Paola Di Giammaria
Leggi i suoi articoliProsegue il nostro viaggio all’interno dei Musei Vaticani, iniziato con la Pinacoteca e proseguito con il Museo Pio Cristiano. Paola Di Giammaria, responsabile della Fototeca, ci illustra la storia e il patrimonio della raccolta fotografica dei Musei del papa.
Nel 2010 con la direzione di Antonio Paolucci, vista la continua crescita delle esigenze scientifiche e delle richieste commerciali e amministrative, lo storico Archivio Fotografico dei Musei Vaticani è stato riorganizzato a livello funzionale in due uffici autonomi con competenze distinte nei due ambiti: nascono così rispettivamente la Fototeca e l’Ufficio Immagini e Diritti.
Alla Fototeca sono state affidate la cura, la conservazione, la valorizzazione, la promozione della raccolta fotografica storica istituzionale, per renderla fruibile e consultabile. Si occupa, inoltre, dello studio, della ricerca, dell’ordinamento e catalogazione del patrimonio che è sotto la sua tutela. È uno dei servizi scientifici dei Musei Vaticani, accessibile sia al personale interno dei Musei che ai richiedenti esterni. Fornisce consulenza, informazioni di natura storica e tecnica, assiste gli studiosi e tutti gli utenti nelle loro ricerche iconografiche. In sede è possibile consultare gli strumenti di ricerca e il materiale fotografico.
Nel 2020 la Fototeca è stata trasferita nella sua sede definitiva, ossia negli spazi che per anni hanno ospitato la Biblioteca dei Musei, al terzo piano della Palazzina della Pinacoteca. Il concetto di Fototeca rimanda a quello di contenitore di materiali fotografici non solo prodotti dal medesimo soggetto che li detiene ma da questo raccolti e conservati per motivazioni culturali varie. I Musei Vaticani hanno non soltanto le riproduzioni fotografiche delle loro opere, che ovviamente sono la maggioranza, ma anche una certa quantità di materiale di confronto e di studio non riferito alle proprie collezioni.
La Fototeca si occupa, infatti, di un patrimonio consistente, di grande pregio e molto variegato, unico per arte, fede e storia. La raccolta include non solo fondi storici relativi alle collezioni, sale, ambienti, dei Musei, dei Palazzi Apostolici e dello Stato della Città del Vaticano, che ovviamente ne costituiscono la maggior parte, ma numerosi scatti storici ritraenti vedute, paesaggi, città, palazzi, chiese e monumenti di Roma, e di altre città italiane o estere.
Sono circa 250mila i negativi originali in bianco e nero, per la maggior parte corredati dai corrispettivi a stampa, che testimoniano l’evoluzione della fotografia e dei suoi procedimenti dalla seconda metà dell’Ottocento, quindi carte salate, albumine, stampe al carbone e alla gelatina - tanto per citare le più diffuse - fino agli anni Trenta del Novecento, quando fanno la comparsa le prime pellicole a colori. Tra i negativi circa 49mila sono su lastre di vetro, tra le quali indicativamente 15mila costituiscono il fondo storico per eccellenza dei Musei, il Fondo Romualdo Moscioni (1849-1925).
Quest’ultimo Fondo è passato in gran parte ai Musei Vaticani nei primi anni ’30 del secolo scorso quando la Pontificia Commissione d’Arte Sacra, previo parere affermativo del direttore dei Musei Bartolomeo Nogara, acquistò dagli eredi del fotografo le lastre, che vennero collocate in un grande armadio di legno fatto appositamente realizzare al terzo piano della nuova Pinacoteca nel 1932, dove si trovano ancora oggi.
