«Non molleremo», è il grido di battaglia pronunciato con un filo di voce da Andrea Sirio Ortolani che nel suo stand bolognese ad Arte Fiera appare come un pugile suonato appena sceso dal ring. La batosta è dura con l’approvazione alla Camera del DL Cultura (il passaggio al Senato sarà solo una formalità) che ha respinto in blocco le proposte dei galleristi, in particolare l’attesa diminuzione dell’Iva sulle opere d’arte che rimane al 22% mettendo di fatto il nostro Paese fuori dall’Europa visto che dal 1° gennaio la Francia applica il 5,5% e la Germania il 7%. Tutto rimane come prima senza la minima considerazione per la categoria in una fase dove la potenza mediatica è tutta concentrata sul caso Almasri, il torturatore libico riportato in patria con l’aereo di Stato.
Eppure, le promesse c’erano state e Ortolani si è trovato a combattere contro i mulini a vento nella sua veste di presidente dell’Angamc (Associazione Nazionale Gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea) e vicepresidente del Gruppo Apollo, l’associazione che nella sua pressione lobbistica riunisce i principali operatori del settore e rappresenta l’industria dell’arte in Italia. Dalla kermesse bolognese, che pur ripulita e rafforzata, non riesce a scaldare i cuori dei collezionisti, parte l’offensiva e i mercanti si stanno faticosamente organizzando coinvolgendo nel campo largo anche Italics l’altra piattaforme di pressione che riunisce 74 gallerie italiane di arte contemporanea, moderna e antica. Proprio Italics è scesa in campo «esprimendo stupore e apprensione per il futuro e la creatività italiana in seguito all’approvazione del DL Cultura senza l’annunciata riduzione dell’Iva» che in realtà, ufficialmente, non era mai stata annunciata se non attraverso dichiarazioni individuali, come quella del sottosegretario Giancarlo Mazzi.
Tante sigle, finalmente unite (bisognerebbe aggiungere l’associazione degli antiquari) per convincere uno Stato refrattario e insensibile a cambiare rotta. Sulle chat fioccano proposte di ogni tipo (da quelle più tradizionali sino al boicotaggio delle fiere) ma, si sa, i galleristi hanno le unghie spuntate: al contrario dei taxisti non possono certo bloccare le città. Anche gli agricoltori hanno ben altre armi di persuasione. Nello scoramento generale Lisa Tucci Russo si lascia scappare: «Mica vendiamo patate...lo Stato si sciacqua la bocca con la cultura e poi la lasciano naufragare». Se vendessero patate le probabilità di vittoria sarebbero ben maggiori. Basti pensare alle aperture del governo di fronte alla protesta dei trattori e alla minaccia che non riempiano gli scaffali dei supermercati. Ma ad Arte Fiera di patate nemmeno l’ombra, al massimo qualche traccia del pane a fette in cemento dell’artista ucraina Zhanna Kadryova entrata da qualche anno nella scuderia di Continua. Poca roba, ci vorrebbero i forconi.
Scandalizzati, indignati, scoraggiati. Ma anche rassegnati e disillusi. A questa seconda categoria appartiene Raffaella Cortese, non proprio ai settimi cieli per l'andamento della fiera, che non appare affatto stupita rispetto a quanto è accaduto alla Camera: "Sono trent'anni che ho la galleria e non è mai cambiato nulla. Una sola cosa: le istituzioni pubbliche sono sempre più povere e senza l'appoggio degli operatori non potrebbero andare avanti. Mettere in crisi le gallerie significa mettere in ginocchio l'intero sistema culturale", Le fa ecco Massimo Minini che nel girotondo dei politici non ne salva nessuno: "Da Berlusconi a Meloni passando per Renzi e Draghi, per il mercato suona sempre lo stesso requiem". E il possente Emilio Mazzoli, il vero papa re della Fiera, seduto dietro alla sua scrivania, esprime la caustica sentenza con l'inconfondibile voce da Mangiafuoco emiliano: "Evviva l'Italia che apre le porte alle gallerie straniere per farle vendere nelle loro filiali all'estero con tanto di benedizione fiscale". E il riferimento alla flat tax per super ricchi da 200 mila euro e all'apertura milanese d Thaddaeus Ropac a Milano non è affatto casuale. Ma la frustrazione per il mancato abbassamento dell'Iva ha aperto il vaso di Pandora dei rancori e dei risentimenti con una ridda di voci sul perchè il sistema dell'arte sia uscito ancora una volta sconfitto. Tra le tante malignità che circolano ad Arte Fiera c'è chi sostiene che gli interlocutori fossero sbagliati e altri che evocano un'eccessiva propensione verso la sinistra osteggiata dall'esecutivo. Chissà, forse insieme alle toghe rosse, ci sono anche i mercanti rossi.
Sembra che a mettere i bastoni tra le ruote sia stata la Lega che si è opposta a Fratelli d’Italia. Ma è evidente che la palla era nel campo di Giancarlo Giorgetti, ministro dell’economia e delle finanze, mentre il ministro della cultura Alessandro Giuli è apparso il classico vaso di coccio che ha ringraziato la Camera per il confronto serrato e approfondito e per l’approvazione di un DL che lo rendere «orgoglioso e soddisfatto». Esattamente l’opposto del clima che si respira a Bologna. Dietro all'Iva poi c’è un’infinità di problematiche da risolvere, compresa l’applicazione del diritto di seguito, pari al 4%, a cui si aggiunge un altro onere del 10% nel caso di primo acquisto. Lo spiega Franco Noero: «Nel gioco perverso delle tassazioni i più colpiti sono proprio gli artisti. Molti di noi sono costretti a compare in conto vendita per evitare di pagare ulteriori gabelle che non ci consentirebbero di essere concorrenziali con le vendite».
Così, grazie al governo, i più giovani e più bisognosi prendono i soldi a babbo morto. Ma le iniquità fiscali sono infinite e questo ovviamente favorisce soluzioni alternative dove gli emolumenti non arrivano in Italia ma semmai a Parigi, Berlino o Bruxelles. Le strutture più organizzate fanno atterrare le opere su territori europei più convenienti risparmiando non solo sull’Iva, ma anche sulla tassa all’importazione dai paesi Extra-UE dove l’Italia applica il 10% mentre dalle altri parti basta la metà: «Solo riducendo le aliquote si può allargare la base imponibile e questo consentirebbe allo Stato di aumentare notevolmente gli introiti», conclude Andrea Cortesi con un ragionamento che non fa una grinza. Giorgetti e Giuli si mettano in ascolto prima che si avveri l’improvvida dichiarazione dell’ex ministro Giulio Tremonti: «Con la Cultura non si mangia». Da tempo le gallerie del Bel Paese sono a dieta e non vorrebbero rinunciare anche a pasti frugali.
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