Emiliano Rossi
Leggi i suoi articoliChe cosa è per lo stato un «Bene Culturale»
Il Codice dei Beni culturali e del Paesaggio (CBC) per classificare i beni adotta tre principali criteri: la tipologia (comprensiva dell’appartenenza pubblica o privata del bene), l’età, il grado di interesse culturale.
L’art. 10 del Codice distingue tre principali tipi di beni:
a. i beni (di interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico) di appartenenza pubblica o di persone giuridiche private senza fini di lucro, se di autore non più vivente ed eseguiti da oltre 70 anni, si presumono beni culturali in ragione del loro interesse cosiddetto «semplice» fin quando un’apposita verifica del Ministero non escluda tale interesse presunto;
b. le raccolte di musei, pinacoteche, gallerie e altri luoghi espositivi, gli archivi e documenti e le raccolte librarie di appartenenza pubblica sono sempre beni culturali a prescindere dall’età in quanto la legge presume il loro interesse culturale;
c. - sono considerati beni culturali quando un’apposita dichiarazione ministeriale li abbia dichiarati di «interesse particolarmente importante»:
(i) i beni appartenenti a privati di autore non più vivente che (salvo gli archivi) abbiano più di 70 anni e presentino il cosiddetto «interesse intrinseco» (artistico, storico, archeologico o etnoantropologico);
(ii) i beni appartenenti a chiunque purché presentino il cosiddetto «interesse relazionale» (abbiano cioè interesse storico o siano testimonianze per l’identità e la storia di istituzioni pubbliche, collettive o religiose);
- in altri casi è richiesto un «interesse eccezionale» (per beni di autore non più vivente e aventi fra i 50 e 70 anni, le raccolte librarie di privati o le collezioni a chiunque appartenenti).
I famosi «Vincoli»
Ai beni culturali così individuati sono applicabili le norme di tutela che: - ne regolano la circolazione in ambito nazionale; - ne impediscono l’esportazione definitiva; - li assoggettano a poteri di vigilanza e ispezione; - impongono obblighi di protezione e di conservazione (cioè di prevenzione, manutenzione e restauro).
1. Quando, come e perché lo Stato partecipa o copre le spese dei privati
In caso di interventi conservativi volontari (art. 31 CBC) il Ministero ha la facoltà di concorrere alla spesa sostenuta dal privato proprietario, possessore o detentore del bene, per un ammontare in genere non superiore alla metà, salva la possibilità di concorso fino all’intero ammontare per interventi di particolare rilevanza o su beni in uso o godimento pubblico. Il Ministero può imporre interventi conservativi (art. 32) qualora siano necessari per assicurare la conservazione del bene culturale. Gli oneri sono a carico del proprietario, possessore o detentore del bene, ma il Ministero può concorrere in tutto o in parte alla spesa per interventi di particolare rilevanza o relativi a beni in uso o godimento pubblico tramite rimborso delle spese già sostenute o con interventi diretti, determinando la somma a carico del proprietario. Se vi è stato concorso totale o parziale dello Stato nelle spese di conservazione (o di contributo in conto interessi su mutui o altre forme di finanziamenti), i beni devono essere resi accessibili al pubblico. Le modalità vengono fissate, caso per caso, con appositi accordi o convenzioni tra il Ministero e i proprietari.
2. Quando diventa obbligatorio rendere visitabili i beni culturali (art. 101 e seguenti)
La fruizione dei beni può riguardare sia gli istituti e luoghi di cultura di appartenenza pubblica sia i beni culturali privati. I beni appartenenti ai privati possono essere assoggettati a visita da parte del pubblico con modalità concordate con il proprietario quando sono cose immobili, archivi o documenti, o collezioni dichiarati di interesse eccezionale.
3. Quando la valorizzazione prevale e viene finanziata (art. 111 e seguenti)
La valorizzazione dei beni culturali consiste nella «costituzione ed organizzazione stabile di risorse, strutture o reti, ovvero nella messa a disposizione di competenze tecniche o risorse finanziarie o strumentali» al fine di:
- promuovere la conoscenza del patrimonio culturale;
- assicurarne le migliori condizioni di utilizzazione e fruizione pubblica;
- promuoverne e sostenerne la conservazione.
Può riguardare beni sia pubblici sia privati. I beni privati beneficiano dell’eventuale sostegno dello Stato, delle Regioni e di altri enti pubblici territoriali. In particolare, gli enti territoriali possono concorrere alla valorizzazione per beni per cui sia stato dichiarato l’interesse eccezionale, al fine di renderli accessibili al pubblico. La valorizzazione di beni pubblici può essere:
- di alta intensità per istituti o luoghi della cultura, musei, biblioteche e archivi, aree e parchi archeologici, complessi monumentali destinati alla pubblica fruizione;
- di minore intensità in tutti gli altri casi: la valorizzazione avviene compatibilmente con la destinazione del bene. Lo Stato, le Regioni e gli altri enti pubblici stipulano accordi (art. 112, IV e V comma) per definire:
- strategie e obiettivi comuni di valorizzazione;
- piani strategici di sviluppo culturale e programmi relativi ai beni di pertinenza pubblica.