Qui venne istituito e sistemato anche l’Archivio Fotografico. I soggetti restanti sono suddivisi tra la Fototeca dell’American Academy di Roma, l’ICCD-Gabinetto Fotografico Nazionale, la Fototeca della Biblioteca Hertziana e l’Archivio Fotografico del Comune di Roma a Palazzo Braschi. La collezione Moscioni, poi confluita nella più vasta raccolta fotografica dei Musei, si può definire una Fototeca ante litteram: ai soggetti vaticani, dalle sculture antiche alle pitture dei Palazzi, con vedute degli allestimenti, si uniscono paesaggi, vie, palazzi, chiese, monumenti e opere di Roma e di diverse città italiane. Suggestivo è il nucleo «Apulia Monumentale», risultato della campagna fotografica post unitaria condotta da Moscioni sui monumenti romanici pugliesi, lucani e campani.
Nel novembre 2016, Barbara Jatta, allora vice direttore, e direttore dal gennaio 2017, ha dato un nuovo impulso all’attività della Fototeca, avviando l’ambizioso progetto di digitalizzazione di questo eccezionale patrimonio su vetro, che potrei definire il «cuore» della raccolta fotografica.
Tra i fondi storici mi piace inoltre ricordare il Fondo Avvenimenti del Vaticano, con le ripartizioni «Mostre» e «Pontefici» (da fine Ottocento sino a qualche evento legato ai pontificati di fine Novecento) e naturalmente tutti i fondi legati alle collezioni museali curate dai Reparti scientifici, dal Museo Gregoriano Egizio fino all’arte contemporanea.
Vi sono inoltre numerosi fondi legati ai fotografi che a partire dagli anni ’60 dell’Ottocento chiedono e ottengono il permesso di eseguire fotografie di opere e ambienti dei Musei Vaticani per venderle nei loro cataloghi, lasciando poi negativi su vetro e stampe alla Direzione dei Musei: i Fratelli Alinari, Giacomo e Domenico Anderson, Giacomo Brogi, Michele Danesi, Cesare Faraglia, Giuseppe Felici, il fotografo ufficiale dei papi dal pontificato di Leone XIII, Robert MacPherson, Cesare Vasari.
Particolarmente significativo è il Fondo Anderson «Cappella Sistina Giudizio Universale» (campagna fotografica di Domenico Anderson del 1933). Impossibile non ricordare i fondi «Roma» già menzionati, alcuni costituiti (Basiliche Maggiori, Chiese) e altri in fase di avanzamento (Scavi, Piazze e fontane, Monumenti, Musei), così come i fondi SCV Chiese, Cortili, Mura, Porte e Torri e altri sempre relativi alla topografia dello Stato della Città del Vaticano.
In che modo la Fototeca si rapporta con gli altri dipartimenti dei Musei Vaticani?
La Fototeca offre costante supporto ai curatori dei reparti, così come a tutti gli uffici dei Musei, per la ricerca e la consultazione del materiale utile agli studi e alle varie necessità. Le fotografie storiche sono di grande aiuto anche per i colleghi dei Laboratori di Restauro, che sovente le richiedono e le studiano in occasione di nuovi interventi per conoscere lo stato delle opere prima e dopo rimaneggiamenti passati: è successo anche nel caso del recente restauro della Sala di Costantino.
La collaborazione reciproca è fondamentale, anche per noi, per il riconoscimento e l’identificazione dei soggetti più difficili, come ad esempio le immagini degli allestimenti di fine Ottocento e primi Novecento. Inoltre siamo di raccordo con i Dipartimenti per le richieste da parte degli studiosi esterni. Possiamo contare sull’apporto dell’Ufficio del Conservatore, guidato da Vittoria Cimino, e il Laboratorio di Diagnostica per la Conservazione e il Restauro di Ulderico Santamaria, per gli aspetti conservativi e di sicurezza.
Altrettanto strettamente collaboriamo con il Laboratorio Restauro opere su carta, la cui Responsabile è Chiara Fornaciari da Passano, per l’attività, che ho potuto avviare, di restauro di alcune stampe pregiate e delle lastre: queste, prima di essere digitalizzate, sono oggetto di un intervento conservativo e messa in sicurezza.
