Benitha Perciyal, «The Fires of Faith 2», 2014. Cortesia dell'artista e Nature Morte

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Benitha Perciyal, «The Fires of Faith 2», 2014. Cortesia dell'artista e Nature Morte

Hub India | Tracciando la rotta indiana ad Artissima

L’India fa sentire la sua presenza a Torino con una mostra divisa tra Artissima, Mao, Palazzo Madama e Accademia Albertina

Nel suo 75esimo anno di indipendenza l’India cavalca polarità estreme e vertiginose molteplicità della sua identità di nazione postcoloniale, così come il fatto di essere una delle maggiori potenze emergenti a livello globale. La sua forma e il suo pensiero caleidoscopici, le diversità regionali e le tradizioni culturali fanno sì che ogni angolo del territorio geografico abbia diverse specificità.

Questa diversità è ciò che rende l’India infinitamente interessante e difficile da definire. Anche all’interno delle province esistono sfumature diverse nell’approccio all’arte tradizionale e al folclore che vengono poi trasposte in pensiero ed espressioni contemporanee. Affrontare la comprensione geopolitica del subcontinente indiano attraverso le lenti dell’arte può risultare strabiliante, visti i molteplici filoni della storia e della memoria che si intrecciano attraverso il subcontinente.

In India e nelle filosofie orientali i concetti di tempo e prospettiva vengono vissuti in una sequenza diversa: il tempo nell’Estremo Oriente viene percepito come ciclico e non in modo lineare come in Occidente. Questa visione non solo riflette l’idea di rinascita, ma spiega la simultaneità nella sua presentazione, si pensi alle strutture narrative delle miniature e degli affreschi.

Nell’antichità e nel Medioevo la narrazione simultanea veniva espressa attraverso l’arte e ora viene percepita come una realtà vissuta nell’era globale contemporanea grazie al multimediale che consente di «esistere» simultaneamente in tempi e luoghi diversi. Il concetto di simultaneità nell’antichità e nel Medioevo era solo accennato, mentre nella nostra contemporaneità è una realtà vissuta. Come si può quindi presentare un’arte il cui arco cronologico va dal 3300 a.C., con le espressioni artistiche della civiltà della valle dell’Indo, fino alla modernità e contemporaneità nel 2021?

«Hub India», a cura di Myna Mukherjee e Davide Quadrio in collaborazione con Artissima, la fiera internazionale d’arte contemporanea di Torino, è un progetto sfaccettato che affronta alcuni di questi temi: «Attraversando il Rubicone culturale tra arte moderna e contemporanea, questi progetti espositivi rifiutano l’attitudine colonialista del progresso lineare, usando piuttosto la tradizione come mezzo di innovazione in una rinascita continua» spiegano Mukherjee e Quadrio.

Nel processo di allestimento, il duo curatoriale ha individuato varie gallerie e il Kiran Nadar Museum of Art KNMA per procedere alla selezione delle opere in modo attento e intenzionalemnte variegato. Sebbene ci siano nomi preminenti che hanno dominato la scena artistica indiana, era giunto il momento di introdurre volti nuovi e nuove identità.

Questa è la ragione per cui la selezione del team curatoriale, avvenuta nel corso degli ultimi due anni, comprende un gruppo variegato di artisti di diversa provenienza che affronta le questioni sollevate dal grande appuntamento di Artissima. «Maximum Minimum», una mostra allestita in uno spazio dedicato della fiera, è parte di un grande progetto con diverse declinazioni. Il progetto ha diversi partner, inclusi l’Indian Council for Cultural Relations (ICCR) e l’Italian Council.

Al di fuori della fiera c’è «Classical Radical», una mostra tripartita fra Museo d’Arte Orientale, Palazzo Madama e Accademia Albertina. All’Accademia Albertina sarà presentato in prima visione «Sama», lungometraggio di Myna Mukherjee e Davide Quadrio, diretto in India da Onir e scritto da Alessandra Galletta, che attraverso una moltitudine di voci esplora il mondo dell’arte contemporanea e dell’artigianato nel subcontinente indiano e in Italia.

