Pablo Picasso (1881-1973) scoprì tardi la ceramica, solo nel 1946 in occasione della visita di una mostra a Vallauris, in Provenza. Da lì in poi, però, quel materiale divenne centrale nella sua produzione, soprattutto dopo avere conosciuto Suzanne e Georges Ramié, proprietari di una fabbrica di ceramica. Circostanze che portarono lo spagnolo a realizzare oltre 4mila pezzi in meno di trent’anni. A ricostruire questo percorso creativo dell’artista sono ora i curatori Harald Theil, Salvador Haro e Claudia Casali nella mostra «Picasso. La sfida della ceramica», aperta dal primo novembre al 12 aprile presso il Museo Internazionale delle Ceramiche in Faenza (Mic).
Nella rassegna, introdotta dal film di Luciano Emmer «Picasso a Vallauris» (1954), sono ordinati 50 lavori provenienti dal Musée National Picasso di Parigi. In una sezione in particolare il Mic punta l’obiettivo sui pezzi donati a Faenza dallo stesso Picasso dopo scambi epistolari con il fondatore del Mic Gaetano Ballardini, nonché sulla donazione di Gio Ponti e dei coniugi Ramié. Sono dunque in mostra un piatto ovale raffigurante una «Colomba della pace», la prima opera giunta a Faenza nel 1950 insieme a lavori posti al fianco di quelli provenienti da Parigi: tra gli altri un vaso raffigurante una donna in forma d’anfora, realizzata nel 1947-48, un vassoio con colomba in terraglia dipinta della manifattura Madoura di Vallauris, del 1949.
Della medesima manifattura, (ma dell’anno successivo) sono i vasi in terracotta con le quattro stagioni e con corteo di uomini o ancora i piatti raffiguranti un uccello policromo e un fauno tormentato, rispettivamente del 1947 e del 1956.