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Roberta Bosco
Leggi i suoi articoliDal 24 giugno al 9 novembre il Museo Guggenheim di Bilbao presenta «Another day. Another night», la prima grande retrospettiva di Barbara Kruger in Spagna. In mostra un percorso di mezzo secolo di opere profondamente radicate nella comunicazione di massa e nell’evoluzione grafica del nostro habitat, che hanno continuato a evolversi nell’era digitale. Nelle mani di Kruger (New Jersey, 1945) gli slogan politici e pubblicitari, le dottrine religiose, gli emoji e i nuovi codici grafici di Internet si trasformano in impattanti riflessioni visive sui sistemi che plasmano la nostra vita e le città occidentali. Abbiamo parlato con la curatrice Lekha Hileman Waitoller, approdata a Bilbao dall’Art Institute di Chicago.
La mostra rivisita alcune opere iconiche degli anni Ottanta, in che senso e come lo fa?
Pensiamo a un’opera nota come «Untitled (I shop therefore I am)» (1987/2019), una delle prime che i visitatori incontrano all’inizio del percorso. Fu creata nel 1987 come fotomontaggio serigrafico su vinile, poi nel 1990 Kruger ne produsse un’altra versione come fotolitografia stampata su un sacchetto di carta e nel 2019 l’ha rivisitata trasformandola in un’installazione video monocanale di grandi dimensioni su un pannello Led con audio. In questa nuova versione digitale, la frase «I shop therefore I am» appare come parte di un puzzle animato, i cui pezzi cadono uno ad uno fino a formare il messaggio completo, accompagnato da un suono metallico che rafforza la dimensione critica dell’opera. La luminosità del pannello Led e la scala monumentale sono coerenti con il linguaggio dell’artista, mentre l’elemento sonoro riflette una significativa evoluzione nella pratica di Kruger, che negli ultimi anni ha incorporato il suono come risorsa espressiva determinante. In mostra ci sono otto opere in formato Led o video multicanale, originariamente concepite per altri media, che Kruger ha rielaborato nel tempo, adattandole a nuove tecnologie e linguaggi. Non si tratta solo di un aggiornamento tecnico, ma di un modo per mantenere vive le sue idee nel presente, rafforzandone la capacità di coinvolgere nuovi pubblici.
Kruger ha creato un’opera site specific che collega le diverse sale...
La nuova opera di Kruger funge da asse visivo che collega le sale distribuite attorno all’atrio centrale, al secondo piano del museo. L’opera occupa più di metà del lungo corridoio e, oltre a collegare le sale, definisce anche la caratteristica immersiva del percorso espositivo. «Untitled (Camino)» è composta da un testo in bianco e nero, un segno distintivo di Kruger, accentato con il verde e un tocco di rosso, in linea con la tavolozza e il linguaggio visivo degli ultimi anni. L’opera non solo risponde alla complessa architettura irregolare dello spazio, che ha richiesto una progettazione molto precisa, ma anche al contesto sociopolitico di Bilbao in relazione alla lingua. I testi in basco e spagnolo sono organizzati in segmenti separati: in alcuni le parole sono enormi, in altri più piccole e dense. Kruger alterna l’uso del testo bianco su sfondo nero e del nero su sfondo bianco, generando un ritmo visivo caratterizzato da intensità e caos controllato. Questa alternanza, insieme ai cambiamenti di dimensione e densità, si traduce in una composizione dinamica, quasi disorientante, che riflette la complessità stratificata delle idee che veicola. Il testo include citazioni di scrittori cari a Kruger come Roland Barthes, James Baldwin, Franz Kafka, Carlos Fuentes ed Edgar Allan Poe. Inoltre, l’opera incorpora emoji e frecce, rafforzando l’estetica digitale della sua produzione più recente.
Quali sono i punti forti della mostra?
Piuttosto che evidenziare una singola opera, credo che l’aspetto più significativo sia il modo in cui la mostra è concepita, per raggiungere lo spettatore sul piano visivo, concettuale e sensoriale con grandi installazioni immersive e opere che invitano alla lettura lenta e alla riflessione critica. Un altro aspetto importante è il suono: ci sono sette opere sonore, che non si vedono, ma si sentono e appaiono inaspettatamente, modificando sottilmente la percezione dell’ambiente. Non mancano opere emblematiche come «Untitled (Your Body is a Battleground)» (1989/2019), assolutamente attuali.
Qual è il principale contributo di questa rassegna?
Credo che sia la sua straordinaria rilevanza per il momento attuale. Da più di 40 anni Kruger s’interroga sui linguaggi del potere, del consumo, del genere e della verità, questioni oggi più urgenti che mai, e la mostra, nel suo complesso, invita a una riflessione su queste problematiche. Il suo modo di lavorare con immagini, testo, suono e spazio invita a un confronto con i discorsi che plasmano le nostre identità e convinzioni. Inoltre, è la prima personale di Kruger in Spagna e si presenta in un contesto sociopolitico in cui molte delle tensioni che affronta, come la manipolazione dei media, la polarizzazione, l’erosione del consenso, risuonano con particolare forza. Il suo lavoro coinvolge il pubblico non attraverso una singola opera, ma attraverso un’esperienza immersiva e critica che invita a guardare e ad ascoltare in modo diverso.

Barbara Kruger, «Untitled (No Comment)», 2020 (still di video). Courtesy l'artista e Sprüth Magers