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L’«epigrafe del mercante ignoto», prima e dopo il restauro, nel Museo Archeologico Francesco Ribezzo di Brindisi

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L’«epigrafe del mercante ignoto», prima e dopo il restauro, nel Museo Archeologico Francesco Ribezzo di Brindisi

A Brindisi auguri di felicità, soldi e salute di 2mila anni fa

È ciò che si legge sull’«epigrafe del mercante ignoto» fresca di pulitura nel Museo Ribezzo

Daniela Ventrelli

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«Se non ti è molesto forestiero, fermati e leggi./Ho spesso navigato il grande mare con navi che correvano spinte dalle vele,/ho visto molte terre: qui è il termine/che un tempo, a me che nascevo, assegnarono le Parche./Qui ho deposto le mie preoccupazioni e ogni fatica,/qui non temo le tempeste, né i temporali, né il mare in burrasca/e non ho paura nel caso che il mio guadagno non riesca a vincere le spese./Fede che alimenti la vita, dea santissima, ti ringrazio,/tu mi hai risparmiato per tre volte mentre ero fiaccato da una sorte compromessa,/tu che i mortali tutti desiderano per sé, ne sei degna./Forestiero, vivi e stai bene! Che ti resti sempre da spendere,/giacché non disprezzasti questa pietra e la giudicasti degna». 

Al fortunato visitatore del Museo Archeologico Francesco Ribezzo di Brindisi, una singolare lapide iscritta augura felicità, soldi e salute, in una lettura chiara e luminosa dopo il restauro appena concluso. Nota come «epigrafe del mercante ignoto» nella traduzione di Marina Silvestrini, è una lastra in marmo costituita da due frammenti ricomposti e si data tra la fine del I e gli inizi del II secolo d.C. Fu ritrovata in due momenti diversi nel porto, durante lavori di dragaggio, tra il 1869 e il 1871. Racconta di un uomo che aveva sfidato tempeste e alterne vicende, probabilmente straniero come molti altri mercanti stabilitisi a Brindisi nel tempo, di cui esiste (anche all’interno del museo) ampia testimonianza epigrafica, oppure cittadino per lavoro, ipotesi a cui si propende per la sottolineatura del luogo, «hic» (Brindisi), nella locuzione «hic deposui» del quinto rigo. Una composizione singolare, in versi (un senario giambico e 11 esametri dattilici), ricca di richiami letterari come l’incipit del primo esametro e la reminiscenza enniana (ripresa da Lucrezio) in «navibus velivolis», inserita nell’elegante allitterazione dell’intero verso «navibus velivolis magnum mare saepe cucurri». L’impostazione del testo segue lo schema degli epigrammi sepolcrali, con un avvertimento iniziale per il passante e un richiamo finale all’«hospes», al forestiero che legge, passando per quell’«alma fides» che il mercante ringrazia e che rappresenta uno dei valori fondamentali dell’etica romana in cui riecheggia, ancora una volta, un riferimento al poeta di Rudiae (Ennio). 

«L’epigrafe, fortemente lesionata, presentava un grave fenomeno di foto-ossidazione su tutto il fronte e spesse incrostazioni diffuse anche nell’incavo delle lettere, interessate da numerose superfetazioni; nella fascia centrale si osservava una patina più compatta con pericolose infiltrazioni di idrossido tetrammino-rameico», dichiara Daniela Pirro, autrice del restauro, coprogettato con Annalisa Costanzo, su iniziativa della Direzione dei Poli Biblio-museali della Regione Puglia, in accordo con la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le Province di Brindisi e Lecce. Dopo accurate indagini preliminari, sono stati rimossi i depositi e le incrostazioni precedenti, monitorando ogni azione con il microscopio digitale. «La dissoluzione degli aloni di idrossido tetrammino-rame si è ottenuta con impacchi a tempo di NH3 (ammoniaca) in soluzione. Le efflorescenze saline sono state eliminate con patch di cellulosa e farina fossile diatomacea assorbente a pH ~ 8,5, dichiara Daniela Pirro, rimossi tutti gli elementi non idonei e le precedenti reintegrazioni, realizzate le microstuccature e la ripresa ad acquarello della rubricatura di un tempo», conclude. 

La pulitura esalta la cura tecnica del testo redatto con lettere leggermente apicate, accenti su alcune vocali, «ordinatio» rigorosa. Probabilmente l’iscrizione faceva parte di un monumento funerario. Si è ipotizzato che il nome del defunto e dell’eventuale dedicante, assenti, potessero essere incisi su un altro supporto e che entrambi facessero parte dello stesso monumento, visto che il testo parte dall’alto e non presenta alcuna lacuna. La prima registrazione dell’epigrafe nel Corpus Inscriptionum Latinarum (CIL, IX, 60) si deve al fondatore del Museo Ribezzo, il prelato brindisino Giovanni Tarantini, che la trasmise allo storico tedesco Theodor Mommsen, effettuando un pionieristico calco dell’epigrafe alla fine del XIX secolo. 

Il Museo Ribezzo, un tempo provinciale, dal 2016 è uno dei principali musei della Regione Puglia e custodisce un patrimonio dal valore storico plurimillenario, di cui questa epigrafe, insieme con i Bronzi di Punta del Serrone e le centinaia di iscrizioni latine e greche della sezione epigrafica, le terrecotte della Collezione di Evan Gorga e la statuaria ideale romana, rappresenta uno dei momenti di visita più interessanti.

Un momento del restauro dell’«epigrafe del mercante ignoto» nel Museo Archeologico Francesco Ribezzo di Brindisi

Daniela Ventrelli, 23 ottobre 2024 | © Riproduzione riservata

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