«Di fronte a un’opera di Giorgio Morandi mi sento un soggetto attivo. La sua pittura mi costringe all’osservazione prolungata del soggetto, a ogni riflessione sulla pennellata, sulla lieve variazione di colore, sulla polvere percepita, sento che devo rimanere più a lungo, ritornare con il pensiero per cogliere di più».
Spiega così il collezionista Antonio Catanese il suo «innamoramento» per la pittura del grande artista bolognese (1890-1964) di cui detiene numerosi pezzi: 27 di essi fanno parte ora della mostra «Giorgio Morandi. Opere dalla collezione Antonio e Matilde Catanese», al MAMbo di Bologna dal 3 dicembre al 26 febbraio, dove sostanzialmente per la prima volta fa il punto sull’importante nucleo di lavori morandiani in mano privata.
I coniugi Catanese, infatti, iniziano ad acquistare i primi Morandi negli anni Sessanta e l’appuntamento espositivo ne rievoca l’iter. La rassegna, curata da Mariella Gnani, è caratterizzata da un percorso che si apre con un raro «Autoritratto giovanile», realizzato nel 1914 e nel ’39 esposto alla Golden Gate International Exposition di San Francisco, e prosegue con altri lavori dall’importante storia collezionistica, come ad esempio una «Natura morta» del 1940 che apparteneva alla raccolta Rockefeller.
Numerosissimi, poi, sono le nature morte, i fiori (dieci quelli presenti tra dipinti, acquerelli e incisioni) e i paesaggi, tutti realizzati tra il 1918 e il 1959 e attraverso i quali è possibile ricostruire visivamente i passaggi dell’intera carriera del pittore. Ordinata infine una sezione di acqueforti che fa il punto sulla produzione dell’artista attraverso questo medium che insegnò lungamente anche agli studenti della Accademia di Belle Arti di Bologna tra il 1930 e il 1956. Il volume che accompagna la mostra raccoglie le schede, a cura di Stella Seitun, delle 90 opere d’arte che completano la raccolta dei Catanese.