Image

Verifica le date inserite: la data di inizio deve precedere quella di fine

Image

Un’immagine del picchetto di protesta stabilito davanti al museo negli ultimi quattro mesi dal sindacato Sut, Solidaridad y Unidad de los Trabajadores

Image

Un’immagine del picchetto di protesta stabilito davanti al museo negli ultimi quattro mesi dal sindacato Sut, Solidaridad y Unidad de los Trabajadores

Barcellona: all’improvviso chiude il Museu de l’Art Prohibit

Da sempre al centro delle polemiche, lo spazio privato da un anno e mezzo esponeva la collezione dell’imprenditore Tatxo Benet costituita da opere vittime di censura: da Picasso a Warhol e Mapplethorpe, ad Ai Weiwei

Roberta Bosco

Leggi i suoi articoli

Il 25 ottobre 2023 il Museu de l’Art Prohibit (Museo dell’Arte Proibita) apriva le sue porte con un battage pubblicitario degno del suo promotore, il produttore televisivo, editore e impresario della comunicazione Tatxo Benet (Lerida, 1957), al secolo Josep María Benet Ferran. Poi, il 27 giugno scorso, proprio in coincidenza con l’esplosione del turismo estivo nel capoluogo catalano, il museo con l’unica collezione del mondo di opere oggetto di censura e discriminazione, ha improvvisamente chiuso, nonostante i 140mila visitatori del primo anno.

«Si tratta di una chiusura dolorosa e indesiderata, ma inevitabile, viste le perdite economiche causate dal picchetto di protesta stabilito davanti al museo negli ultimi quattro mesi dal sindacato Sut, Solidaridad y Unidad de los Trabajadores», si legge nel comunicato emesso dal museo. La responsabile dell’ufficio stampa ha dichiarato a «Il Giornale dell’Arte» che «il picchetto impediva ai visitatori il normale accesso al centro, con coercizioni e insulti, creando una situazione insostenibile e, a volte, anche rischiosa» (anche se molti visitatori hanno definito il picchetto così «piccolo e triste» da non creare alcun problema di accesso ai visitatori). Di conseguenza, secondo la direzione, il Museu de l’Art Prohibit ha registrato un calo del 75% delle entrate rispetto all’anno precedente e le previsioni di crescita sono diminuite del 95%.

La portavoce non spiega come un tycoon dei mezzi di comunicazione come Tatxo Benet non sia riuscito a risolvere una semplice vertenza contrattuale con tre lavoratori, ma lascia intendere che il tema spinoso della collezione sia la causa nascosta della protesta. Eppure si tratta di opere di artisti consacrati che, nonostante affrontino argomenti sensibili, non entrano in questioni particolarmente conflittuali, come l’indipendenza della Catalogna. L’argomento, soggetto di varie opere «discriminate», non è praticamente rappresentato nella collezione, escludendo la celebre installazione fotografica di Santiago Sierra, che ha dato inizio alla raccolta: «Prigionieri politici nella Spagna contemporanea» comprata da Benet nel 2018 alla fiera ARCOmadrid, giusto un’ora prima che fosse censurata dalla direzione della fiera. «Uno dei nostri artisti, Yoshua Okón, ci ha inviato un libro che descrive il fenomeno noto negli Stati Uniti come «astroturfing»: aziende che forniscono il servizio di orchestrazione di finte manifestazioni (o scioperi), per scopi occulti. Per farlo, assumono attori che si spacciano per attivisti o per lavoratori sindacalizzati», ha spiegato la portavoce del museo. 

Dal canto loro i lavoratori in sciopero assicurano che si è sempre trattato di «picchetti informativi che si sono limitati a denunciare la situazione, appellandosi alla solidarietà dei visitatori, completamente liberi di entrare o meno nel museo». Il sindacato considera la chiusura una rappresaglia per lo sciopero e una scusa per concludere un progetto che non stava dando i risultati economici sperati. «Il Museu de l’Art Prohibit preferisce chiudere piuttosto che riconoscere che i lavoratori non fanno parte dell’allestimento e piuttosto che climatizzare gli ambienti lavorativi. Il costo economico per risolvere questi problemi è infimo per un miliardario come Benet, ma ha un impatto enorme sulla vita dei lavoratori interessati», si legge nel comunicato del sindacato che denuncia una manovra di marketing «cinicamente premeditata» con la quale cerca di ottenere l’eco che non ha ottenuto durante la sua apertura. Il comunicato termina assicurando che «lo sciopero non ha nulla a che vedere con il contenuto del museo o con il nome del suo proprietario, bensì con la lotta alle condizioni di sfruttamento e precarietà a cui è sottoposto il personale subappaltato in molti musei della Spagna». 

Per ora poco si sa del futuro della collezione di Benet, con opere di artisti come Klimt, Picasso, Breton, Warhol, Mapplethorpe, Barceló, Ai Weiwei, Muntadas o Serrano. «Chiudiamo con l’obiettivo di trasformare la collezione in un punto di incontro e di riflessione nomade con mostre itineranti in tutto il mondo», ha concluso la portavoce.

Tatxo Benet

Roberta Bosco, 04 luglio 2025 | © Riproduzione riservata

Altri articoli dell'autore

Al Museo Nacional Thyssen-Bornemisza oltre cento opere propongono un nuovo paradigma di pensiero ecologico basato sull’amore e sulla responsabilità verso la Terra

Tra le grandi installazioni immersive nella prima grande retrospettiva in Spagna dell’artista statunitense al Guggenheim Museum anche sette opere sonore

Recuperato dopo un secolo l’aspetto originale della facciata posteriore e del cortile interno progettato dall’architetto modernista

Il celebre curatore e teorico spagnolo anticipa le linee direttrici di «Fabular paisatges», la prima grande mostra del suo progetto Museo Habitat a Barcellona

Barcellona: all’improvviso chiude il Museu de l’Art Prohibit | Roberta Bosco

Barcellona: all’improvviso chiude il Museu de l’Art Prohibit | Roberta Bosco