Da quando la Fototeca è stata istituita, ho intrapreso contatti con i colleghi delle varie istituzioni, con i quali si è stabilito un gruppo di lavoro per sinergie e studi comuni. Mi riferisco anche agli enti ecclesiastici esterni ai Musei, le cui raccolte fotografiche non sono sempre del tutto conosciute. Abbiamo collaborato con la Biblioteca Apostolica Vaticana, l’Osservatore Romano e il suo Servizio Fotografico, e con il Centro Televisivo Vaticano. E naturalmente con l’Istituto Centrale per la Grafica, le Fototeche della Biblioteca Hertziana e dell’American Academy, senza dimenticare l’ICCD, l’Archivio del Museo di Roma.
Questo scambio è un continuo arricchimento per me e per tutto l’ufficio. Da questa collaborazione sono nate iniziative significative, come la mostra «Alfabeto Fotografico Romano» che ha presentato nel 2017 a Palazzo Poli, sede dell’Istituto Centrale per la Grafica, alcuni esemplari dagli archivi fotografici romani. Parimente abbiamo collaborato con il Kunsthistorisches Institut di Firenze alla realizzazione nel 2015 di una mostra fotografica online sul sito dell’istituzione tedesca relativa all’«Apulia Monumentale» di Moscioni. Senza dimenticare il convegno «Tradurre Michelangelo della Sistina: dall’immagine fissa all’immagine in movimento», svoltosi ai Musei Vaticani nel 2016, curato dalla sottoscritta con Tommaso Casini della Iulm e Nino Criscenti della RAI.
La Fototeca non possiede solo materiali pertinenti i Musei Vaticani, ma anche documentazione fotografica di Roma e di altre città. Può segnalarci alcune immagini particolarmente rare?
Le immagini di una Roma che non c’è più sono tante. Mi viene in mente una fotografia dello scozzese Robert MacPherson: una grande carta salata, tecnica di stampa molto antica (siamo infatti nel 1860 ca) che riproduce una veduta della Villa Campana al Celio nei pressi del Colosseo. La villa era proprietà dei marchesi Campana, il cui nome è legato alla ricca collezione di terrecotte, conosciute proprio col nome di «lastre Campana». Sul fondo del piazzale d'ingresso il marchese Giampietro Campana vi aveva allestito il Museo delle sculture, visitato anche da Pio IX nel settembre 1846. Nelle traversie riguardanti l'urbanizzazione selvaggia a Roma nell'ultimo ventennio del XIX secolo anche il Celio ebbe le sue distruzioni, tra cui questa villa.
Voglio ricordare anche le fotografie Moscioni della Roma archeologica prima del 1880, in particolare quelle mirabili delle Terme di Caracalla, così come alcune raffinate albumine con vedute di basiliche dell’Aventino e di San Saba realizzate da Adriano de Bonis, un fotografo attivo a Roma già dai primi anni ’50 dell’Ottocento, del quale si conosce pochissimo se non che fosse vicino all’ambiente artistico dell’Accademia di Francia e della Scuola Romana di Fotografia. E poi penso ad esempio ad alcune stampe Moscioni sulla Napoli della seconda metà dell’Ottocento, in particolare quelle che documentano, a ridosso dell’Unità d’Italia, la costruzione della banchina di S. Lucia, nei pressi di Castel dell’Ovo, e soprattutto del lungomare, l’attuale via Caracciolo.
Negli ultimi anni, quali sono state le ricognizioni più rilevanti da voi compiute sul vostro patrimonio fotografico?
Come ho già detto, negli ultimi anni, con l’arrivo di Barbara Jatta, è divenuto prioritario il censimento del patrimonio su vetro attraverso la digitalizzazione delle lastre. Mi preme poi dire che la ricognizione capillare che abbiamo iniziato ormai dieci anni fa ci impegna tutt’oggi. Conoscere il patrimonio, consapevoli del suo valore, per conservarlo e tutelarlo e valorizzarlo, e per renderlo accessibile, è il fine primario della Fototeca, a cui ho dato priorità da quando mi hanno affidato la cura della raccolta fotografica, che condivido con Cristina Gennaccari, e dal 2018 con Francesca Martusciello.
