Silvia Mazza
Leggi i suoi articoliAidone (Enna). Il tempo delle trattative tra Met e Sicilia (cfr. lo scorso numero, p. 4) sta per scadere: in base all’accordo del 2006 tra Governo italiano, Regione Siciliana e Metropolitan Museum di New York, qui a fine febbraio (la data ufficiale dell’accordo è il 21) dovrebbero tornare dal museo di Aidone gli «argenti di Morgantina». Una clausola prevede come contropartita della restituzione, per i prossimi quarant’anni, un prestito periodico alternato: quattro anni al Met e altrettanti in patria. Dall’anno scorso, però, quello noto anche come «Tesoro di Eupòlemo» è stato inserito tra le 23 opere di cui il Decreto assessoriale 1771 del 27 giugno 2013 vieta l’uscita dal territorio regionale (cfr. n. 332, giu. ’13, p. 6). «Certo è singolare, commenta per noi l’assessore ai Beni culturali siciliani Mariarita Sgarlata, che, quando gli argenti si fermano in Sicilia, l’Assessorato è obbligato a organizzare una mostra in America e invece, quando gli argenti restano per quattro altri lunghi anni al Metropolitan, non c’è alcun obbligo da parte degli americani di organizzare una mostra in Sicilia. Insomma, si tratta di rapporti sbilanciati, da riequilibrare». Tanto più che nell’accordo del 2006 si dice esplicitamente che «il museo (Metropolitan) accetta di trasferire in proprietà all’Assessorato regionale le opere in oggetto». In ogni caso, precisa, «abbiamo rassicurato il Mibact che non intendiamo tradire lo spirito dell’accordo». La Sicilia ha già fatto la sua parte «con prestiti che hanno garantito ai musei americani coinvolti mostre di grande valore».
Al Met confermano che le trattative sono in progress e restano in attesa di conoscere la proposta siciliana. Per il resto bocche cucite, sia in merito all’ipotesi di ricevere opere «in alternativa», sia alla richiesta siciliana di una maggiore reciprocità. A caldeggiare la prima tesi è Malcom Bell, professore emerito di Archeologia classica della University of Virginia, direttore per anni degli scavi di Morgantina, e che nel 1987, avendo riconosciuto negli argenti al Met l’oggetto dello spettacolare rinvenimento clandestino di cui si parlava ad Aidone qualche anno prima, ne informò le autorità italiane. Per il professore, che si è proposto mediatore nelle trattative, si è trattato di un «accordo difettoso», senza considerare il fatto che «l’assenza degli argenti è molto più evidente per un visitatore del museo di Aidone che per uno del Met».
A discapito dell’immagine costruita dai media di una Sicilia che blinda i suoi tesori d’arte, un importante precedente, intanto, è rappresentato dalla risoluzione del contenzioso con il Cleveland Museum della scorsa estate («Trattative che il mio Assessorato ha ereditato, riaperto e riequilibrato, facendomi anche dare della “mafiosa” da certa stampa americana», commenta Sgarlata), con il prestito alla fine accordato dell’Auriga di Mozia (rientrato a metà gennaio), che pure è tra le 23 punte di diamante del patrimonio siciliano (cfr. n. 335, ott. ’13, p. 14), e che è valso uno scambio vantaggioso per entrambi e non più pendente a favore dell’altro. Ma è anche entro i confini nazionali che i rapporti vanno riequilibrati. A partire dai prestiti degli Antonello da Messina al Mart, in cambio dei quali si è ottenuta un’analoga mostra in Sicilia a carico del museo di Rovereto.
Il punto è che in realtà il decreto del giugno scorso non introduce nulla di nuovo, non facendo altro che rendere effettiva e aggiornare (con gli argenti, appunto, e la Venere di Morgantina, restituiti nel 2010) la Direttiva assessoriale del 23 maggio 2007, che per la prima volta individuava 21 opere «inamovibili», ma che nei fatti rimase lettera morta. Il Satiro di Mazara del Vallo e l’Ariete del Salinas, infatti, furono inviati alle Olimpiadi di Londra del 2012, insieme all’Auriga di Mozia, poi al Getty e al Cleveland: in giro così ben oltre i 18 mesi, periodo massimo di assenza delle opere preventivato, decreto siciliano a parte, dal Codice dei Beni culturali. Soprattutto, più che vietare l’esportazione, non solo delle 23 opere, ma di tutti quei «beni che costituiscono il fondo principale di Musei, Gallerie, Biblioteche e Collezioni», stabilisce precisi limiti nell’interesse della conservazione della parte più prestigiosa del patrimonio culturale. Il decreto, infatti, prevede «deroghe» «per eccezionali e straordinari motivi di valorizzazione» (art. 4) e fissa tariffe calcolate sul valore assicurato che dovranno essere pagate dal museo che richiede il prestito (art. 5).
Né se ne può fare una guerra di cifre: il «New York Times» ha sottolineato che il museo di Aidone, dove dal 2010 gli Argenti sono esposti insieme alla Venere, nel 2012 ha fatto solo 13mila visitatori (in realtà si considerano solo quelli paganti, perché in totale sono stati 43mila). «Non condivido per nulla questa imperante mitologia dei numeri», dice la Sgarlata (cita Georges-Henri Rivière, il quale affermava che «il successo di un museo non si misura dal numero di visitatori che riceve, ma dal numero di visitatori ai quali insegna qualcosa»). E conclude: «La realtà della nostra isola non è paragonabile alle grandi istituzioni museali americane ed europee: è un’altra cosa, può offrire un’esperienza diversa. I nostri beni culturali sono diffusi nel territorio e ne sono espressione, ed è lì che è giusto vengano mantenuti, compresi e ammirati».
Con questi presupposti possiamo allora, forse, meglio comprendere entro quali margini di manovra si arriverà al nuovo accordo col Met. Come anche a quello con il British Museum di Londra per la mostra tra marzo e luglio 2015 (cfr. lo scorso scorso, p. 4): dopo il no al prestito del Satiro di Mazara e Auriga di Mozia «troveremo anche in questo caso soluzioni alternative per non pregiudicare la realizzazione dell’evento».
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