Simbolismo, dell’Art nouveau e dell’Impressionismo, furono presentati per la prima volta alle apprezzate mostre della Secessione nelle tre città capitali: vi espressero un nuovo, del tutto inedito pluralismo estetico rivendicando ciascuno la propria individualità artistica.
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I loro nomi sono entrati nel mito: anzitutto Gustav Klimt, Franz von Stuck e Max Liebermann, poi, forse meno noti al grande pubblico ma non meno significativi, Lovis Corinth, Josef Engelhart, Hugo von Habermann, Emilie von Hallavanya, Thomas Theodor Heine, Dora Hitz, Josef Hoffmann, Max Klinger, Käthe Kollwitz, Max Kurzweil, Walter Leistikow, Sabine Lepsius, Elena Luksch-Makowsky, Carl Moll, Koloman Moser, Maria Slavona, Max Slevogt, Fritz von Uhde, Lesser Ury, Otto Wagner e Julie Wolfthorn, tra gli altri, accompagnati da ospiti internazionali del calibro di Ferdinand Hodler, Edvard Munch, Auguste Rodin, Giovanni Segantini e Jan Toorop.

La rassegna comprende circa 200 dipinti, sculture e opere grafiche di 80 nomi, molti di recente riscoperta, altri stranoti come il Klimt che campeggia nel titolo, per la prima volta protagonista a Berlino di una mostra di tale portata. L’operazione è stata resa possibile dalla collaborazione tra il museo berlinese e il Wien Museum (che ospiterà la mostra a maggio-ottobre 2024) che hanno curato a quattro mani il disegno di questa nelle persone di Ralph Gleis, direttore del primo, e Ursula Storch, vicedirettrice del secondo.

«Il diavolo» (1902-03), di Thomas Theodor Heine. © Staatliche Museen zu Berlin, Nationalgalerie / Andres Kilger

Francesca Petretto, 21 giugno 2023 | © Riproduzione riservata

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