Maichol Clemente
Leggi i suoi articoliDare tempo al tempo, si usa dire. E così, passato quasi un anno, ha finalmente riaperto Ca’ Rezzonico, il fastoso Museo del Settecento veneziano, con l’imponente facciata rivolta sul Canal Grande e l’ingresso verso il bel Rio di San Barnaba. Passeggiando tra i suoi saloni, ammirando a naso in su i suoi soffitti, interrogando i pastelli di Rosalba Carriera, godendo degli innumerevoli quadri, dei servizi di Cozzi, delle cornici intagliate, delle «careghe» e «caregoni» e delle console, si potranno incrociare anche nuove presenze tra le varie sculture che già solitamente ne arricchiscono, nobilitandoli ancor di più, gli splendidi spazi.
Terrecotte, marmi, legni e, ora, anche un attraente busto modellato nel gesso: una «Velata» di Antonio Corradini (1688-1752), il «Prometeo Tritoniano» della statuaria veneta, colui che nella prima metà del Settecento seppe conquistare con la sua arte mezza Europa.
Gli antefatti del suo ritrovamento sono abbastanza recenti, semplici da ripercorrere. Qualche anno fa scrissi al direttore del Museo, Alberto Craievich, chiedendogli notizie su questa singolare opera, sfuggita ai più ma a me nota, come a Monica De Vincenti e Simone Guerriero, per essere stata esposta in una mostra a Palazzo Fortuny del 2017, luogo in cui si conservava da lungo tempo. Oltre al busto in sé, che allora vagava ancora nell’anonimato, forse a causa della sua materia, personalmente mi interessava mettere a frutto una diversa scoperta, del tutto inedita, riguardante la sua provenienza: quella Velata era infatti presente a Ca’ Rezzonico alla fine dell’Ottocento, ovvero al tempo della proprietà Browning del palazzo, ben prima quindi del suo acquisto da parte del Comune di Venezia nel 1935.
Un dato, questo, facilmente ricavabile osservando una foto storica presente nelle collezioni di un’università statunitense e di cui a Venezia esistono le lastre originali, come mi è stato poi comunicato, alla loro riemersione, da Craievich. Osservandola, quest’immagine, vi si vede il «portego» (o salone passante) del piano nobile sostanzialmente vuoto ma alle cui pareti compaiono, abbastanza riconoscibili, tre sculture: l’«Invidia» e il «Contento» di Enrico Merengo, in fondo, a sinistra e a destra, mentre in primo piano, accomodata sopra una bella base modanata, svetta di profilo la nostra Velata. È proprio lei, come si verifica con comodità accostando il particolare dell’immagine storica con uno degli scatti eseguiti dopo il recente restauro a cui la scultura è stata sottoposta grazie all’interessamento di Save Venice.
Quale sia la rilevanza di questa nuova opera ce lo diranno gli approfondimenti di chi Corradini, soprattutto per quanto riguarda gli anni della sua attività veneziana, lo studia da tempo e con risultati di grande e indubbio profitto: vale a dire la già citata Monica De Vincenti. Quella delle figure velate fu una se non la più grande invenzione di Antonio. Qui egli seppe dimostrare la grandezza della scultura, superando, almeno in parte, come fecero Michelangelo e Bernini prima di lui, gli antichi. Una visita a Ca’ Rezzonico è dunque d’obbligo.
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