Cristiana Perrella annuncia la nuova programmazione di mostre al Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci da lei diretto con appuntamenti tesi a indagare le «forze sismiche della contemporaneità», che solo l’arte può sviscerare e registrare compiutamente. Forte la presenza dello scenario italiano, con nomi quali Eva Marisaldi (fino all’8 dicembre con l’installazione «Untitled» del 1999 e altre opere in dialogo), Fabio Mauri (12 dicembre-27 gennaio) Francesco Vezzoli, Gio Ponti, Martino Gamper (progetto di Vezzoli nel febbraio 2020), Simone Forti (giugno), Sister Corita Kent (sempre a giugno) e Chiara Fumai (settembre).
Si inizia con Luca Vitone e Marco Rizzi, che dall’8 novembre al 2 febbraio presentano i loro progetti vincitori della quarta edizione del bando Italian Council del Mibac. «Romanistan» di Luca Vitone ha come fulcro il racconto del viaggio compiuto percorrendo a ritroso da Bologna a Chandigar, il cammino di Rom e Sinti dall’India nordoccidentale fino all’Italia (migrazione, avvenuta tra l’VIII e il XIV secolo); sei lavori sono concepiti e prodotti per la mostra del Pecci (opere postali, fotografie, cartografie, video, un diario di viaggio di Daniele Caspar e tre sculture in bronzo), mentre altri sei sono di repertorio, rivelando l’interesse dell’artista per la cultura romaní, affrontato già dagli anni ’90.
Il progetto di Mario Rizzi, «Bayt» («casa» in arabo) è costituito invece da una trilogia di film, «Al Intithar», 2013, «Kauter», 2014 e «The Little Lantern» (quest’ultimo prodotto proprio grazie all’Italian Council) che ruotano intorno a temi quali l’identità femminile, il concetto di casa e di sradicamento, il dualismo tra innovazione e conservazione.
Cristina Perrella propone inoltre il primo di una serie di riallestimenti della collezione che permettono al pubblico di fruire di opere della collezione incentrate intorno a nuclei tematici. La formula scelta è una mostra di lunga durata affidata a un guest curator il quale, insieme al responsabile delle collezioni Stefano Pezzato, pone in dialogo opere del museo con quelle di importanti collezioni private e pubbliche.
Per «The missing Planet. Visioni e revisioni dei tempi sovietici» dall’8 novembre fino al 3 maggio, Marco Scotini (primo curatore invitato) attinge così al vasto corpus di opere acquisite nella collezione del Centro Pecci in occasione delle mostre «Artisti russi contemporanei» nel 1990, «Progressive Nostalgia» nel 2007 e «La fine del mondo» nel 2016, per rivolgersi allo scenario artistico delle ex repubbliche sovietiche, dalla Russia alle province baltiche, caucasiche e centroasiatiche, dagli anni ’70 ad oggi. Il progetto dell’allestimento è dell’artista Can Altay (Ankara, 1975). La mostra comprende inoltre un programma di performance a cura di Camilla Mozzato.