Dal 7 ottobre, Giornata del Contemporaneo, fino al 18 novembre, il Museo di Archeologia dell’Università di Pavia si anima di un popolo di figure sottili ed enigmatiche, prive come sono di volto e di ogni attributo che le possa collocare in un tempo della storia, che entrano in dialogo con i reperti di questa antica istituzione, fondata nel 1819 e ospitata nella Crociera del quattrocentesco Ospedale San Matteo, ricca di un patrimonio che copre un arco vastissimo di tempo e di spazio.
L’autore di quelle figure è Alex Pinna, artista e docente a Brera; «Time» il titolo della mostra, curata da Vittorio Schieroni, da Anna L. Magrassi Matricardi, curatrice del Museo, e da Paolo Campiglio, docente dell’Ateneo, all’interno del progetto «Incontri d’arte», avviati dal museo nel 2018 per mettere a disposizione della creatività contemporanea il patrimonio di storia, di cultura e d’arte che custodisce.
Il percorso si dipana per via di analogie e affinità ed è frutto delle lunghe visite dell’artista al museo, durante le quali, come afferma lui stesso, «si è rinforzata la mia convinzione che l’arte sia tutta contemporanea». È singolare, infatti, la scintilla che scaturisce dall’incontro di questa sua umanità filiforme (per alcuni versi affine a certe sculture votive etrusche, come la cosiddetta «Ombra della sera») fatta di uomini e donne dall’apparenza di foglia o di ginnasti, il cui stare al mondo appare al tempo stesso fragile e precario ma tenace e «resistente».
Un’umanità in cui ognuno di noi, oggi (ma forse sempre) si può riconoscere. Figure solitarie, le sue, oppure unite in dialoghi bisbigliati, che sono realizzate con tecniche diverse, dalla fusione in bronzo alla resina bianca, alla corda annodata. Qui, come ci dice l’artista, sono esposte «non accanto ma insieme ai reperti archeologici. Con grande generosità, infatti, al museo mi hanno aperto le vetrine: ne sono stato felice ma devo ammettere che intrecciare un dialogo così ravvicinato con i reperti ha rappresentato per me un momento di verifica rischioso. Ho anche capito, però, che l’idea della figurazione va al di là della “figura” stessa, e che anche quando c’è una distanza temporale enorme, il dialogo è comunque possibile».
Il confronto fra le sue sculture e quelle archeologiche funziona infatti perfettamente: merito anche della qualità esecutiva dei bronzi di Alex Pinna, che ammette tuttavia il suo stupore di fronte alla raffinatezza della fusione di quegli antichi artefatti. La mostra si chiude nella Biblioteca di Storia dell’Arte dell’Ateneo, dove sono esposti i disegni e gli schizzi, che offrono anche l’occasione di visitare il Salone dell’antica Biblioteca da poco restaurato.