James Bradburne

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Bradburne: i miei prossimi quattro anni a Brera

Illustrate le linee generali dei programmi futuri, il nodo centrale resta Palazzo Citterio. «Inaugurazione presumibilmente a inizio 2021»

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Ada Masoero

Giornalista e critico d’arte Leggi i suoi articoli

Milano. Il 28 settembre, a due giorni soltanto dalla scadenza del primo mandato, James Bradburne è stato riconfermato per altri quattro anni direttore della Pinacoteca di Brera dal neoministro Dario Franceschini, che lo aveva insediato nel 2015. Una conferma molto attesa in città, approvata anche dal sindaco Giuseppe Sala e dell’assessore alla Cultura Filippo Del Corno, che a Brera è ormai di casa, grazie alla relazione sempre più stretta instaurata negli ultimi quattro anni tra il direttore anglocanadese e l’Amministrazione civica.

Ad annunciare la notizia ai milanesi, il 30 settembre, in una conferenza intitolata «Ascolta il tuo cuore, città!» (parafrasi del titolo del famoso libro di Alberto Savinio) sono stati gli stessi James Bradburne e Filippo Del Corno.

Visibilmente provato ma sollevato, Bradburne che durante un’estate burrascosa, all’inizio di agosto, aveva annunciato («con profonda tristezza») le sue dimissioni dall’incarico per i dissidi con la Soprintendenza sul recupero di Palazzo Citterio, per gli effetti della riforma Bonisoli, che avrebbe sottratto ai «superdirettori» molta parte dell’indipendenza concessa dalla riforma Franceschini e, non ultimo, per la difficoltà di comunicare con l’allora ministro, ha finalmente avuto la certezza di poter portare avanti il suo progetto.

Ma proprio Alberto Bonisoli, con un discreto colpo di scena, il 12 agosto (in piena crisi di Governo) aveva annunciato il suo ok al progetto di Bradburne per Palazzo Citterio, scongiurando così le dimissioni del direttore.

I programmi per i prossimi quattro anni? Per ora poco si sa, se non che si continuerà sulla rotta dell’accessibilità e dell’accoglienza, aperta con grande successo nel primo mandato, nonché sulla connessione con la città, perché «lo scopo primario di un museo è servire la propria comunità», ribadisce Bradburne.

Si apre perciò un dialogo con l’Ospedale Buzzi («a ogni neonato daremo un “passaporto per la cultura” e due biglietti d’ingresso ai genitori») e con Vidas («a chi, da altre città, accompagna i malati oncologici a Milano, una visita alla Pinacoteca può offrire serenità»), e si consolida il rapporto con l’Accademia di Brera («sono finiti gli anni terribili del disaccordo»), mentre prosegue il progetto «Brera/Musica» che ha richiamato un nuovo pubblico e ha contribuito a portare Brera nel mondo, al pari delle mostre itineranti realizzate con le più importanti opere dei depositi.

In Pinacoteca continuerà la politica di non organizzare mostre temporanee ma «dialoghi» fra i capolavori braidensi e una o più opere di altri musei («sicuramente nel 2020 ci sarà un dialogo su Raffaello, poi uno su Artemisia e Orazio Gentileschi e forse un altro») e si punterà ancora sui restauri delle proprie opere. Proseguirà anche l’impegno di riportare alla luce l’operato dei suoi predecessori («dopo i libri di Russoli, Modigliani, Wittgens, uscirà presto l’autobiografia di Gian Alberto Dell’Acqua», ha annunciato Bradburne), tutti «colpiti da un incomprensibile oblio».

Molti i progetti di acquisizioni e catalogazioni anche per la Biblioteca Braidense, che fa capo anch’essa a Bradburne e, fra i progetti strutturali, ci sono la riqualificazione dell’ingresso laterale, un ascensore per l’Osservatorio e la nuova illuminazione.

Il nodo centrale resta però Palazzo Citterio: «noi siamo pronti, ha dichiarato Bradburne. Se il ministro Franceschini confermerà la decisione del suo predecessore, dovremo solo attendere i tempi tecnici delle gare. Una data per l’inaugurazione? Presumibilmente, sarà inizio o primavera 2021, salvo ricorsi e intoppi al momento imprevedibili. E Palazzo Citterio non diventerà un secondo Museo del Novecento (ce n’è già uno eccellente a Milano), bensì la “casa del collezionismo milanese”, grazie all’esposizione delle raccolte Jesi, Vitali e Mattioli e, spero, di un paio di opere della raccolta Jucker (di proprietà del Museo del Novecento, ndr), ma anche grazie al Centro per il collezionismo dell’arte contemporanea, che troverà spazio all’ultimo piano». Resta però aperto il grave problema dell’organico insufficiente.

C’è poi un personalissimo sogno di Bradburne: la passerella di vetro, assai discussa in città, che, scavalcando l’Orto Botanico, congiunga il Palazzo di Brera con Palazzo Citterio. Ma chissà che anche questo progetto non vada in porto: in fondo, chi avrebbe scommesso che in quattro anni James Bradburne («grazie allo straordinario staff di Brera», precisa lui) avrebbe portato a conclusione il riallestimento di tutte le 38 sale della Pinacoteca?

James Bradburne

Ada Masoero, 02 ottobre 2019 | © Riproduzione riservata

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