«Maximum Minimum» (negli spazi di Artissima) è una ricognizione delle gallerie, delle istituzioni e degli artisti attivi e offre una veduta d’insieme della sorprendente cultura visiva che rispecchia le innumerevoli polarità, contraddizioni e dualità che compongono l’India. Dall’antico spiritualismo del Paese al suo moderno materialismo, dal passato coloniale alla crescente centralità nell’economia globale e alla rapida urbanizzazione, dal dogma alla tecnologia, dal marginale al mainstream, dai monumenti storici all’architettura contemporanea, dal normativo al radicale, il progetto espositivo presenterà una miriade di storie e rappresentazioni del subcontinente.

«Hub India è un progetto ambizioso volto a illustrare gli innumerevoli filoni che caratterizzano l’arte contemporanea del subcontinente indiano coinvolgendo oltre 65 artisti di diverse generazioni, progettando mostre che intrecciano pratiche consolidate ed emergenti e rivolgendosi al nuovo pubblico del mondo occidentale. Si tratta di uno sforzo straordinario da parte dei curatori, degli artisti coinvolti, degli sponsor e dei partner, uniti per raggiungere l’obiettivo: presentare il fertile, peculiare e assolutamente unico panorama artistico contemporaneo indiano, organizzandolo nelle due grandi tematiche “Classical Radical” e “Maximum Minimum”» spiega Kiran Nadar, presidente del KNMA, l’importante museo privato con sede a Delhi e a Noida che sostiene il progetto.

«Sono lieto di apprendere che Hub India organizzerà molte mostre significative di artisti e pittori indiani. Questa è un’occasione straordinaria per mostrare l’incredibile ampiezza del mondo dell’arte indiano» aggiunge Dinesh Patnaik, DG, ICCR, altro importante sostenitore in rappresentanza del Governo indiano.
Le gallerie di «Maximum Minimum» sono Nature Morte (con Bharti Kher, Tanya Goel, Mona Rai, Ayesha Singh, Martand Khosla, Parul Gupta e Raghava KK), Gallery Espace (con Dilip Chobsia, Puneet Kaushik, Shambhavi, GR Iranna), Emami Art (con Bholanath Rudra, Arpita Akhanda, Prasanta Sahu, Ravinder Reddy, Maksud Ali Mondal, Bose Krishnamachari e Jogen Chowdhury), Akar Prakar (con Jayshree Chakravarty, Manish Pushkale, Piyali Sadhukhan, Ganesh Haloi), Art Alive (con Teja Gavankar, Ghana Shyam Latua e Chandrashekar Koteshwar), Latitude 28 (con Niyeti Chadha Kannal, Sudipta Das, Noor Ali Chagani, Chandan Bez Baruah e Rahul Kumar), Shrine Empire (con Sangita Maity, Neerja Kothari, Samanta Batra Mehta, Divya Singh, Tayeba Begum Lipi).

Le artiste Bharti Kher e Tanya Goel sono entrambe rappresentate dalla galleria Nature Morte e lavorano con simboli della cultura indiana femminile impregnandoli di significati profondi che rimandano all’identità e alla storia indiana, come il Bindi per Kher e il paravento per Goel. Gallery Espace espone lavori di Puneet Kaushik, GR Iranna, Manjunath Kamath e Dilip Chobisa. Gli acquerelli e i lavori con le perline di Kaushik esprimono lo stato di trepidazione portato dalla pandemia. Kamath attinge dall’immaginario storico riappropriandosene, mentre Chobisa crea miniature di monumenti religiosi e Iranna esplora la transitorietà della vita usando la cenere come medium.

