Veduta della mostra «Amato di Iside» nell’Aula Ottagona della Domus Aurea a Roma. Al centro la scultura del faraone Tutmosi I, 1480 a. C., Torino, Museo Egizio

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Veduta della mostra «Amato di Iside» nell’Aula Ottagona della Domus Aurea a Roma. Al centro la scultura del faraone Tutmosi I, 1480 a. C., Torino, Museo Egizio

Nerone devoto a Iside nella Domus Aurea

Il sogno egizio di Roma illustrato da 150 oggetti esposti nella reggia che l’imperatore volle a imitazione dei palazzi dei Tolomei

Inaugurata oggi e aperta fino al 14 gennaio la mostra «L’Amato di Iside. Nerone, la Domus Aurea e l’Egitto» presenta il sogno egizio di Roma, illustrando i punti di contatto, e a volte la fusione, tra la civiltà del Nilo e quella del Tevere. Promossa dal Parco Archeologico del Colosseo, a cura di Alfonsina Russo, Francesca Guarneri, Stefano Borghini e Massimiliana Pozzi, l’esposizione dispiega negli ambienti della «Casa d’oro», la sontuosa reggia voluta da Nerone a imitazione proprio del Palazzo dei Tolomei di Alessandria d’Egitto, 150 tra sculture egizie e romane in marmo, bronzo e granito, gioielli in oro da Pompei, amuleti e strumenti rituali, tra sistri, situle e altari sacri.

L’Amato di Iside del titolo è proprio lui, l’imperatore Nerone, indotto a suicidarsi nel 68 d.C., non prima però di essersi espresso in azioni, di valore tanto religioso quanto politico, di omaggio alla cultura religiosa della civiltà delle piramidi e di assimilazione della concezione egizia di potere assoluto del sovrano.
Nel tempio di Dendera in Egitto, a corredo di un’immagine che lo rappresenta in un atto devozionale rivolto alla dea Iside, compare questa iscrizione: «Re dell’Alto e Basso Egitto, Signore delle Due Terre, Sovrano dei Sovrani, scelto di Ptah, amato di Iside».

Dea madre della fertilità e dei cicli eterni della vita, Iside fu assimilata infatti dalla cultura romana come divinità tra le tante altre, con tanto di santuari: a Roma, nei pressi del Pantheon venne realizzato il più grande dell’Impero, l’Iseo Campense (perché sito in Campo Marzio), e da quest’area provengono alcune delle sculture più pregiate della mostra, tra cui una statua del faraone Horemheb allattato da Hathor, in granito rosa del 1300 a.C., e simulacri, sempre in granito rosa, di coccodrilli, sfingi e leoni.

Una scultura raffigurante Nerone in veste di faraone, con attributi isiaci, proviene dal Museo Nazionale Romano. L’interesse per l’Egitto è d’altronde attestato da affreschi della stessa Domus Aurea, dove i recenti restauri del Grande Criptoportico (ora parte del percorso della mostra), hanno messo in luce soggetti pertinenti il culto isiaco.

Vicina ai culti isiaci era d’altronde la famiglia di Poppea Sabina, la seconda moglie di Nerone, e alessandrini erano, secondo studi portati avanti da Filippo Coarelli, anche gli architetti della Domus Aurea, Severo e Celere. Dopo Nerone, anche l’imperatore Domiziano fu devoto all’Egitto e a Iside, come testimoniano gli attributi di faraone del ritratto marmoreo proveniente dall’Iseo di Benevento.

D’altronde, come resistere a una dea definita «una quae est omnia», una che è tutto?  In mostra quindi anche un ritratto di sacerdote di Iside in marmo pario del I secolo a C., una raffinatissima statua di Iside del secolo successivo, proveniente dal Mann di Napoli, e, ancora dall’Iseo Campense, un altare isiaco con raffigurazione di Arpocrate. Costui era figlio di Iside ed è sempre rappresentato con un dito sul labbro, nel gesto del silenzio.

I Greci, e poi i Romani, lo interpretarono proprio come dio del Silenzio, ovvero emblema di quella segretezza, che doveva accompagnare il culto esoterico e misterico di una dea che rappresentava la totalità della vita.

Veduta della mostra «Amato di Iside» nell’Aula Ottagona della Domus Aurea a Roma. Al centro la scultura del faraone Tutmosi I, 1480 a. C., Torino, Museo Egizio

Guglielmo Gigliotti, 22 giugno 2023 | © Riproduzione riservata

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Nerone devoto a Iside nella Domus Aurea | Guglielmo Gigliotti

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