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Stefano Luppi
Leggi i suoi articoliFrancesco Citti e Daniele Pellacani hanno delineato in «Per imagines. Classici latini e libri d’artista da Dürer a Picasso», fino al 5 ottobre al Museo Civico Medievale di Bologna l’influenza che i classici della letteratura latina hanno esercitato nello sviluppo della letteratura e dell’arte europee: l’angolo di visuale scelto sono i libri d’artista, visti come fusione di testo e immagine, esposti accanto ad antiche edizioni illustrate di tali classici. Il percorso è dunque «misto», composto da una ventina di preziosi pezzi e serie realizzata tra Quattro e Cinquecento e negli ultimi due secoli, e contempla ad esempio, di Fausto Melotti ed Ezra Pound, «Homage to Sextus Propertius» del 1976, un’acquaforte che moltiplica la tensione tra i versi e le sottili linee rarefatte dello scultore di Rovereto. A pochi passi una preziosa serie di venti acqueforti di Giacomo Manzù illustra le Georgiche di Virgilio ed è sempre il poeta romano al centro di «Virgile. Les Géorgiques», acquaforte del 1947 di André Dunoyer De Segonzac: in una successione di paesaggi ispirati alla campagna francese, le 119 tavole, in parte esposte, restituiscono lo sguardo di Virgilio su natura e attività umane.
Il percorso compresso in un’unica sala presenta anche, di Jacques Villon e Paul Valery, «Les Églogues de Virgile», in cui le litografie sono caratterizzate da ampie campiture di colore che, alternando lampi di colore a luci più scure, creano atmosfere di stampo cubista. Acqueforti di Max Klinger illustrano «Apuleius. Amor und Psyche», la favola di Amore e Psiche qui legata allo stile Jugendstil, mentre litografie di Alberto Savinio da «La nostra anima» propongono una dissacrante riscrittura psicoanalitica della favola di Apuleio con Cupido freudianamente trasformato in un fallo umano. Importantissima è la serie di xilografie «Vergilius cum commentarijs & figuris» del 1522 ispirata all’edizione strasburghese di Grüninger (1502), una sorta di commento visivo all’intera opera di Virgilio (l’esemplare in mostra fu proprietà dello scienziato Ulisse Aldrovandi così come lo sono gli esemplari esposti, parte di 140 disegni a penna e inchiostro, finalizzati a un progetto editoriale del 1492 che non vide mai la luce, che Albrecht Dürer realizzò per il «Publio Terenzio Afro» nella traduzione di Niccolò Machiavelli). È firmata Picasso la celebre acquaforte «Ovide. Les Métamorphoses» stampata a Losanna da Skira nel 1931: lo spagnolo qui reinterpreta 15 storie metamorfiche fra le più violente del poema ovidiano, da Polissena sgozzata sulla tomba di Achille a Filomela violentata. La mostra termina con lavori di Enrico Baj e Filippo De Pisis e altri recenti di Francesca Genna (Marsala, 1967) e Giulia Napoleone (Pescara, 1936).

Enrico Baj / Marco Valerio Marziale / Verona: Corubolo & Castiglioni, 1967 Acquaforte (es. 1/40). Collezione privata