Ci sono personalità fortunate a cui la Storia concede il beneficio di essere ricordate per il proprio lavoro più che per le loro origini. È il caso di alcuni giovani aspiranti artisti che cent’anni fa lasciavano il loro Paese per recarsi a Parigi, allora capitale indiscussa del mondo dell’arte. Squattrinati e spesso senza conoscere la lingua del posto, approdavano in una città che, all’alba del XX secolo, era abitata da un crescente antisemitismo e nazionalismo.
Tra questi giovani migranti si celavano nomi quali Marc Chagall, Piet Mondrian e Pablo Picasso (assieme a Natalia Goncarova, Man Ray, Constantin Brancusi, Sonia Delaunay, Amedeo Modigliani e molti altri).
Con l’esposizione «Chagall, Picasso, Mondrian e altri artisti migranti a Parigi» (dal 21 settembre al 2 febbraio), lo Stedelijk ha deciso di mettere in luce la storia di oltre 50 migranti di un secolo fa, diventati protagonisti della Storia dell’arte del Novecento.
Le opere in mostra provengono tutte dal fondo del museo, che per l’occasione sfoggia la sua importante collezione di opere di Chagall, presentata al pubblico per la prima volta dopo 70 anni.
La mostra si concentra anche su episodi meno noti: tra questi, le vicende legate agli artisti che si schierarono a favore della decolonizzazione denunciando il sacrificio delle truppe africane da parte della Francia durante la prima guerra mondiale, e lo sviluppo della comunità di artisti di colore, di cui la ballerina americana Joséphine Baker divenne uno dei simboli.