Controverso e ineludibile, l’apporto dell’immagine fotografica all’universo dei linguaggi artistici e delle loro percezioni è al centro della mostra «Arte e Arti. Pittura, incisione e fotografia nell’Ottocento» (dal 20 ottobre al 2 febbraio), coordinata da Alessandra Brambilla e curata presso la Pinacoteca cantonale Giovanni Züst da Matteo Bianchi con Mariangela Agliati Ruggia ed Elisabetta Chiodini.
Impostata su un duplice binario, che accosta dipinti e relative fotografie, la mostra presenta numerosi inediti provenienti da collezioni private. L’attenzione si concentra sul fenomeno della riproducibilità tecnica, focalizzando anche la storica importanza dell’incisione. Invenzione «senza ritorno» di metà Ottocento, non mera riproduzione meccanica ma occasione di nuovi sguardi sulla realtà, la fotografia segnò in modo particolare l’arte francese.
La mostra dedica perciò uno speciale omaggio a Jean-Baptiste-Camille Corot, proponendone gli inconfondibili paesaggi attraverso dipinti, disegni, incisioni e cliché-verre, rara tecnica di incisione che rappresenta un punto di congiunzione tra fotografia e pittura. Oltre ai pittori di Barbizon come Daubigny, Desavary, Dutilleux e Théodore Rousseau, l’indagine si allarga a esempi ticinesi e italiani grazie a opere tra gli altri di Fontanesi, Luigi Rossi, Franzoni e Monteverde. Una sezione è dedicata alle tecnologie: fotografia, stereoscopio, litografia, silografia.
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