«Patti Smith, Villa Arconati» (1996) di Guido Harari

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«Patti Smith, Villa Arconati» (1996) di Guido Harari

Harari a Ferrara

Allestita a Palazzo dei Diamanti la retrospettiva del fotografo egiziano che ha immortalato le icone del nostro tempo

Inizia con la musica a tutto volume, entrando nella cameretta di un ragazzino degli anni Sessanta: poster, adesivi, pile di vinili, i libri di Kerouac e i volti dei miti del rock, i colori psichedelici, le note pompate e le parole che infiammano il corpo e l’immaginazione, promettendo emozioni forti e un mondo diverso. È la «coda della cometa» sospesa nel firmamento delle celebrities, alla quale si aggrappa un giovane appassionato di musica che poco dopo volerà proprio dentro quel mondo, per scriverne come critico musicale e, soprattutto, per catturarne le immagini, fino a diventare uno dei più noti fotografi di ritratto, anche a livello internazionale. Racconta cinque decenni di passioni e incontri l’ampia mostra dedicata a Guido Harari (Il Cairo, Egitto, 1952), che lui stesso ha concepito come un’antologica, quasi un autoritratto polifonico, costruito accompagnando le diverse sezioni con le sue stesse parole, in un incalzante percorso narrativo che attraversa i momenti salienti della sua storia e del suo processo creativo. 

Presentata fino al 1 ottobre dalla Fondazione Ferrara Arte e dal Servizio Musei d’Arte del Comune di Ferrara in collaborazione con Rjma Progetti culturali e Wall Of Sound Gallery con il contributo del Comune di Ancona, la mostra «Guido Harari. Incontri. 50 di fotografie e racconti», prima esposizione fotografica negli ultimi quarant’anni al Palazzo dei Diamanti, è un’immersione tra i volti e gli sguardi di molti dei grandi protagonisti della musica, della letteratura, del cinema, delle arti e dell’impegno civile. Una sequenza di pareti allestite come grandi quadrerie, con oltre 300 fotografie, installazioni e filmati originali, proiezioni e incursioni musicali, un set fotografico e incontri con l’autore. Stampati in un bianco e nero brillante e tagliente, o in policromie scaldate dalla luce, gli scatti di Harari si fissano prevalentemente sul ritratto; complice la distanza ravvicinata, assecondano la curiosità di conoscere il soggetto per catturare la vitalità e la passione, il lampo folle, o la tenerezza, l’ironia, o la seduzione, la sincerità, o la finzione. 

Fin dagli esordi, c’è molta musica, nei ritratti, spesso diventati copertine di dischi famosi, come Fabrizio De André, Bob Dylan, Vasco Rossi, Kate Bush, Paolo Conte, Lou Reed, Frank Zappa, Ute Lemper e Patti Smith, ma nel vasto repertorio di icone del nostro tempo, ci sono anche tanti maestri, punti di riferimento della cultura italiana, artisti, libere sperimentazioni dell’autore e persino un trittico un po’ mistico che accosta tre figure femminili diversissime e fondative: la coreografa Pina Bausch, la missionaria Madre Teresa di Calcutta e l’attivista Greta Thunberg. In un epilogo intimista,  che Harari definisce “fotografia senza macchina fotografica”, sono inseriti alcuni volumi da sfogliare con le biografie illustrate di Fabrizio De André, Fernanda Pivano, Mia Martini, Giorgio Gaber e Pier Paolo Pasolini. Incontri la cui intensità si traduce nell’interessante accostamento di visione e scrittura. Completa la mostra una sezione in progress intitolata «Occhidi Ferrara», costituita da ritratti realizzati dal fotografo nella Caverna Magica, uno spazio del Palazzo dei Diamanti, allestito come set fotografico. In occasione della mostra Rizzoli Lizard ha pubblicato Guido Harari. Remain In Light. 50 anni di fotografie e incontri, un ricco volume di 432 pagine con oltre 500 illustrazioni.

«Lucio Dalla. Bologna» (1996) di Guido Harari

Valeria Tassinari, 02 agosto 2023 | © Riproduzione riservata

Harari a Ferrara | Valeria Tassinari

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