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«Falling, lovely and beautiful» (2018) di Latifa Echakhch. Foto di Tom Callemin, Cortesia l’artista, Dvir Gallery, Tel Aviv e Bruxelles; Kamel Mennour, Parigi e Londra; kaufmann repetto, Milano e New York; Eva Presenhuber, Zurigo e New York

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«Falling, lovely and beautiful» (2018) di Latifa Echakhch. Foto di Tom Callemin, Cortesia l’artista, Dvir Gallery, Tel Aviv e Bruxelles; Kamel Mennour, Parigi e Londra; kaufmann repetto, Milano e New York; Eva Presenhuber, Zurigo e New York

Un nuovo lavoro di Latifa Echakhch

Alla Fondazione Memmo l’artista ripercorre la sua ricerca degli ultimi anni

Silvano Manganaro

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«Romance» è una mostra aperta dal 3 maggio al 27 ottobre alla Fondazione Memmo, in cui l’artista franco-marocchina Latifa Echakhch (1974, in Italia lavora con la galleria milanese kaufmann repetto) propone un lavoro nel quale si rintracciano i diversi indirizzi che hanno contraddistinto la sua ricerca negli ultimi anni: il giardino romantico, gli oggetti in disuso, la stratificazione temporale. Sono tematiche che hanno in Roma la cornice ideale.

Com’è nato il progetto alla Fondazione Memmo?

Da una telefonata che ho ricevuto da Francesco Stocchi [curatore della mostra] che mi ha illustrato la particolare cornice dei progetti della Fondazione e le sue alte aspettative. Il lavoro, mi ha detto, doveva avere un collegamento con il luogo espositivo e con la specificità delle realtà artigianali in città. La Fondazione ha organizzato per me incontri con un pittore, un maestro di marionette… È stato così interessante avere la possibilità di conoscere queste tecniche! Mi sarebbe piaciuto sviluppare un progetto dall’inizio e fare in modo che fosse un punto di partenza per una nuova concezione del mio lavoro, più che un lavoro fatto in uno spazio espositivo.

Chi ha deciso il titolo? La parola «Romance» può essere interpretata in modi diversi...
Il titolo «Romance» è una mia idea e mi è sembrato, in qualche modo, lampante. Innanzitutto perché comincia con la parola Roma, anche se proviene da una diversa etimologia. «Romance» suona naïf, emotivo, narrativo, ma è un termine che spesso viene anche letto come un’opposizione a progresso o modernità. È esattamente questo il punto in cui si colloca il mio interesse, quello che facciamo quando siamo a metà tra sentimento e costruzione.

Come le è sembrata Roma? Che cosa le è risultato inaspettato?

Roma è un paradosso, ogni dettaglio ti porta in diverse direzioni. Non sono una grande specialista, ma chi può esserlo! È una città così vasta e densa di stratificazioni storiche, e tutti questi strati collassano… Pensare al passato è una storia infinita, e anche pensare al futuro potrebbe esserlo.

Nelle Scuderie di Palazzo Ruspoli propone anche lavori meno recenti?

Presento solo dei nuovi lavori realizzati sul luogo. Si tratta di una costruzione in cemento legata alla tradizione rocaille e grottesca, con finte rocce e finti alberi. Queste nuove opere hanno a che fare con la mia idea di passeggiata romantica, di giardino e di ricordi. Ma anche con il fatto di come la banalità dell’oggetto quotidiano potrebbe contaminare queste proiezioni e quindi giocare con diversi strati di storie diverse.

«Falling, lovely and beautiful» (2018) di Latifa Echakhch. Foto di Tom Callemin, Cortesia l’artista, Dvir Gallery, Tel Aviv e Bruxelles; Kamel Mennour, Parigi e Londra; kaufmann repetto, Milano e New York; Eva Presenhuber, Zurigo e New York

Silvano Manganaro, 02 maggio 2019 | © Riproduzione riservata

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