Siamo nell’Antropocene, vale a dire: stiamo distruggendo il nostro pianeta. Ce lo ripetono scienziati e ricercatori, lo urlano le proteste giovanili in piazza e da qualche anno lo sottolineano anche gli artisti. Nello specifico il fotografo internazionale Edward Burtynsky e i documentaristi Jennifer Baichwal e Nicholas de Pencier con una mostra al MAST intitolata «Anthropocene», curata da Urs Stahel, Sophie Hackett e Andrea Kunard e organizzata dalla Art Gallery of Ontario e dal Canadian Photography Institute della National Gallery of Canada in partnership con l’istituzione bolognese.
Dopo aver debuttato in Canada lo scorso settembre, l’esposizione arriva per la prima volta in Europa negli spazi della Fondazione bolognese dal 16 maggio al 22 settembre. Il progetto nasce dalla collaborazione quadriennale dei tre autori e si basa sul lavoro dell’Anthropocene Working Group, un gruppo internazionale di scienziati impegnato a dimostrare come l’uomo sia diventato la forza più potente in natura, in grado di modificare con le proprie azioni il corso delle ere geologiche.
«Attraverso la forza essenziale delle sue immagini, il lavoro di Burtynsky documenta questo proliferare di eventi a danno della natura», spiega Urs Stahel, e nella mostra è accostato al materiale filmico della Baichwal e de Pencier, «caratterizzato da inquadrature e tagli che si fondono con l’effetto coinvolgente e crudo delle immagini al rallentatore».
L’effetto è immersivo e catalizzante, un’esplorazione tristemente spettacolare di ciò che stiamo facendo al pianeta. La distruzione della barriera corallina, la discarica di Dandora in Kenya, la costruzione del tunnel ferroviario più lungo della Svizzera, le barriere frangiflutti edificate di fronte a gran parte delle coste cinesi, la deforestazione e gli effetti dell’innalzamento delle temperature sono solo alcuni degli eventi su cui le immagini si soffermano.
Trentacinque fotografie, quattro enormi murales realizzati con sofisticate tecnologie che permettono una resa precisissima dei dettagli, alcune videoinstallazioni (alle quali gli spettatori possono accedere mediante Avara, un’applicazione scaricabile gratuitamente) e tre installazioni di realtà aumentata: nell’insieme un gigantesco progetto multimediale che combina arte, cinema, tecnologie all’avanguardia e ricerca scientifica, con lo scopo di fornire una chiave di comprensione della portata catastrofica del fenomeno.
Parte integrante dell’esposizione è anche il docufilm «Anthropocene: The Human Epoch», codiretto dai tre artisti che hanno utilizzato un approccio esperienziale e non didattico per fornire una provocatoria visione dell’era geologica dell’uomo.