Roberta Bosco
Leggi i suoi articoliUno dei cavalli di battaglia di Manifesta, che a fine novembre ha chiuso a Barcellona la sua 15ma edizione, è stato aver riaperto spazi di grande interesse architettonico, storico e culturale, abitualmente chiusi al pubblico e a forte rischio di degrado. «Che senso ha avuto spendere tanto per aprirli solo tre mesi?», si domandavano i detrattori della biennale nomade e mentre proseguivano le polemiche intorno a Manifesta, alla sua utilità e soprattutto alla spesa pubblica che ha comportato (9 milioni), c’era chi lavorava in un’altra direzione.
«Il Giornale dell’Arte» ha parlato con l’attuale segretario di Stato per la Cultura Jordi Martí, artefice dell’inatteso acquisto da parte del Ministero della Cultura spagnolo, per 7,2 milioni, di una delle sedi di Manifesta, Casa Gomis, icona dell’architettura avanguardista catalana. Personaggio chiave della politica culturale catalana e spagnola, in oltre 30 anni di carriera Jordi Martí (Barcellona, 1965), ha ricoperto tutte le cariche possibili ed è apprezzato da artisti e istituzioni. A lui si devono grandi successi per l’ecosistema culturale compreso l’ultimo, per ora: l’acquisto di Casa Gomis. «Mi sono sempre chiesto perché il Razionalismo non è stato studiato e rivalutato come altri movimenti architettonici. Le Corbusier diceva che l’architettura serve per tre cose: vivere, intrattenere e lavorare. Quando era sindaco Jordi Hereu, abbiamo comprato il Canòdrom, simbolo dello svago, con l'amministrazione di Ada Colau abbiamo acquisito la sede della casa editrice Gustavo Gili, centro nevralgico di Manifesta, che si è inaugurata proprio con una gran mostra sul Razionalismo a cura di Valentí Roma, attuale direttore della Virreina, Centre de la Imatge. Adesso tocca alla vita quotidiana con la Casa Gomis», ha spiegato a «Il Giornale dell’Arte», Jordi Martí, che ha condotto tutte le trattative con i sei fratelli Gomis.
Il ministro della Cultura spagnolo, Ernest Urtasun, ha così annunciato il 7 gennaio l’acquisto della grande residenza edificata tra il 1957 e il 1963 dall’architetto Antonio Bonet Castellana, allievo di Le Corbusier, come residenza estiva della famiglia dell’ingegnere e mecenate Ricardo Gomis e di Inés Bertrand. In pieno franchismo, la casa nascosta nella riserva ornitologica del delta del fiume Llobregat si convertì in un simbolo dell'avanguardia, rifugio di artisti e intellettuali, da Antoni Tàpies, Joan Brossa e Joan Miró a John Cage, Merce Cunningham e Alexander Calder. Nonostante le lodi e l’ammirazione degli esperti, la casa è rimasta un gioiello nascosto, diventato invivibile dopo la costruzione del vicino aeroporto.
«È stata una trattativa molto delicata perché per la famiglia era molto più di una proprietà. In questi anni hanno fatto tutto il possibile per conservarla, ma alla fine si sono resi conto che era impossibile», assicura Martí, convinto che nonostante le difficoltà logistiche la casa offra enormi possibilità dal punto di vista museografico e sul dibattito legato a natura, paesaggio ed ecologia. «L’interesse della casa va oltre l’architettura e la storia: la sua posizione in una riserva ecologica a fianco dell’aeroporto, minacciata dalla sua espansione, la rende uno spazio privilegiato per esplorare il rapporto tra arte e natura in un contesto di emergenza climatica», afferma Martí citando tra i progetti che potrebbe accogliere un parco di sculture pubbliche e l’inclusione di un deposito d’acqua che offre una vista così mozzafiato da aver spinto Gomis a costruire uno studio sulla sua sommità.
La decisione del Governo centrale arriva mentre in Catalogna si sta selezionando il progetto definitivo per l’ampliamento dell’aeroporto, osteggiato da En Comú Podem, il partito di Urtasun e Martí, membro del Governo socialista di Salvador Illa, attuale presidente della Generalitat, il governo autonomo catalano. «In questo modo non si scongiura la minaccia dell’ampliamento dell’aeroporto (che pur non distruggendo l’edificio lo incapsulerebbe in modo tale da rendere impossibile qualsiasi attività) ma si rende molto più difficile la sua realizzazione», continua Martí ricordando che l’acquisto di Casa Gomis da parte del Ministero garantirà la sua trasformazione in un centro culturale preservando sia il patrimonio architettonico che il ricco ambiente naturale che lo circonda. «Si possono prevedere diverse iniziative, per esempio stabilire un dialogo tra la Casa Gomis e la Casa Coderch (edificata nel 1972 da José Antonio Coderch, Ndr), situata nella zona protetta di Aena, la società pubblica che gestisce gli aeroporti, creando un nuovo e significativo nodo patrimoniale, suggerisce Martí. C’era la possibilità di utilizzare un surplus del bilancio 2024 e non volevamo farcela scappare. In attesa di trovare un’istituzione idonea per amministrare la casa, per i prossimi 3 mesi la gestione resta agli eredi».
«Nei tre mesi di Manifesta, Casa Gomis ha accolto 58.281 visitatori, consentendo all’opinione pubblica di conoscere il luogo e di comprenderne l’importanza culturale e ambientale. Il suo acquisto da parte dello Stato, appena sei settimane dopo la conclusione della mostra, mette in evidenza al di là di critiche demagogiche il potenziale trasformativo di Manifesta e il suo ruolo d’incubatore di cambiamento sociale ed ecologico», ha affermato Hedwig Fijen, direttrice dell’evento.
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