Le pubbliche amministrazioni possono costituire soggetti giuridici appositi per l’elaborazione e sviluppo dei piani ai quali possono partecipare anche privati proprietari dei beni suscettibili di valorizzazione, oltre che persone giuridiche private senza fine di lucro, anche non proprietarie dei beni, che operano per la valorizzazione se è previsto dalla legge o dal loro statuto. Due esempi (entrambi piemontesi) di enti senza fini di lucro:
- il Consorzio delle Residenze Reali Sabaude (costituito da Ministero della Cultura, Regione Piemonte, Città di Venaria Reale, Compagnia di San Paolo e Fondazione 1563 per l’Arte e la Cultura);
- la Fondazione Museo delle Antichità Egizie di Torino (costituita da Ministero, Regione Piemonte, Provincia di Torino, Città Metropolitana di Torino, Compagnia di San Paolo e Fondazione CRT).
4. Quando vi sono differenze tra gestione diretta e indiretta della valorizzazione (art. 115 d.lgs. 42/2004)
Nel primo caso, le attività vengono svolte direttamente da strutture organizzative interne alla pubblica amministrazione, dotate di autonomia scientifica, organizzativa, finanziaria e contabile e provviste di idoneo personale tecnico. La gestione diretta può essere anche svolta in forma consortile pubblica e dai soggetti giuridici appositamente costituiti (art. 112, V comma).
La gestione indiretta può essere attuata tramite concessione a terzi anche in forma congiunta e integrata da parte delle amministrazioni pubbliche o dei soggetti giuridici (art. 112, V comma) che siano conferitari dei beni, ovvero (legge 120 del 2020) mediante l’affidamento di appalti pubblici di servizi. Il concessionario è selezionato mediante procedure di evidenza pubblica sulla base della valutazione comparativa di specifici progetti per assicurare un miglior livello di valorizzazione, con eventuale concessione in uso degli spazi.
I rapporti con i concessionari sono regolati da contratti di servizio, i quali determinano, tra l’altro:
- il progetto di gestione delle attività di valorizzazione; - i tempi di attuazione;
- i livelli qualitativi delle attività da assicurare e dei servizi da erogare;
- le professionalità degli addetti;
- i servizi essenziali che devono essere garantiti per la pubblica fruizione.
Esempio: attraverso lo strumento della concessione il Fondo Ambiente Italiano gestisce e valorizza diversi beni culturali quali il Giardino della Kolymbethra ad Agrigento (ottenuto dalla Regione Sicilia dal 1999), il Parco della Villa Gregoriana a Tivoli (concesso dallo Stato dal 2002), e l’Abbazia di Santa Maria di Cerrate a Lecce (in concessione dalla Provincia di Lecce dal 2012).
Questi casi dimostrano le potenzialità della gestione indiretta, ma non mancano voci critiche a causa delle difficoltà di controllo e verifica sui soggetti privati destinatari delle concessioni dei beni pubblici. Un esempio: la Certosa di Trisulti, la cui concessione all’associazione Dignitatis Humanae Institute nel 2016 del sovranista Steve Bannon è stata revocata (provvedimento confermato dal Consiglio di Stato), in quanto ottenuta su dichiarazioni nella domanda poi dimostratesi non veritiere.
5. Quando grandi possibilità sono aperte dal «partenariato speciale» (Ex art. 151, III comma, d.lgs. 50/2016: codice contratti pubblici)
Lo Stato, le Regioni e gli altri enti territoriali possono inoltre attivare forme speciali di partenariato con enti e organismi pubblici e con soggetti privati, dirette a consentire il recupero, il restauro, la manutenzione programmata, la gestione, l’apertura alla pubblica fruizione e la valorizzazione di beni culturali immobili. La finalità è di assicurare la fruizione del patrimonio culturale della Nazione e di favorire la ricerca scientifica applicata alla tutela attivando procedure semplificate di individuazione del partner privato. È una norma aperta e flessibile e configura un rapporto contrattuale che può anche essere gratuito, ovvero senza obbligo di un canone, tale da consentire collaborazioni capaci di evolvere nel tempo secondo le linee elaborate da comitati e tavoli di lavoro nei quali possono venire coinvolti gli enti territoriali, la parte privata e il Ministero della Cultura.
