«Paesaggio primo» di Silvia Codignola è una mostra alla ricerca del tempo perduto. Ospitata negli spazi di Maja Arte Contemporanea fino al 27 maggio, l’esposizione riunisce opere degli ultimi cinque anni (dipinti e disegni, ma anche sculture), ispirati ai rarefatti ricordi d’infanzia, ovvero quel «paesaggio primo», che è paesaggio mentale, caratterizzato, secondo il poeta Andrea Zanzotto, da «una luce di amore primordiale, infantile, con ricorrenti segni di linguaggio petèl».
Ampie vedute marine od ombrosi interni sono accomunati per questo da una soffusa cromia azzurra, il colore della contemplazione e della malinconia secondo Kandinskij. I primi ricordi sono, infatti, per tutti, legati, più che a luoghi o a oggetti definiti, a vaghe atmosfere di luce, a dimensioni incantate e fuori dal tempo, intessute dei primi affetti.
Nel grande olio su tela «Gli scogli» del 2019-20 la dominante blu del mare e del cielo intride anche le restanti materie, rocce comprese, come luce tipica di un mondo immobile, che nessun presente può scalfire. Così pure ne «Il salone» del 2017-20, dove, nella penombra di un ambiente domestico, una bambina dorme e una donna anziana legge nella dimensione soffice di un luogo che sussiste vivo soprattutto nel rito del ricordo.
Scrive in catalogo Lorenzo Canova: «Come viandanti che camminano nell’ombra, entriamo così nello spazio sospeso di un’estate metaforica, bagnanti sulle rocce assolate di una stagione insieme presente e distante, mentre l’amaca non smette di oscillare come un metronomo che scandisce un ritmo (…) sospeso tra la memoria e l’oblio». Dipingere la durata interiore del tempo, quello che non procede linearmente e secondo scansioni progressive, è stata una delle sfide dell’arte moderna. Silvia Codignola lega questa dimensione fondamentale della psiche alle vacanze della sua infanzia, in cui trovare le radici della propria vita e della propria pittura.