Gloria Gatti
Leggi i suoi articoliL’elaborazione condivisa di un decalogo preformulato contenente la casistica «standard» da monitorare, nell’ottica di collaborazione attiva, simile a quello predisposto per l’acquisto sicuro dal Nucleo Carabinieri Tutela del Patrimonio Culturale, potrebbe rappresentare un utile supporto per gli operatori dell’arte che devono ottemperare alle previsioni della normativa sull’antiriciclaggio.
Un’ipotesi di lavoro, questa, che nasce da una nostra riflessione a seguito del confronto fra l’Uif (Unità di Informazione Finanziaria per l’Italia), i professionisti del diritto e il mondo dell’arte. L’ultima occasione è stato un seminario organizzato dall’Uif, nel novembre scorso, proprio su «La disciplina Aml (Anti Money Laundering) applicabile alle case d’asta, gallerie d’arte e antiquari»,che soggiacciono appunto alle normative antiriciclaggio.
Sugli operatori, come è noto, gravano tre obblighi fondamentali: l’identificazione del cliente e «l’adeguata verifica della sua operatività»; la registrazione delle operazioni (oltre la soglia dei 10mila euro); la segnalazione di operazioni sospette.
Ciascun operatore deve effettuare una valutazione complessiva della propria esposizione al rischio di riciclaggio (la cosiddetta autovalutazione), un’attività che si sostanzia nel definire una propria disciplina, elaborare un KYC (Know Your Customer, un insieme di procedure per acquisire dati certi sull’identità dei propri clienti) e conservare traccia delle analisi condotte (anche una semplice analisi dei profili social o dei risultati dei motori di ricerca). Si tratta di norme ineludibili ma che, secondo gli operatori, si sono rivelate finora gravose da rispettare nella pratica quotidiana e che richiedono quindi nuovi strumenti per facilitarne l’applicazione.
Una particolare attenzione deve essere prestata alla vendita di beni di rilievo archeologico o storico (per l’eventuale provenienza delittuosa o la violazione di divieti di vendita o di espatrio), ai beni provenienti da zone coinvolte in conflitti bellici o in attività terroristiche, ai beni che provengono da porti franchi, zone fiscali libere o territori non cooperativi, ai beni immateriali o virtuali e a oro e gioielli, in base alla legge 7/2000.
Fra le situazioni «sospette» evidenziate dalla Guardia di Finanza e frutto delle sue rilevazioni, rientra l’assenza di corrispondenza tra il Paese in cui ha sede o residenza il cliente che procede alla vendita o all’acquisto e quello in cui è radicato il relativo rapporto bancario dal quale giungono o cui sono destinate le somme, ma anche, il caso «comune» di un’aggiudicazione a un prezzo molto distante dalla stima.
Potenzialmente sospette, inoltre, sono le operazioni nelle quali sono coinvolte persone di età superiore a 80 anni (quali acquirenti) o inferiore a 30 anni (quali venditori) o, ancora, la vendita di un’opera che non rientra nella specializzazione della casa d’asta. Il caso specifico esaminato dalla Guardia di Finanza riguardava un’opera di Canaletto e un intermediario non attivo nel mercato degli Old Master.
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