Vi sono diversi casi in cui questa normativa ha avuto buon esito. Ad esempio:
- la riqualificazione dell’ex Monastero del Carmine di Bergamo in cui opera il Teatro Tascabile;
- l’istituzione di un parco avventura nel bosco del Real Sito di Carditello in Provincia di Caserta;
- la valorizzazione del Tempio di Serapide nel Parco Archeologico dei Campi Flegrei.
Sono notevoli le potenzialità offerte al Terzo Settore, a cooperative sociali e giovanili e a imprese innovative con soluzioni tecnologiche originali in ambito artistico, pur con evidenti difficoltà nel reperimento di adeguate competenze d’impresa e manageriali e dei fondi necessari.
6. Altri due accordi possibili tra pubblico e privati (Ex art. 112, IX comma, CBC)
Il primo è un accordo tra lo Stato (Ministero e/o altre amministrazioni), le Regioni, altri enti pubblici territoriali e i privati sui servizi strumentali comuni destinati alla fruizione e valorizzazione di beni culturali. Il secondo è un accordo stipulabile da Ministero, Regioni e altri enti pubblici o persone giuridiche (cfr. art. 112, V comma, CBC) con associazioni culturali o di volontariato che abbiano per statuto la finalità di promozione e diffusione della conoscenza dei beni culturali.
Con tale convenzione opera, ad esempio, la Consulta per la Valorizzazione dei Beni Artistici e Culturali di Torino, associazione creata nel 1987 per valorizzare il patrimonio storico artistico torinese di cui fanno parte 38 aziende, grazie alla quale sono stati realizzati numerosi interventi di restauro e valorizzazione di monumenti e musei.
Proprio su sollecitazione della Consulta, l’Agenzia delle Entrate (interpello n. 20, 2018) ha chiarito che le erogazioni liberali in denaro a un’associazione culturale impegnata in accordo con gli enti pubblici al restauro e valorizzazione del patrimonio culturale pubblico possono beneficiare del credito d’imposta dell’ArtBonus quando sia attestata l’erogazione per il restauro di un bene pubblico.
7. Quando anche i «servizi aggiuntivi» sono partecipazioni pubblico-privato (art. 117 d.lgs. 42/2004, CBC)
La gestione, anche in forma indiretta (art. 115 CBC), dei servizi di assistenza culturale e di ospitalità per il pubblico forniti all’interno di istituti e luoghi della cultura è una forma ulteriore di partecipazione dei privati alla valorizzazione dei beni culturali pubblici.
Comprendono:
- il servizio editoriale e di vendita riguardante i cataloghi;
- la gestione dei punti vendita;
- l’utilizzazione commerciale delle riproduzioni dei beni;
- i servizi di accoglienza (inclusi assistenza e intrattenimento per l’infanzia, servizi di informazione, guida e assistenza didattica, centri di incontro, servizi di caffetteria, ristorazione, guardaroba, organizzazione di mostre e manifestazioni culturali, iniziative promozionali.
8. Le due storiche forme di partecipazione privata: le sponsorizzazioni e il mecenatismo
La sponsorizzazione è un contratto che prevede l’erogazione di un contributo anche in beni o servizi per la progettazione o attuazione di iniziative di tutela o valorizzazione del patrimonio con lo scopo di promuovere, associandoli all’oggetto del contributo, il nome, il marchio, l’immagine, l’attività o il prodotto del privato erogante (generalmente un’impresa).
La sponsorizzazione è:
- «tecnica» quando si estende alla progettazione e realizzazione di parte o di tutto l’intervento richiesto dalla pubblica amministrazione a cura e spese dello sponsor;
- «pura» quando lo sponsor eroga unicamente denaro o assume il debito della pubblica amministrazione;
- «mista» quando combina gli elementi delle prime due.
Il mecenatismo si realizza con erogazioni liberali in favore di enti pubblici o privati per finalità di tutela e valorizzazione ai quali possono corrispondere benefici fiscali, tra l’altro nella forma di deduzioni, detrazioni o crediti di imposta ai sensi del Testo Unico delle Imposte sui Redditi, della normativa sul Terzo Settore e della legge sull’ArtBonus. In questo ambito, recentemente, il d.m. 23 febbraio 2022, n. 89 ha attuato il cosiddetto «Social Bonus», originariamente previsto nel 2017 dal Codice del Terzo Settore. Questa misura, sul modello dell’ArtBonus, riconosce un credito d'imposta a persone fisiche, enti che svolgono attività commerciale e imprese, indipendentemente dalla forma giuridica, a fronte di erogazioni liberali destinate a finanziare gli enti del Terzo Settore cui sia stato assegnato il recupero di beni immobili pubblici inutilizzati o confiscati alla criminalità organizzata.
Emiliano Rossi è un avvocato specializzato nei beni culturali, socio dello studio Pavesio e Associati with Negri-Clementi, con la collaborazione della dottoressa Alice Brancati dello stesso studio.
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