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Alexandre Crochet
Leggi i suoi articoliSotto la relativa frescura dei grandi alberi, i monaci buddisti seduti in meditazione recitano le loro preghiere, uniti dal Sai Sin, il cordone sacro. Come vuole la tradizione, impartiscono la loro benedizione per inaugurare il Khao Yai Art Forest, sotto lo sguardo attento della mecenate Marisa Chearavanont, ideatrice del progetto, di Stefano Rabolli Pansera, direttore del sito, di una principessa thailandese, dell’ambasciatore di Francia e di altri ospiti illustri. Situato a est di Bangkok, vicino a un grande parco naturale, è stato inaugurato lo scorso febbraio dopo anni di gestazione. Un evento per la Thailandia e per questa regione dell'Asia, questo parco di sculture e di altre opere d’arte contemporanea (tra cui il video) unisce grandi nomi internazionali (Richard Long, Elmgreen & Dragset) e artisti thailandesi (Ubatsat, Araya Rasdjarmrearnsook e altri).
La Khao Yai Art Forest è stata inaugurata con Louise Bourgeois e per di più con la sua opera più emblematica: «Maman» (1999), una prova d’artista di una versione del suo ragno, in formato gigante, che comprende sette esemplari conservati in musei o collezioni private. Il famoso aracnide posa per la prima volta le sue lunghe zampe in Thailandia. Allestito accanto a risaie appena create, il «mostro» fa un certo effetto arrivando sul sito. «Maman» non rimarrà però alla Khao Yai Art Forest: l’opera è un prestito della Easton Foundation, organizzazione benefica e non profit fondata negli anni ’80 da Louise Bourgeois per perpetuare il suo lavoro e gestire il suo patrimonio. Marisa Chearavanont ha così evitato una spesa (molto) ingente, il che le consente di concentrare le sue risorse sullo sviluppo di questo parco di sculture di diverse decine di ettari, che combina arte ed esperienza culinaria, o commissioni a giovani artisti.

Una veduta dell’installazione «Mend Piece» di Yoko Ono, 1966-2018 (versione di Città del Capo), Bangkok Kunsthalle, Thailandia, 2024. Courtesy della A4 Arts Foundation, Città del Capo, e della Bangkok Kunsthalle. Foto Andrea Rossetti
Interagire con la natura e con i visitatori
«Indipendentemente dal programma è un’ottima iniziativa, perché in Thailandia non ci sono molti spazi artistici e culturali, il contesto è molto diverso dall’Europa, è il commento del curatore e specialista di arte asiatica Jean-Marc Decrop, che vive a Bangkok e Hong Kong. Coinvolgere gli artisti nella natura è una cosa molto positiva. Così come è molto positivo offrire un trampolino di lancio agli artisti thailandesi e invitare artisti internazionali»
Per comprendere la volontà, e la necessità, di riportare la natura alla ribalta, bisogna tornare nella capitale, una città tentacolare di 19 milioni di abitanti, includendo gli immensi sobborghi, costellati di grattacieli sempre più numerosi e afflitti da interminabili ingorghi automobilistici. È in questo contesto molto urbano che nel 2024 ha aperto la Kunsthalle, un’altra creazione di Marisa Chearavanont situata nel quartiere di Chinatown. L’edificio brutalista degli anni ’50 è stato lasciato quasi intatto. È inoltre degno di nota il fatto che né la Khao Yai Art Forest né la Kunsthalle portino il nome della loro fondatrice, quello di suo marito o quello del suo prospero nucleo familiare. L’obiettivo del direttore dell'Art Forest, Stefano Rabolli Pansera: «Creare un luogo in stile “Fast and Furious”, un luogo in cui l’opera cambia a contatto con i luoghi, in una trasformazione reciproca, l’opposto di un white cube». Durante la nostra visita, al piano terra era in corso una mostra di Richard Nonas.
Marisa Chearavanont sottolinea l’impatto e il successo dell’installazione di Yoko Ono, un lungo tavolo che ha permesso ai visitatori di interagire con l’opera. I piani sono in fase di allestimento, mentre le residenze per artisti sono organizzate in situ. Il progetto si distingue per l’eccellente programmazione video, cui è dedicato uno spazio apposito che ha già ospitato proiezioni di Surapong Pinijkhar, Ming Wong, Doug Aitken e Lawrence Lek. La videoarte è uno dei punti di forza dell’attuale scena thailandese, sulla scia del regista Apichatpong Weerasethakul.
Una miriade di eventi
Questo sito permanente si aggiunge ad altre manifestazioni ormai imprescindibili, come la Bangkok Galleries’ Night, un’iniziativa francese, o la Biennale d’Arte di Bangkok, la cui direzione artistica è stata affidata fin dall’inizio ad Apinan Poshyananda. Grazie a un solido comitato consultivo, di cui fanno parte il curatore Jean-Hubert Martin e l'artista Marina Abramović, la Biennale, sotto l’egida del suo direttore, è riuscita a integrare nel corso dell'inverno 2024-2025 opere ambiziose e artisti di spicco, tra cui Adel Abdessemed, Anish Kapoor, Joseph Beuys, Louise Bourgeois (nel tempio di Wat Pho, una prima assoluta in un luogo sacro a Bangkok). Finanziato principalmente da privati, riesce con delicatezza ad affrontare temi abbastanza ampi, femminili, queer e persino a includere la nudità, che, paradossalmente, è uno dei tabù in un Paese altrimenti molto aperto.
La scena della capitale thailandese, che tra i suoi luoghi di punta annovera anche il Jim Thompson Art Center, in cui è stata ospitata una mostra di Kader Attia, dovrebbe presto ampliarsi. Dopo l'apertura nel 2024 del Kunawong House Museum, che ospita la collezione d’arte thailandese del XX e XXI secolo creata dall’uomo d’affari Sermkhun Kunawong, per la fine del 2025 sono annunciate la «vera» prima edizione di una piccola fiera d’arte contemporanea, Access Bangkok, che dopo una prova generale in un hotel nel 2024 troverà spazio in un’ex stazione ferroviaria dismessa, nonché l'apertura del museo privato dell’eccentrico collezionista Petch Osathanugrah, scomparso nel 2023. Tutto ciò renderà Bangkok più presente sulla scena asiatica e mondiale.
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