Il lavoro di ordinamento, conservazione e catalogazione è il nostro pane quotidiano, grazie anche a collaboratori esterni e stagisti che si sono succeduti negli anni. Abbiamo iniziato creando un database delle lastre Moscioni, in modo da renderne la ricerca molto più agevole. Abbiamo avviato l’ordinamento dei Fondi Roma, stiamo mettendo in sicurezza le stampe fotografiche grande formato sia per quanto riguarda Roma che per le collezioni vaticane, ad esempio la Cappella Sistina e la Cappella Paolina, così come la Pinacoteca. Stiamo lavorando ai fondi relativi alla topografia dello Stato della Città del Vaticano e gradualmente procediamo con la conservazione e la catalogazione delle stampe fotografiche riproducenti le collezioni. Abbiamo costituito il Fondo Avvenimenti SCV, con i nuclei «Mostre» e «Pontefici», a cui ci stiamo dedicando.
Quale funzione svolge la fotografia in ambito museologico, nello specifico dei Musei Vaticani?
La raccolta fotografica dei Musei permette di ripercorrere, dalla seconda metà dell’Ottocento alla prima metà del Novecento circa, un secolo di storia dei Musei e al tempo stesso documenta le bellezze naturali e artistiche del nostro paese, la sua storia architettonica, industriale, i mutamenti urbani e rurali, le evoluzioni e le trasformazioni sociali. Posso ribadire come la fotografia sia stata l’azione e lo strumento per documentare ambienti e opere, dando vita alla memoria delle collezioni in diverse e determinate fasi storiche, testimoniando a volte realtà oggi non più esistenti, e storicizzandole all’interno del contesto museologico e museografico.
Si pensi ad esempio alla documentazione fotografica della collezione pontificia dei quadri nei Palazzi Pontifici sotto Pio IX, per passare alla Pinacoteca istituita da Pio X nel 1909 nei locali sottostanti le Gallerie della Biblioteca Apostolica, fino alla sistemazione definitiva nel nuovo edificio di Luca Beltrami nel 1932; oppure le fotografie del Museo Gregoriano Etrusco dei primi del Novecento, così come appariva prima del riallestimento voluto dal direttore Nogara e inaugurato nel 1925, con immagini dell’inaugurazione alla presenza di Pio XI. Questo grazie all’essenza della fotografia, che è analisi e sintesi allo stesso tempo, anello di congiunzione tra documenti d’archivio e dati bibliografici.
Storia dell’arte e fotografia da subito sono andate a braccetto: come non citare alcuni dei più grandi storici dell’arte tra Otto e Novecento che hanno immediatamente compreso la funzione del nuovo mezzo: Bernard Berenson, Adolfo Venturi, Pietro Toesca e poi Roberto Longhi. La natura interdisciplinare della fotografia ne conferma oggi la sua centralità per la conoscenza e lo studio del patrimonio non solo museale ma, come ho già detto, anche riferito ad altri luoghi e monumenti. Senza contare l’aspetto estetico, le scelte autoriali dei singoli fotografi, e altro che qui non mi è possibile approfondire. Potrei dire che il mio lavoro in Fototeca ogni giorno è fonte di stimoli, di curiosità, di ricerca, di approfondimento, e mi consente di avere punti di vista differenti, proprio per l’interdisciplinarietà della fotografia a cui mi riferivo pocanzi.
Quali progetti state portando avanti in questo momento?
Oltre al consueto lavoro di ordinamento e catalogazione, la nostra priorità ora è la digitalizzazione delle lastre di vetro in vista del catalogo online, a cui stiamo lavorando. Siamo certi che offriremo agli studiosi una grande opportunità di condivisione, che poi rappresenta la natura della stessa missione dei Musei. Per l’«anno Sanzio» era in programma una mostra su Raffaello e la fotografia storica, corredata da un catalogo, purtroppo saltata a causa della pandemia, con una selezione di stampe e negativi su vetro che indagano la pittura dell’Urbinate attraverso l’occhio fotografico.
IL MUSEO INFINITO
Un viaggio dentro i Musei Vaticani accompagnati da guide d’eccezione: i curatori responsabili delle sue collezioni
A cura di Arianna Antoniutti