Emami Art Gallery è rappresentata da una selezione di artisti giovani ed emergenti, così come da alcuni nomi affermati. I dipinti di Bholanath Rudra raffigurano problemi prioritari per l’ambiente, ma non sono messaggi di protesta. Superano i limiti del titolo e del tema rendendo l’osservatore consapevole della verità attraverso acquerelli morbidi e luminosi. Akar Prakar presenta Jayashree Chakravarty, Manish Pushkale e Piyali Sadhukhan. L’opera di Chakravarty dal titolo «Unfolding: The Route Map of Experience» è un’installazione straordinaria, che si focalizza e cattura il tema cardine del suo lavoro: l’influenza della natura e l’assalto dell’incessante attività umana sull’ambiente naturale, realtà che ha osservato attentamente dal suo trasferimento a Salt Lake, Kolkata, negli anni Ottanta. I disegni, dipinti, rotoli di carta e installazioni a grandezza naturale di Chakravarty ruotano intorno al rapporto compromesso tra natura e uomo. Il museo KNMA ha acquistato l’opera e l’ha portata in Italia per presentarla in occasione di Artissima.

«Come artista indiana, è un piacere che il mio lavoro venga esposto in musei prestigiosi come il KNMA e e  Palazzo Madama. Sono riconoscente di essere parte di questa importante esposizione di arte indiana in Italia» dice Chakravarty. «È un’occasione di grandiosa visibilità far parte di Artissima. Hub India è una piattaforma unica che si impegna a lanciare creatività innovative» aggiunge Manish Pushkale.

«Classical Radical», organizzata in partnership con Kiran Nadar Museum of Art (KNMA), Latitude 28, Akar Prakar, Art Alive, Emami Art, Gallery Espace, Shrine Empire, Nature Morte, Sakshi Art, Jhaveri Contemporary, Vadehra Art eVolt, è tripartita in tre mostre in altrettante sedi espositive.

A Palazzo Madama «Disruptive Confluences» esplora il sincretismo e l’ibridismo attraverso opere per la maggior parte tridimensionali che connettono e contrappongono la straordinaria collezione del museo con la storia del subcontinente indiano, suggerendo complicate storie di scambi commerciali e religiosi, dominazioni, residui imperialisti ed evoluzioni sincretiche. Dando vita a un immaginario ibrido, al tempo stesso velato e provocatorio, la mostra offre narrazioni e rivela rapporti da una prospettiva eurasiatica, ma capace di porsi in dialogo e creare riflessioni significative con i duemila anni di storia di un edificio, luogo di riflessione di contesti ed esperienze anche profondamente differenti, ma alla ricerca di matrici comuni per individuare nuovi assi di dialogo.
Gli artisti coinvolti sono Jayashree Chakravarty, Ranbir Kaleka, Manjunath Kamath, Tayeba Begum Lipi, Benitha Perciyal, G Ravinder Reddy, Himmat Shah, Gulam Mohammed Sheikh, Prasanta Sahu, Ayesha Singh e LN Tallur.

La mostra al MAO «Residues & Resonance», comprende opere del rinascimento contemporaneo che iconizzano e al tempo stesso obliterano lo stesso classicismo a cui fanno riferimento. I lavori sono radicati in un’eredità che esamina stili tradizionali, scuole e generi e si spinge oltre per stabilire con essi una relazione, un dialogo. Mentre i temi sono mutati con i capricci del tempo, le forme di queste opere hanno conservato ossessivamente motivi ricorrenti in cui risuonano residui del passato. Come in un concerto di Philip Glass, dove ogni iterazione suona familiare ma l’accumulo delle iterazioni successive rende ognuna di esse un’esperienza unica e diversa. Uno dei punti forti della mostra è una sezione radicale di neo-miniaturisti che prendono a prestito le decorazioni evocative, stilizzate e gemmate dei tradizionali stili miniaturistici e dei dipinti vasli, sovvertendole per esplorare modi in cui espandere e smantellare il vocabolario di uno stile apparentemente insulare.

Anche l’arte della Regione himalayana offrirà grandi suggestioni, grazie all’installazione di una serie di opere dell’artista Paula Sengupta dal titolo The plain of Aspiration, un progetto che parla della diaspora dei tibetani fuggiti dal loro paese in seguito alla partenza del Dalai Lama nel 1959 e del tentativo di conservare anche altrove, attraverso la memoria, il loro stile di vita e la loro cultura. I lavori di Sengupta attingono fortemente alla tradizione dell’artigianato tessile e al simbolismo religioso tibetani e, nelle gallerie del MAO, vengono accostate alle opere della sezione dedicata alle copertine lignee intagliate.

