Affacciata a mezza costa sul Lago d’Orta e sull’isola di San Giulio, la casa seicentesca in cui Antonio Calderara (1903-78) visse dal 1953 fino alla morte, e dove ora si apre la Fondazione a lui intitolata, si mostra con la severa ed elegante semplicità di un convento. In quella sorta di eremo l’artista trovò il luogo ideale per raggiungere la concentrazione indispensabile alla sua pittura, immersa in un nitore pierfrancescano tanto nella stagione figurativa (dalla metà degli anni Venti fino al 1959), quanto dopo la svolta astratta.
Intrisi di una luce ferma, i suoi dipinti astratti lo pongono in dialogo con figure come Josef Albers e Max Bill, nella cui mostra «Konkrete Kunst» Calderara espose nel 1960, mentre nel 1968 era a Documenta a Kassel. Ora è il Masi a dedicargli sino al 22 gennaio 2017 l’esposizione «Antonio Calderara. Una luce senza ombre», a cura di Elio Schenini, in cui si rilegge il suo percorso dalle prime opere figurative fino agli scarni «Epigrammi» del 1978, affiancando a essi una scelta della sua collezione di opere di artisti amici, da Albers e Bill a Fontana, Manzoni, Dadamaino, Yves Klein, Morellet, Gianni Colombo.