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Francesca Petretto
Leggi i suoi articoliIl 6 gennaio scorso, l’avventuriero di poveri natali, cosmopolita, uomo d’affari, affascinante narratore e scrittore nonché archeologo dilettante più famoso di tutti i tempi, Heinrich Schliemann (1822-90) avrebbe compiuto 200 anni: occasione che i Musei Nazionali di Berlino hanno colto per celebrarne la vita e l’opera con una mostra divisa in due parti e sedi, James Simon Galerie e Neues Museum, intitolata «I mondi di Schliemann» (13 maggio-6 novembre) e organizzata dal Museum für Vor- und Frühgeschichte (Museo di Preistoria e Storia Antica) degli Staatliche Museen zu Berlin, a cura di Marion Bertram, Bernhard Heeb, Susanne Kuprella, Benjamin Wehry e Anton Gass.
Con più di 700 pezzi esposti la grande monografica, oltre che ai ritrovamenti dello Schliemann archeologo nei luoghi omerici tra la collina turca di Hissarlik e le mitiche tappe greche di Micene e Tirinto, si dedica per la prima volta all’Heinrich meno noto, nato a Neubukow, nel Meclemburgo, figlio di un pastore protestante, capace, partendo dal nulla, di entrare nell’Olimpo delle arti e delle scienze.
Il suo mito continua a vivere ancora oggi grazie ai favolosi tesori che riportò alla luce, presenti in alcuni musei del mondo, al suo celebre libro La scoperta di Troia (1875), e per gli oltre 50mila documenti, oggi conservati nella Biblioteca Gennadios di Atene, diari e altre scritture e atti di viaggio, lettere, fotografie, fatture e pubblicazioni nelle oltre venti lingue che, dotatissimo poliglotta, padroneggiava.
Schliemann fu insomma molto più che lo scopritore di Troia: vantando un’affascinante biografia, una sorta di Odissea ottocentesca che lo vide vestire, assai ispirato e senza scrupoli, i panni di un moderno Ulisse, Heinrich, pur cercando la fama in una patria avara a riconoscergli i giusti meriti, non fu mai domo nella sua ricerca, nei viaggi sulle tracce degli antichi miti omerici a lungo dimenticati.
Un piccolo uomo capace di diventare un gigante: cercatore d’oro in America, fattorino ad Amsterdam e ricco commerciante a San Pietroburgo, impelagato nell’organizzazione della guerra di Crimea, tra i primi a visitare a lungo la Cina, l’India e il Giappone, tornò infine in Europa, ricco di meriti, esperienze e denari, per studiare alla Sorbona e potersi laureare a Rostock e infine dedicarsi, nei luoghi del cuore tra l’Italia, la Grecia e la Turchia, alla sua grande passione, l’archeologia, seguendo i racconti del passato letti in lingua originale per campagne di scavo condotte con successo grazie a geniali intuizioni pur senza l’adeguata conoscenza scientifica e senza metodo.
Oggi la sua collezione di antichità troiane costituisce uno dei fondi più importanti del Museo di Preistoria e Storia Antica di Berlino; solo i gioielli del Tesoro di Priamo sono conservati al Museo Pushkin di Mosca. Insieme ai reperti dalle collezioni dei Musei di Berlino (Etnologico, di Arte Asiatica e delle Arti Decorative, Collezione Numismatica, Biblioteca d’Arte, Collezione di Antichità Classiche e Museo Egizio) completano la mostra, tra gli altri, i prestiti del Museo Nazionale di Atene, dalle cosiddette tombe reali di Micene e i frammenti delle pitture murali di Tirinto.

Applique d’oro con farfalla incisa, da Micene, Tomba rotonda A, Tomba a pozzo III © Museo Archeologico Nazionale di Atene, Ministero greco della Cultura e dello Sport, organizzazione ellenica per la gestione e lo sviluppo delle risorse culturali