Gli artisti presenti sono Waseem Ahmad, Khadim Ali, Anindita Bhattacharya, Sakti Burman, Sudipta Das, Priyanka D’Souza, Baaraan Ijlal, Manjunath Kamath, Puneet Kaushik, Samanta Batra Mehta, Piyali Sadhukhan, Paula Sengupta, Yugal Kishore Sharma, Nilima Sheikh, The Singh Twins e Waswo X Waswo.
Il terzo segmento di questa enorme mostra è «Multitudes & Assemblages (Multitudini & Assemblaggi)» all’Accademia Albertina di Belle Arti. La traiettoria delle arti visive in India è caratterizzata da molteplici transizioni; abbraccia e interiorizza i discorsi più ampi del colonialismo, del nazionalismo e del modernismo internazionale. Si relaziona con le tradizioni visive alla luce del postmodernismo e cerca di legittimare la propria posizione nell’arena contemporanea della produzione d’arte.

Narrazioni multiple si snodano simultaneamente, come elementi tattili che si rifiutano di perdere la loro realtà, presenza, velocità, calore o umidità, come incongrue testimonianze di un punto focale in un allestimento che mira a presentare una molteplicità di possibilità. Evocando più la nostalgia che la storia, queste voci si levano a volte all’unisono e a volte in una reciproca tensione, ai lati opposti del tempo, come uno specchio, ribaltando lo sguardo su un familiare ma radicale pastiche di liberazione, ecologia, urbanizzazione, migrazione, femminismo, genere, soggettività e sensazione.

Rekha Rodwittiya, artista rappresentata da Sakshi Art Gallery, è una voce importante dell’espressione femminista nell’arte. Espone due acquerelli «Matters of the Heart», dipinti sopra immagini fotografiche autobiografiche, su carta. «L’arte è un processo di trasmutazione. È uno spazio dove il riconoscibile si altera diventando il ricettacolo di nuovi significati, dove l’esperienza umana poi diventa il ponte di empatia che permette allo spettatore di trovare la propria connettività» osserva Rodwittiya.

«Desidero fortemente esaminare lo spazio di sopravvivenza femminile, lo spirito di resistenza e l’emancipazione del potere e dignità personale, di cui sono intrisi secoli di testimonianze orali del femminismo; e che infondono ombre che mi permettono di trovare il mio spazio. Ci sono centinaia di storie che ognuna di noi si porta dietro. Queste storie sono spesso questioni di cuore, una fusione di verità, desideri, ricordi e storie che a loro volta vengono alimentate ogni giorno dall’impulso delle nostre vite» spiega l’artista.

Latitude 28 porta lavori di Niyeti Chadha Kanal, Sudipta Das, Noor Ali Chagani, Chandan Bez Baruah e Rahul Kumar che racconta: «A Torino ho portato parte della mia serie in corso “Body City” in cui reagisco al paesaggio urbano. Nell’aspetto le opere evocano una veduta aerea di una città con tortuose strade, fiumi e sentieri, ma al tempo stesso i tessuti del corpo umano visti al microscopio. Uno scheletro di barre di ferro saldate ci fa riflettere sul vuoto della vita contemporanea».

«Non capita spesso di trovare riuniti così tanti artisti indiani fuori dall’India come in questo progetto di Myna Mukherjee e Davide Quadrio per Artissima» sottolinea Reena Lath, direttrice della galleria Akar Prakar. In effetti è meraviglioso vedere una così grande rappresentazione delle arti contemporanee indiane in Italia: lavori esposti dal 5 novembre al 2 dicembre nell’ambito di «Hub India» appartengono a una vasta gamma di generi, stili e periodi.

Speciale Artissima 2021

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Georgina Maddox, 05 novembre 2021 | © Riproduzione riservata

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