Marion Baruch, «Un passo avanti tanti dietro», 2024

Foto: Studio Marion Baruch

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Marion Baruch, «Un passo avanti tanti dietro», 2024

Foto: Studio Marion Baruch

A Firenze va in scena il Supernovecento

Thomas J Prince, Marion Baruch e una collettiva femminile sulla creazione artistica come pratica spirituale sono i primi appuntamenti del Museo del Novecento

Il Museo Novecento, con la sua pratica di fuoriuscire dalle mura per estendersi alla città, propone tre mostre nell’ambito del progetto «Supernovecento» (che prevede altri appuntamenti da qui all’estate), curato da Sergio Risaliti, articolate in tre sedi molto diverse per natura: il museo, nel convento delle Leopoldine, Palazzo Vecchio, sede del Comune di Firenze con Piazza della Signoria e la Manifattura Tabacchi, cittadella dentro la città che ospita residenze, attività commerciali e spazi di formazione. Sempre attento al lavoro delle nuove generazioni e delle artiste, Risaliti riunisce dall’8 marzo all’8 giugno, nel Museo Novecento, nella collettiva «Messaggere», i lavori di Chiara Baima Poma, Fatima Bianchi, Lucia Cantò, Tuli Mekondjo e Parul Thacker, accomunati dal modo d’intendere la creazione artistica come pratica spirituale. In una civiltà come la nostra, che va perdendo la dimensione del sacro, il senso di ritualità va invece preziosamente cercato e conservato in forme che esulino anche dalla religione: la relazione con il pianeta, quella col cibo o altre forme di condivisione.  

Susciterà di certo polemica, dal 14 marzo all’11 giugno l’arrivo di Thomas J Price (Londra, 1981), perché il suo dialogo con luoghi chiave del centro storico fiorentino (il Museo ha già proposto in passato Jenny Saville, Rachel Feinstein e Louise Bourgeois), vede anche una grande installazione in piazza della Signoria, come già era avvenuto con Jeff Koons, Jan Fabre e Urs Fischer. La scultura di Price (che rimarrà installata fino a settembre), alta quasi 4 metri in bronzo con patina oro, raffigura una donna in una posa banale, quotidiana, che indossa una tuta sportiva, a siglare il distacco dal tono celebrativo carico di significati legati al potere che rivestono le altre statue rinascimentali della piazza, dal «Perseo» al «Nettuno» o all’«Ercole e Caco». Come sottolinea Risaliti «Price si appropria dei codici appartenuti alla nostra civiltà occidentale e vi insinua  il multiculturalismo, mettendo in crisi l’identità del maschio bianco al centro della cultura del Rinascimento. Mi vien da pensare a quel che fece in Francia Marie Guillemine Benoist, esponendo al Salon del 1800 il ritratto di una donna nera, appropriandosi dei canoni estetici di David. Un’appropriazione di identità che non distrugge il canone (come fecero le avanguardie storiche), ma destabilizza valori estetici che per secoli abbiamo ritenuto non negoziabili». La scelta stessa della doratura, col significato che riveste nella tradizione artistica, precisa questo intento. «Price dialoga con i marmi, le pietre, i bronzi delle opere e delle architetture della piazza, luogo da cui ricordo che fu rimossa, all’arrivo del “David” di Michelangelo nel 1504, la “Giuditta” di Donatello (una donna che uccide un maschio!) e dove il “Ratto delle Sabine” di Giambologna, sotto la loggia dei Lanzi, è in fin dei conti la rappresentazione di uno stupro», aggiunge Risaliti. La mostra prosegue all’interno di Palazzo Vecchio nella sala dei Gigli, dove un’altra figura di Price è posta di fronte alla «Giuditta» prima evocata.

Dal 15 marzo all’8 giugno è poi la più ampia retrospettiva dedicata in Italia da un museo pubblico a Marion Baruch, che si articola tra la sede del museo e la Manifattura Tabacchi: «Un passo avanti tanti dietro». L’artista, nata a Timisoara, in Romania, nel 1929, non ha bisogno di presentazioni, ma il riconoscimento della sua arte, che nel suo processo coinvolge i concetti di vuoto e di gravità, è stato tardivo rispetto a colleghi dell’altro sesso. Gli scarti di sartoria, alla base del suo lavoro, non sono ulteriormente ritagliati o modificati, ma è il modo in cui l’artista appende al muro quei tessuti a intenzionarne la ricaduta. Si potrebbe pensare ai feltri di Morris, se non fosse che l’intento e l’esito sono ben altri: infatti, le forme ritagliate da Baruk delineano, nelle porzioni di vuoto che si aprono sul bianco della parete, figure di corpi facendo scaturire nell’osservatore suggestioni mentali ed emotive, a volte indirizzate dai titoli stessi da lei scelti. 

Chiara Baima Poma, «La donna è più oscura del mare», 2024

Una veduta dell’installazione «Rotterdam Centraal», 2023, di Price Thomas. Foto: Jannes Linders. © 2023 Jannes Linders

Laura Lombardi, 27 febbraio 2025 | © Riproduzione riservata

A Firenze va in scena il Supernovecento | Laura Lombardi

A Firenze va in scena il Supernovecento | Laura Lombardi